sabato 24 ottobre 2009

cappuccino e brioche 2

prima

 L'ondata dei pendolari si era esaurita  e la
mattina scorreva lenta  tra i preparativi per il pranzo  e le pulizie
del locale. Al bancone un uomo alto,  con indosso un impermeabile grigio,
aveva ordinato un caffè. Un paio di tavolini erano occupati da signore con
valigia intente a conversare. Io mi ero sistemato vicino alla vetrata. La
colazione si era mescolata alle chiacchiere, Alfredo mi aveva 
ragguagliato sulle ultime novità e snocciolando un paio di aneddotti gustusi,
poi mi aveva confidato, per la trecentesima volta, da quando lo conoscevo, che
intendeva vendere tutto e trasferirsi a Cuba. Sorridendo  gli avevo detto
di riservare un posto anche a me. Mi ero alzato, gli avevo fatto un cenno 
di saluto e, sfilati un paio di fogli alla gazzetta, ero andato a
sedermi sulla panchina di fronte ai binari. Lì mi
sembrava di essere a un passo dal mondo, con una chiave in mano e desideri pronti per essere esauditi. Le gambe
incrociate, dopo aver lanciato un occhiata al binario sei che segnalava un
treno in partenza, mi stavo per tuffare nel calcio interregionale 
quando sentii battere su una spalla. Mi voltai svogliato e vidi, in piedi,
dietro a me, mister trentatrè.


- Si?


-Posso sedermi?


-Prego c'è posto - accompagnai alle parole 
un gesto della mano e rimisi la testa nel giornale.Vi nascosi anche un
sorriso spuntato a fior di labbra. Lo avevo incrociato nel
bar di Alfredo. Era l’uomo dell’impermeabile,  capace di girare trentatrè volte il
cucchiaino nel caffè prima di  accorgersi
di aver dimenticato lo zucchero.  Eppure sembrava uno con la testa sulle spalle.

lunedì 19 ottobre 2009

cappuccino e brioche


Era una giornata  talmente brutta
che se avessi avuto una casa e un letto, mi sarei infilato dentro l’una e
l’altro senza nemmeno spegnere la luce. Pioveva dalle tre, acqua fitta e noiosa
che colava lungo gli abiti e nel respiro delle poche persone che si avventuravano
sul marciapiede. Faceva freddo ed era autunno, la logica  però non bastava a farmene accettare i
fastidi. I musi lunghi si sprecavano così come le scarpe infangate, le dite
arrossate e gli ombrelli che miravano dritto agli occhi.

Dopo aver percorso una decina  di volte i portici, in un senso e nell'altro,  mi ero deciso ad accettare l’invito della stazione.
Entrando mi ero diretto al bar di Alfredo, quello grande che si
trova a sinistra in direzione dei binari. Dotato di un sistema di riscaldamento
piuttosto efficiente si distingueva  per
la sensibilità nell’accettare i tempi della mia  colazione. Me la cavavo nei giorni buoni in
tre quarti d’ora, quando andava proprio male un ora e mezza ed avevo finito.
Era un’arte anche il centellinare 
brioche e cappuccino fino a renderli infiniti però pochi baristi
riuscivano a cogliere la maestria del gesto. 
I  più educati iniziavano a
fissarmi con decisione illudendosi di indurmi alla ritirata, i più solerti
infestavano il tavolino dove mi sedevo con richieste di ordinazioni. Io
resistevo e resistevo, l’unica volta che ero sceso a un compresso era stata
quando un barista aveva appoggiato un tassametro sul mio
tavolino. Quel ticchettio molesto, s’era infilato nelle mie orecchie fino a
farmi decidere di ritirarmi dopo appena un quarto d’ora. Non avevo lasciato
neanche un sorriso in quel posto, mi ero ripromesso di non metterci più piede e
con gli anni avevo messo su una certa esperienza nel trovare  buone accoglienze. Alfredo però rimaneva il
migliore.


domenica 11 ottobre 2009

in viaggio

Milano - Stazione Centrale

Scendo
dal treno, mi confondo tra i  passeggeri che si muovono in direzione
della stazione trascinando le loro valigie. L'enorme tettoia di vetro e
metallo ci accompagna per un pò trasmettendo una sensazione di
progresso retrò. Sono le 11 del mattino di un sabato di inizio estate.
La stazione brulica di vita, persone e storie che si stagliano una  di
fianco all'altra,  si sfiorano per poi non toccarsi più. I colombi si comportano come i proprietari della stazione, puntano  nella tua direzione e
non sembrano volersi scansare neanche quando stanno per lambirti i
piedi.

Il primo impulso è di
lasciarsi fagocitare dal ritmo veloce che percorre questo pezzo di
mondo.  Trascino il Trolley facendo il giro della stazione, osservo,
spero che il tempo passi. Sui muri scorci a mosaico di città d'arte.
Rimango per un attimo incantata a osservare la mia Firenze. La riscopro
piano: il campanile, il Duomo, la Chiesa di Santa Croce, Palazzo
Vecchio, il David. Un luogo di buoni ricordi che mi strappa un sorriso
di nostalgia. Dall'altro lato figure mitologiche che trasmettono la
sensazione di essere dentro terme di epoca romana.

I lavori in corso 
sono anche qui. La gente si sistema come può. Aspetta, c'è sempre
troppo o poco tempo per chi vive la stazione. Accampata sul pavimento,
raccolta in un bar per racchiudere, nell'attesa, almeno un panino.

Molti
si sistemano davanti al tabellone degli arrivi e delle partenze con il
naso all'insù, in attesa che appaia il numero del binario,  attenti,
partecipi come  se  i numeri  che stavano per uscire  fossero quelli
di  una combinazione  giocata al lotto,   in grado di cambiare il loro
destino.

Scale mobili e immobili invitano all'uscita, le
osservo senza desiderio. Mi ritiro in disparte, di fianco a un
international press tra il binario 8 e il binario 9. Da una trave pende
una catena che sostiene un orologio ottagonale. Sembra che debba
scandire il tempo che fu. Forse anche di qui è passato Harry Potter, 
diretto al binario 9 e 3/4.
Tiro fuori un quaderno e inizio a scrivere.

mercoledì 7 ottobre 2009

zuppa di cozze al rum

L’uomo è alto, i lunghi capelli
neri sono legati in un codino. Barba e baffi solcano il suo viso.
L’espressione è assorta. Indossa una camicia di tela grezza, bianca, con
maniche  a palloncino e volant sul
torace.


Le braccia nerborute colore del
cuoio testimoniano la sua abitudine al sole. Funi circondano il suo braccio
destro e dalla mano si dipanano nel raggiungere le navi  - cinque visibili, una di striscio – sono
immerse in acqua liscia e distesa. L’uomo chiude gli occhi e per un attimo
sente il sibilo dei gabbiani che passano poco sopra di lui, il vento che gli
sferza il viso e gonfia le vele alle sue spalle.


Il  comandante urla,  impartisce ordini all’equipaggio.
Gli scatti graduati del timone scandiscono il tempo. L’uomo non vuole pensare a
 Jacobs 
e alla sua zuppa di cozze al rum quindi riapre gli occhi. Dà un ultimo
strattone e le barche sono  nelle sue
mani.


I bambini gli si fanno intorno, allungano le mani, chiamano
a gran voce la loro barca. Fittibol  Gatsby Sandwik  L’uomo con 
un cenno ottiene  silenzio.  Li vede disporsi in cerchio, a mani tese. Ricevuto il loro tesoro se lo accarezzano in uno sguardo,  salutano  e corrono verso casa. L'uomo  si volta, del mare non è rimasto nulla, solo il riflesso di una fontana, raccoglie le funi e si muove verso il sole inclinato.

martedì 1 settembre 2009

Qui

Ver

Mi fermai per un attimo a pensare, la testa fra le mani, un cappello a ripararmi dal sole. Non giocavo a fare l'esploratrice, il mio sguardo era racchiuso in quel tratto di marciapiede. Tenevo sollevati i piedi per dimenticare il calore della pietra.

martedì 14 luglio 2009

Oggi scipero

SCARICAILLOGOEPUBBLICALO Adesione all'appello di Diritto alla Rete contro il DDl alfano che imbavaglia la rete Internet italiana

mercoledì 8 luglio 2009

Tu non c'entri

Ecco, vedi, è questo che non
capisco. Viviamo insieme da venti anni, condividiamo lo stesso letto – tu il
lato destro, io il sinistro – ti alzi alle sette  meno un quarto in settimana e alle nove di
domenica, a colazione ti piace il caffè amaro con due fette biscottate, la
marmellata quando sei giù. Se ti porto la colazione a letto mi fai un sorriso lungo
un giorno  così che io quasi dimentico d’arrabbiarmi
per le briciole che trovo tra le lenzuola.  Ridendo 
strizzi lievemente gli occhi e muovi le mani come se stessi suonando
una musica che conosci solo tu.    


Quando  fai la doccia stoni cantando Battisti. Se se
in ritardo - una mattina su due – la cravatta te la annodi in ascensore e corri
verso la macchina come fossi un bambino.  Arrivato davanti alla portiera, ti fermi, il
tuo viso si fa punto interrogativo. “Le chiavi, dove ho messo le chiavi?” Il
pensiero ti investe e ti fa lo sgambetto. Mani nelle tasche dei pantaloni. No. Mani  nelle tasche della giacca. No. Nel taschino
della camicia. No. Ti risolvi ad aprire la valigetta, frugare alla ricerca
delle chiavi di scorta. Salvato in corner. A quel  punto ti ricordi di me.  Porti le dita  alla bocca e mi spedisci un bacio. Lo sai che
sono dietro il vetro, la tenda sollevata, fino a quando non sparirai dietro  al
cancello e la giornata sarà ufficialmente iniziata.


Forse nemmeno adesso te ne rendi conto. Il  “tu non c’entri”,
formato coltello, che mi hai lanciato stamattina quando sei uscito sbattendo la
porta è arrivato a destinazione. Il bacio no.

lunedì 6 luglio 2009

Non che la cosa avesse importanza

Stava sc100_3758endendo in una buca e
aveva paura. Non che la cosa avesse importanza. Se una macchina si fosse
occupata di registrare le sue emozioni, avrebbe segnato, alle 16 e 28 minuti
del 15 marzo 1960, paura così come avrebbe indicato gioia alle 13 e 15 minuti
dello stesso giorno, nel momento in cui Jack stava addentando la torta che gli
aveva preparato la nonna, sorpresa alle 16 e 35, stanchezza alle 17 e 15.
Curiosità dalle 16 e 40 del 15 marzo alle 12 del giorno seguente. Se un
impiegato avesse ricevuto l’incarico di esaminare quel carteggio emozionale non
avrebbe trovato nulla di strano,  l’avrebbe
vistato con un timbrino azzurro normalità e riposto nell’armadio destinato all’archivio.
Solo che Jack aveva paura. Se gli avessero chiesto di indicare quanto, da 1 a 10,
avrebbe detto 11. Tendeva a esagerare. La maestra nella nota di valutazione riportava, da un anno all’altro, lo stesso
giudizio: “Poco incline a misurare la realtà”.  


Jack aveva paura, sentiva che le
gambe diventavano molli e lo stomaco si faceva leggero. Scendeva lungo una
scala di corda  guarnita di polvere e
ragnatele, solida nonostante gli anni in cui aveva presidiato la buca che stava
di lato al cortile. Jack non aveva fiammiferi, torce, prudenza, con se portava
la sola incoscienza necessaria a mettere in pratica quanto aveva progettato.  

mercoledì 27 maggio 2009

Giro: pallottoliere, tifosi, fischi e tenacia

Tappa importante in terra d'Abruzzo. Il Blockhaus poteva essere la svolta, il trampolino di lancio, la brusca frenata, per molti. Nominato da giorni è arrivato, inserito in una tappa breve, 83 chilometri, difficile da interpretare.
A quattordici chilometri dal traguardo scatta Pellizotti, il delfino di Bibione, metro dopo metro costruisce la vittoria di tappa e, complice la crisi di Sastre, sale sul podio. Armstrong dimostra di essere più in forma e regala per un tratto la pedalata dei tempi d'oro. Parte Di Luca marcato dalla maglia rosa e seguito da Basso e Garzelli. Di Luca le prova tutte, spinge, attacca, nel suo viso si legge la fatica e la convinzione. Il viso di Menchov è inespressivo. Fatica? E' in crisi? Non lo dimostra. Garzelli si stacca e rientra, tenace nel voler far bene. A due chilometri dal traguardo Di Luca alza nuovamente l'andatura, Basso si stacca. Menchov  perde qualche secondo.
Il  killer di Spoltore è bruciato  sul traguardo da Garzelli.   Recupera, tra distacco e abbuoni, 13 secondi a Menchov. Colpiscono la tenacia, la dedizione  del corridore abruzzese  che affronta ogni giorno  con determinazione e impegno. Pianifica e mette in atto strategie utili a conquistare abbuoni, recuperare secondi che,
sommati,  sostengono il suo sogno rosa. Oggi, lungo il percorso, si sono distribuiti i suoi tifosi vivaci e calorosi.
Garzelli, durante la premiazione, è stato subissato dai fischi dei tifosi di Di Luca scontenti perchè ha fatto perdere, al loro idolo, alcuni secondi d'abbuono. E' stato un  gesto triste, una mancanza di rispetto non accettabile. Al traguardo si arriva tutti con un sogno, la fatica nella gambe e la voglia di  provare fino all'ultimo. Almeno nei sogni le classifiche non valgono ed è bello vedere una gara vera, senza sconti o aiutini. Bravo Garzelli nell'essere sportivo fino in fondo. Chi prova a vincere la maglia rosa non deve aver bisogno di concessioni.


La frase fuori posto

Di Luca  "Sono i mie tifosi, negli stadi accade anche di peggio
"

domenica 24 maggio 2009

esonero la juventus


Non mi riconosco in questa squadra quindi mi sono decisa a
un gesto  estremo quanto sentito.
La juve vince? Bene, Io l'esonero. Per me il campionato è finito, niente
bandiere, tifo o altro.


La squadra negli ultimi due mesi
ha inanellato  una prestazione scadente dietro l'altra con Chievo,
Genoa,  Lecce, Reggina, Atalanta e Lazio.  Non mi ricordavo
neanche più come fosse fatta una vittoria, le partite iniziavano tutte con un
-1. Si arrancava per raggranalere X che non servivano a nessuno, intanto gli avversari viaggiavano a velocità tripla.  Cercavo di pensare  Poverini non ce la fanno, Poverini sono
stanchi,  troppi infortuni, sono  sfortunati.

Oggi la squadra ha
risposto
. Non voleva fare,  ha deciso di  cambiare allenatore, si è
impegnata in una pantomima ridicola  e
ci è riuscita. Via Ranieri, bentornata vittoria.  Non riesco a gioiere, è forte  il sapore acre della presa in giro. Per quest anno chiudo qui.



sabato 23 maggio 2009

Margherita Dolcevita

autore Stefano Benni Margherita Dolcevita Feltrinelli 2006

Sono tentata di dargli un due perchè è il finale che rimane in testa
e se non convince, se è catapultato da chissà dove, come in questa
caso, si guasta il sapore del Più riguardo a Margherita Dolcevitalibro.

Margherita
Dolcevita è una ragazzina di quattordici anni e sei mesi, ironica,
cinica,  fantasiosa e romantica con un cuore che funziona a modo suo e
la costringe a evitare olimpiadi e corse campestri.  Scrive inizi di
racconti che non porta a termine e si cimenta in poesie volutamente
brutte. E' amica della bambina di polvere Abita in una villetta con i
genitori, due fratelli, il nonno e il cane Pisolo. Una famiglia  un pò
scombinata . Madre soap dipendente, fuma virtual sigarette e colleziona
bollini della spesa. Padre aggiusta tutto. Fratello grande ultrà.
Fratello piccolo genietto innamorato della prof di matematica. Nonno , un paio
di volte a settimane, si incontra con una fantasma con cui si cimenta
in  balli sfrenati. 
Da un giorno all'altro, in un terreno
confinante con la loro casa viene costruito il Cubo,  con annesso
giardino sintetico, è l'abitazione della famiglia Del Bene composta da
due genitori e due figli più un maggiordomo e un cane feroce. Il cubo è
strano così come la famiglia che lo abita. Sembrano sapere tutto della
famiglia di Margherita e riescono a diventarne amici, fino poi a
condizionare i genitori della ragazzina e  l'intero quartiere. Chi si
mette di traverso ai loro piani viene tolto di mezzo. Angelo, figlio
dei Del Bene è diverso, suona la chitarra, cammina a piedi nudi, è
sensibile, sembra conoscere gli  oscuri progetti  dei genitori che lo
definiscono un matto e lo fanno entrare e uscire dalle case di cura.
Margherita lo ama. Tutto sembra essere parte di un oscuro mistero, un
piano ordito da una setta? Promozione commerciale portata all'estremo?

 Chissà.
Le pagine scorrono, sale la curiosità ed arriva il finale che non c'entra
nulla con il resto,  sbagliato, buttato lì  malamente. Non si capisce
nulla. La storia, fino a quel punto interessante, viene sporcata in
maniera gratuita. Rimango con domande senza risposte, vittima di una
storia interrotta.
Margherita Dolcevita meritava qualcosa di meglio.

mercoledì 20 maggio 2009

via alle Toto risposte

A. :  Se mi dai un
buon motivo io torno.


        Prometto.


        Non ti fidi? Mettimi alla prova.


B. :   Hai lasciato la luce accesa e la bolletta è 
schizzata alle stelle.


A. :  In un blog?


        Il gas non l’ho
lasciato aperto


       Quindi?


B. :   Hai abbandonato
 la torta di mele  nel forno acceso a 180°


A. :   Questa è
vecchia e poi non cucino.


B. :  Mumble…Mumble…Hai
lasciato un libro in poltrona, l’orecchia è sulla terzultima pagina, …


A. : Un giallo? Si, mi ricordo. Lei
che rincorre Lui per 2335 pagine e poi, sfinita si getta dal comodino e inscena
un delitto.  Il commissario non è mica
nato ieri. Ascolta governante e maggiordomo, sottopone lui a interrogatorio. Riunisce
i 346 sospettati nel salotto, dopo un riepilogo durato 6 ore, senza intervallo,  smaschera il colpevole. Chi? Il maggiordomo è
ovvio.


B.  :  Mi
arrendo, dimmelo tu un buon motivo per tornare.


A.  : Segreto.  Fai uno sforzo.. su dai… chiudi gli occhi  e pensa…


 

E se poi non torno? Dove devo andare per
andare dove voglio andare?

martedì 19 maggio 2009

Cuneo - Pinerolo (2)

Cuneo è rosa ormai da qualche settimana, le bandierine sventolano nelle strade della città, le vetrine si sono sbizzarrite nel trovare modi originali per rappresentare il Giro d'Italia, una serie di  appuntamenti  ha costellato  i giorni dell'attesa. Questa mattina le strade del centro erano interdette al traffico, pronte ad accogliere la corsa. Si incontravano soprattutto auto dell'organizzazione e degli sponsor. D100_3053iverse persone hanno tirato fuori la bici per girare comodamente in città. In piazza Galimberti è stato montato il villaggio "rosa". Sul palco c'è stata la premiazione degli alunni delle scuole. Poi l'esibizione del trofeo che andrà al vincitore del Giro, portato dalla mascotte Girbecco e posizionato in una teca. In attesa dei corridori si sono succeduti una serie di ospiti: due simpatici signori  indossavano divise ciclistiche degli anni '50 e avevano una bicicletta Bianchi d'epoca, Italo Zilioli accompagnato dal "cannibale" Eddy Merkcx,  Mariano Piccoli (vincitore di una tappa del Giro con traguardo a Cuneo). Infine, alla spicciolata, sono arrivati i corridori, si sono segnati sul foglie firme, alcuni, i più conosciuti, hanno lasciato un loro segno sul tabellone, mettendosi a disposizione di appassionati e operatori per le fotografie di rito. In onore di Damiano Cunego il dj di radio 105 ha messo una canzone dei Doors. Non è bastata a dargli la carica. Sul palco  Armstrong è stato tra gli ultimi a firmare. A Danilo Di Luca, maglia rosa,  il compito di liberare i palloncini  prima dell'avvio. I ciclisti si schierano in via Roma e alle 10 prende il via la decima tappa. Il gruppo portava con sè  il rumore lieve di una piccola castata di montagna mentre percorreva la rotonda e svoltava sul ponte, uscendo dalla città.

Si è poi appresa una tragica notizia. Fabio Saccani, motociclista al seguito del giro, è morto questa mattina, in un incidente stradale. Stava raggiungendo la carovana. Era il suo 32° giro d'Italia. A fine tappa, a Pinerolo, è stato osservato un  minuto di silenzio. 

Cuneo - Pinerolo

Cuneo - partenza 10° tappa del Giro d'Italia 

in Piazza Galimberti è stato allestito il villaggio "rosa"   

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bicicletta e divise del periodo in cui Fausto Coppi ha vinto la mitica  Cuneo-Pinerolo 1949

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Eddy Merckx                                                                       

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Stefano Garzelli protagonista di una lunga fuga nella tappa odierna

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Lance Armstrong

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 Girbecco,mascotte del Giro 2009, con  la maglia rosa Di Luca incaricato di liberare i palloncini prima della partenza

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domenica 17 maggio 2009

pink

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Il giro d'Italia rallenta

- 9° tappa Milano -

Il pensiero va a Horrillo. C'è preoccupazione.  Il gruppo parte alle 13,30 deve percorrere per dieci volte un circuito cittadino. Al secondo giro una caduta coinvolge alcuni corridori. Sul percorso si notano auto parcheggiate segnalate da un nastro bianco e rosso, coni a delimitare i binari del tram.  Armstrong e  la maglia rosa Di Luca parlano. Si dialoga anche con i commissari. Si decide per la neutralizzazione dei tempi all'arrivo, così da garantire gli uomini di classifica. Di cui in poi le voci divergono. In gruppo, pedalando, a maggioranza, si decide di rallentare ritenendo pericoloso il circuito. Al traguardo del quarto giro il gruppo si ferma e  Di Luca spiega  le ragioni di questa decisione, scusandosi con il pubblico. Si riparte, negli ultimi cinquanta chilometri la corsa si fa vera, forse per le pressioni degli sponsor, forse perchè non tutti erano d'accorco con lo stop.   Petacchi ai cinquecento metri ha un problema con la bici e si tira fuori dalla volata vinta da Cavendish.
Superato il traguardo Armstrong va via senza parlare, altri ciclisti si fermano provano a spiegare il favore o il  dissentono rispetto alla decisione presa in corsa. Di Luca afferma che, saputo della neutralizzazione dei tempi, alcuni velocisti si erano detti contrari a fare la volata, non volevano essere i soli a correre rischi.  Quasi tutti concordano sulla difficoltà di prendere decisioni sui pedali e la facilità con cui si possono commettere errori.
C' è chi dice di aver visto percorsi più pericolosi, c'è chi accusa i ciclisti di non aver rispettato il giro  d'Italia e il pubblico milanese, c' è chi auspica sanzioni scongiurate da un finale combattuto, c'è chi dice che l'errore è stato fermarsi e parlare in un fate come volete  ma salviamo almeno la forma che suona stonato. C'è chi fa ironia, c'è chi, come me, non sa cosa dire, divisa tra le ragioni degli uni e degli altri. Domani riposo, giorno di trasferimenti in vista della tappa Cuneo-Pinerolo di martedì.
La carovana rosa continua la sua corsa.

mercoledì 13 maggio 2009

La corsa rosa taglia il traguardo del secolo

Oggi, proprio oggi, il Giro d'Italia compie 100 anni. Partirono di notte, il 13 maggio 1909, da Milano, 127 corridori. Il percorso, di  8 tappe, fu coperto  tra il 13 e il 30 maggio. Terminarono la corsa in 49.
Vinse Luigi Ganna ai punti. Nell'ultima tappa, la Torino-Milano, Ganna  forò a 75 km dal traguardo. Un passaggio a livello abbassato gli consentì di recuperare sui fuggitivi e giungere terzo nella volata vinta da Dario Beni e primo nella classifica generale.

sabato 9 maggio 2009

Venezia in rosa

Inizia il Giro d'talia, quello del centenario, debutta a Venezia con una crono squadre al Lido.

100_1648 Giro atipico nel percorso, prima le Alpi e poi gli Appennini a decidere i destini della corsa che punta a Roma.
Si parte forte da subito. Petacchi e Cavendish mirano a spartirsi le volate. Si parla di solidarietà, del braccialetto rosa portato dall'abruzzese De Luca per raccogliere fondi pro terremotati, della partecipazione di Armstrong, del ritorno di Basso.  Simeoni  indossa la maglia tricolore ed è lasciato a casa.  Il sospetto aleggia  come sempre, si chiama doping, ha volti e mani che sembrano infiniti,  si prova  a scacciarlo promettendo controlli più severi.  Chissà..

Nel tracciato riecheggia il mito epico del ciclismo. L'uomo solo al comando, le strade di polvere, corridori che provano a lasciare indietro fame e disperazione, persone che si accalcano lungo le strade per vivere un attimo di felicità, lì dove si compiono  le imprese e tutto sembra possibile.
Ritorna la tappa  Cuneo-Pinerolo (percorso in parte modificato per il pericolo frane) e il pensiero va a Fausto Coppi, trionfatore nel giro del '49.

Piedi sui pedali e via, con  un pò di nostalgia.

mercoledì 22 aprile 2009

Juventus - Lazio 1-2

Complimenti alla Lazio

Basta con la tiritera del carattere. Non ho voglia di essere gentile, comprensiva o paziente. Stasera ho provato l'ebrezza di essere presa in giro e non so più cosa pensare.
Quando la Juventus è scesa in campo le serviva un goal per agguantare la finale.  Merce rara ed appetibile, di questi tempi, in casa bianconera. Mancavano Chiellini  e Legrottaglie. Del Piero, Nedved e Camoranesi sedevano in panchina. La squadra  bianconera ha vivacchiato fino alla prodezza del laziale Zarate. A quel punto servivavo 2 goal per pareggiare il conto, parliamo della Juve che giocava in casa, mancavano 52 minuti alla fine più recupero. Fattibile. Almeno tentabile.
Nel secondo tempo entrano Camoranesi e Nedved, la squadra tenta qualcosa, al 7' minuto Kolarov segna fortunosamente il secondo goal. Servono 4 reti ai bianconeri per giungere in finale e serve un altro spirito, altra condizione, un altra squadra  per coltivare la speranza di valicare la porta biancoceleste 4 volte in 38 minuti.
I giocatori vestiti con la maglia bianconera iniziano a giocare, ricordano forse la maglia che indossano, tirano fuori il carattere, costruiscono occasioni, prendono pali, si confrontano con il forte portiere biancoceleste. Entra Del Piero e fa un bel goal . Si combatte,  Nedved  e Del Piero provano a suonare la riscossa, ne esce un suono strozzato e amaro.  Il trascorrere dei minuti condanna la Juve, l'espulsione di Camoranesi è l'ultimo sbaglio di una serata da dimenticare. Il film con trama e esito simile  era già stato trasmesso con Chievo, Genova e Inter.  Trattasi di pizza piuttosto indigesta ammantata di buone, inutili, intenzioni.

Esprimo ammirazione per Nedved ( sperando che non appenda le scarpette  al chiodo) e Del Piero, fiducia nelle giovani leve.

La dirigenza che si rifugia nei sogni mi sembra stia dando dei pessimi segnali. Cannovaro non serve. Un ritorno di Lippi può suonar bene solo in una barzelletta. Se vogliamo sognare facciamolo in grande, pensiamo a: Conte,  Deshamps, Vialli o Platini, Cabrini, Tardelli, spingiamoci  più indietro  e sogniamo Sivori, Boniperti , Charles.
Con questa dirigenza solo nel passato possiamo ritrovare il sorriso.

domenica 19 aprile 2009

Le banderuole non son bandiere

Capisco la necessità di un raccattapalle ma dobbiamo andare fino in Spagna per cercarlo?
Fabio la banderuola ha seguito il vento ed ora a trentasei anni suonati non può essere considerato un uomo necessario alla Juventus. Non è bandiera nè parte del cuore, riesce facile dire: che vuole?

Neanchè il tempo di tirare mezzo sospiro di sollievo, per il match riagguantato con l'Inter, e  già tocca ascolare queste notizie. Ho guardato il calendario  ma il primo aprile è passato, quindi   presumo che il piano sia reale, degno del teatro dell'assurdo. Il ritorno di Cannavaro si muove al pari con un rientro di Lippi. Faccio scendere il sipario su questi folli progetti  sperando che le scelte di mercato si muovano su basi serie con gli occhi al futuro e al bene della squadra.

venerdì 17 aprile 2009

Racconto di un naufrago

 L'impressione è quella di essere catturati fin dalle prime righe. Il marinaio Louis Alejandro Velasco Image_book.php racconta al giovane cronista Gabriel Garcìa Marquez la sua esperienza di naufrago e poi eroe, acclamato, in una Colombia retta da un governo dittatoriale. Siamo negli anni '50,  Louis sta tornando a casa su un caccia-torpediniere  colombiano, dopo mesi trascorsi negli Stati Uniti. L'imbarcazione è carica di casse clandestine, elettrodomestici, regali per i parenti rimasti in patria. Il viaggio si avvia alla conclusione quando il mare si fa burrascoso, nessuna tempesta ma un'onda più grande getta in acqua otto marinai.  Il caccia-torpediniere prosegue, apparentemente incurante, verso la sua destinazione. Per Louis Alejandro Velasco inizia una strenua lotta per sopravvivere. Dieci giorni raccontati in maniera lucida, precisa,  dando l'impressione al lettore di poter essere con lui sulla zattera, condividerne i pensieri, le decisioni che  il marinaio si trova a prendere per poter coltivare la speranza.
E' il racconto avvincente di un uomo normale che deve la sua fama al fatto di  essere sopravvissuto per 10 giorni senza cibo e acqua, sballottato nell'oceano, capace di far fruttare le poche cose che aveva a disposizione, gli insegnamenti ricevuti,  risorse inaspettate  emerse nel  momento del bisogno e poi il caso o il destino che guida il cammino di ogni persona.
La dittatura, la denuncia di verità scomode, giornali d'opposizione che faticano a mettere insieme notizie innocue per poter proseguire con la pubblicazione e superare la censura.  Molte cose in poco spazio.
Riflessioni, la sensazione di un viaggio che ancora mi accompagna, ve lo consiglio!

Racconto di un naufrago
Gabriel Garcìa Marquez
Mondadori

domenica 12 aprile 2009

Chiudi la porta

Mi volto,
accompagno la maniglia con la mano. Clic.


Mario è seduto
sulla sedia. Vive lì da cinque giorni. Quando non ne può più, per distrarsi, va
verso la finestra. Si affaccia e  guarda
il via vai dell’ingresso, i portantini che escono per una sigaretta e diventano
lucciole, sperdute nella notte, l’albero del giardino che si muove come  un ballerino gitano. Me l’ha raccontato ieri,
quando le cose già andavano meglio, e sono riuscita a trascinarlo fino al bar
dell’ospedale perché tanto c’erano i medici per la visita e dentro non si
poteva stare. L’ha detto in quel suo modo buffo che non gli riusciva da un po’.

Sara è  distesa. Respira da sola, sono diminuiti i
macchinari intorno a lei. Neanche più un bip. Ho l’impressione di non ricordare
più la sua voce.  Stanotte l’ho sognata.


*****

Ride, siamo insieme,
attraversiamo la strada, un’auto la investe, la fa volare. Non lo so quanto
lontano. Ricordo il rumore del corpo di lei e dell’asfalto che tornano a
toccarsi. Le urla della gente, l’automobilista che scende e scuote la testa, io
che sono rimasta due passi indietro perché il cellulare aveva iniziato a
squillare e mi ero messa a cercarlo nella borsa. Me lo trovo in mano, comporre
il numero dell’ambulanza è un gesto automatico, così come spiegare dove ci
troviamo. “ Tra il Lacoste e il Benetton, via della Spiga – mi volto –
al numero 10, fate presto”. Clic. La comunicazione si chiude, mi avvicino, lei
è distesa, un rivolo di sangue le scende dalla fronte.


Sara arriva, in
ospedale, in stato di incoscienza. Le fanno esami su esami poi la sistemano in
una camera singola, attaccata al respiratore, con la flebo e i monitor.  “Può entrare solo una persona”  dice l’infermiera. Mario va dentro, lui è il
più forte, può esserle d’aiuto, capirla meglio. La prima notte l’ho passata
sulla panca di metallo nel corridoio. E così le notti seguenti. Sonno mal
consumato, preghiere e ricordi, lacrime non ne sono venute.

*****


I dottori dicono che si sveglierà, è questione di ore. L’operazione è
andata bene. Sara è giovane, sana, neanche una cicatrice. Io e Mario ci
culliamo nel suo respiro.


 

giovedì 26 marzo 2009

Selezione naturale

Dicono che funziona.

 102_0241

Prendi il cuore, mettilo da parte e... sorridi.
C'est la vie


Non gli piaci abbastanza ?
Su, dai, non vorrai mica arrenderti così. Escogita qualcosa.


«Premiata ditta Trucchi & incantesimi  al tuo servizio»


Un ometto sbuca fuori da un furgone scassato e 
prima che tu riesca a fermarlo inizia a decantare, con tono solenne, i
milli incantevoli sortilegi presenti nel suo catalogo.

Quando arrriva a coda di rospo e ali di farfalla la sua espressione si fa più sicura. Sembra il fiero padre di troppi figli.

Carla non capisce bene come ha fatto a trovarselo davanti .
Ricorda solo che Barbara, amica azzanna cuore, la stava bombardando con
un attimo di sincera brutalità: "Scordatelo". Il soggetto è Luca:
collega, amico, amante d'un occasione perduta. Sempre un passo avanti
pure nelle relazioni. Lui, sempre lui. Solo lui.
"Che barba.." ma non ditelo davanti a lei.
 E' sensibile.

martedì 24 marzo 2009

Tradurre con il colore

All'inizio per me contavano solo le parole. Antologia di Spoon River: traduzioni di Cesare 
0.B0
Pavese, 
Beppe Fenoglio, Fernanda Pivano, canzoni di Fabrizio de Andrè.

Poi girando per la sala, ho l'impressione di essere più lontana e vicina a quello  che vedo, storie di uomini e donne, quasi brutali nella  sincerità della fine e tenere, struggenti nel rivangare sogni mai colti, strade segnate e fughe mal riuscite.
Cinzia Ghigliano rappresenta con sensibilità i diversi ritratti, l'immagine diventa un completamento naturale delle parole, uno specchio in cui perdersi cogliendo i particolari, le emozioni "tradotte con il colore".   Mi sembra una chiave di lettura efficace, le immagini restano impresse nella memoria. Bello il catalogo.

Mondovì Breo
- Centro Espositivo di Santo
Stefano -


 "Tradurre con il colore - Cinzia
Ghigliano dipinge l'Antologia di Spoon River nelle traduzioni di
Fernanda Pivano, Cesare Pavese, Beppe Fenoglio
, Fabrizio De Andrè
"


dal 21/03  al 26/04
Orari : dal martedì al venerdì, dalle 16 alle 19.30;
          
sabato, domenica e festivi, dalle 10 alle 12;  dalle 16 alle 19.30
Ingresso libero


Immagine tratta dal sito del  comune di Mondovì
Ida Frickey opera di Cinzia Ghigliano

sabato 21 marzo 2009

Tentando di spezzare l'assedio

L'ultimo post risale a 10 giorni fa.

In questo periodo di assenza, il mio blog  è vissuto in uno stato di inconsapevole assedio. Oggi riaprendo Typepad ho trovato 203 messaggi inseriti nella sezione Spam. Duecentotré, mi è servito un momento per convincermi che fossero tutti lì, datati dal 14/03 in poi. 203 intercettati e messi in quarantena, solo uno  ha superato le linea di difesa ed è riuscito a intrufolarsi trai i  pubblicati.

Sono sorpresa, ammirata per come l'antispam ha retto all'impatto. Nel frattempo altri 8 messaggi sono finiti in quarantena. Penso sia ora di intervenire. Rompo il silenzio e spero che i "nemici" battano in ritirata.

    103_0468


martedì 10 marzo 2009

Juventus - Chelsea 2 - 2

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La coppa dalle grande orecchie vola via.


Vedere Nedved uscire dal campo, a pochi minuti
dalll'avvio, stringe il cuore. A lui si deve il sopranname e l'impegno, la
passione nel trascinare i  compagni verso la meta. Lui e la coppa, un
rapporto non sempre facile. La finale 2003 saltata per un cartellino giallo, il
match di stasera abbandonato anzitempo. L'annuncio del  ritiro a fine
stagione rende tutto più amaro.


Iaquinta, in combinazione con  Trezeguet,
porta in vantaggio la Juventus.  I bianconeri, pareggiati i conti con
l'andata, rallentano.   Il Chelsea si fa avanti, una punizione
inesistente da lo spunto per una rete, fantasma reale.  Prima di tornare
negli  spogliatoi, Essien, reduce da un brutto infortunio, mette dentro il
goal del pareggio.  E' il gelo. La Juventus per passare il turno ha
bisogno di due goal e maggiore convinzione. La ripresa vede Iaquinta sostituito
da Giovinco. I bianconeri sembrano riprendere nuovo vigore anche se gli attaccanti
sono a corto di centimetri nei confronti con i Blues.  Al '70 giunge
la tegola Chiellini, fuori per doppia ammonizione.  Dopo un paio di
minuti, una punizione di Del Piero viene parata dalla barriera.
Parapiglia. Cech assiste alla scena sdraiato nella sua area, abbracciando il
pallone. Rigore. Capitan Del Piero va sul dischetto e spiazza il portiere. Si
torna a sperare, basta un goal per la qualificazione. Trezeguet lascia il posto
a Amauri. I bianconeri, in dieci, ci credono e sembrano avere una marcia in più
almeno fino a quando il goal viene segnato nella porta "sbagliata".
Drogba aveva dato inizio alle danze a Londra e le conclude a Torino
sorprendendo Buffon. Alla Juve per passare servono due goal  che rimangono
scritti sul libro dei sogni.


  L'avventura finisce stasera e pur gridando
"Grazie ragazzi" rimane il rimpianto, la sensazione di essere andati
vicino all'impresa,  consapevoli che il  peso delle
assenze ha influito sull'esito dell'incontro.


domenica 8 marzo 2009

Revolutionary Road

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l'incompiuta


Leonardo di Caprio, Kate Winslet


Regia Sam Mendes Gran Bretagna/USA 2008 119 minuti Trama


-America, anni '50 -


Frank e April . I loro sguardi si
incrociano a una festa. Li ritroviamo la sera in cui lei calca il palcoscenico S3262288_2
di un piccolo
teatro, senza successo. Intuiamo poi che si sono sposati, April ha visto
vanificarsi il suo sogno di ragazza.  Frank ha
assecondato la moglie, nelle aspirazioni artistiche, senza capirla fino in
fondo. Gli sembra di essere un bravo marito ma non accetta la frustrazione
della consorte, lo fa sentire messo in discussione, debole, lui che insegue il bisogno di non essere come suo padre.


La sera, mentre tornano a casa,
si consuma un feroce litigio. Si fermano ai bordi della strada e si lanciano in
recriminazioni, accuse, ferondosi senza toccarsi.


La vita ricomincia, Frank vive un avventura sul lavoro. April pensa che la felicità  passi attraverso un viaggio  in Francia,  lei a lavorare, mantenendo la famiglia, Frank impegnato a scoprire se stesso. Lui tentenna, poi si fa convincere. Torna il sereno. Chi li conosce pensa siano una coppia speciale, sono  un pò scettici  riguardo al progetto, forse anche un pò invidiosi della loro fuga dal grigiore della quotidianità. Tutto sembra pronto. April è entusiasta, Frank più cauto. Poi si mette di mezzo la vita. Una serie di coincidenze che rendono sempre più folle affrontare il viaggio, le incognite di un futuro  incerto. Frank cede  al senso di responsabilità, alla necessità di tenere i piedi per terra. April no, ha cambiato i suoi sogni ma non li vuole abbandonare. C'è uno scontro più cruento degli altri e poi..



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Il film lascia addosso una sensazione di
impotenza. Ci si muove come estranei su questa terra e non basta l’amore a
superare le difficoltà, certe volte
esalta solo la frustrazione, la rabbia per situazioni che non sembrano avere
una via d’uscita o un punto di incontro.

giovedì 5 marzo 2009

Vuoti a rendere

Film ceco, delizioso.


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Praga - Josef Tkaloun è un insegnante
sessantacinquenne, decide di lasciare la scuola perchè non è felice, tra lui e
i suoi alunni non c'è più comunicazione.


Josef vive un periodo di insofferenza, che coinvolge anche la sfera
amorosa, la vita matrimoniale si è assestata su binari ormai stanchi,
le notti dell'uomo sono riempite da fantisticherie su un ex collega. Sente  di non essere ancora pronto per  una vita da pensionato, le passeggiate al
parco e l'abitudinaria vita domestica.  In famiglia non capiscono questa sua necessità di continuare a lavorare. 


Josef viene assunto in un supermercato, deve smistare le bottiglie vuote.  La finestra dove si affaccia per ritirVuoti_1are i vuoti, è uno speciale punto di osservazione sul mondo. Conosce nuove persone, si sente utile. Cambia il suo modo di rapportarsi agli altri, diventa più indulgente, quasi complice nel provare ad alleviare le umane solitudini che incontra. Si cimenta come novello cupido, consigliere nella spesa, dispensatore di sorrisi e parole gentili.


Quando Eliska, la moglie, viene corteggiata da un uomo a cui impartisce lezioni si scopre geloso e...


 Film umano, vivo, leggero, ironico e a tratti tenero. Un piccolo viaggio. Lancia spunti di riflessione sulle difficoltà di invecchiare, la necessità di reinventarsi senza perdere di vista chi ci sta accanto, la tecnologia che non può tutto, l'amore come compagno e rifugio, il sogno che si perde nella realtà, l'importanza di non chiuderci in noi stessi.


Bella la musica. Josef, il protagonista, somiglia vagamente a Sean Connery. Ci si affezionato presto a lui, al suo carattere scorbutico , alla sua necessità di trovare una dimensione, un equilibrio, ricerca che non ha età o data di scadenza.


immagine tratta da www.mymovies.it


martedì 3 marzo 2009

Il Mourinho parlante

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Mi chiedo come abbia fatto, l'Italia calcistica, a vivere,
fino a ora,  senza Mourinho. Con il suo arrivo è  come se si fosse
accesa la luce, tutto appare più chiaro. 



Ricordo quando  disse ai suoi
giocatori  "Il primo scudetto l'avete vinto in segreteria, il secondo
senza avversari, il terzo all'ultimo minuto. Siete proprio una squadra
di...".  Rimasi colpita, parlare con una tale linearità di pensiero
dell'operato interista, senza indulgenze o timori auto reverenziali mi sembrò
innovativo.



Oggi, ascoltando la conferenza dell'allenatore
interista, ho avuto conferma del fatto che sia un uomo fuori dal comune.
Generosamente ha pensato di iniziare parlando dei problemi dei suoi avversari. Si
è poi prodigato nel dare consigli  ai suoi colleghi allenatori, su come
usare i mezzi di comunicazione. Infine si è impegnato a moviolare i match
giocati dalla Juventus, fornendo una breve quanto efficace lezione agli
arbitri. Bello spettacolo, mi prenoto anche per i prossimi, ormai mi ha
conquistata.



So che non ha moviolato l'Inter solo per
questione di tempo. La prossima volta presenterà un conto preciso  dei
punti ottenuti dai nerazzurri grazie a errori arbitrali, colpi di mano, tuffi
carpiati e si ergerà, con coraggio, a paladino di se stesso.

In attesa di un titolo

Si strinse nella giacca.
Chiuse gli occhi e aspettò.
Un'ora e poi due, la notte scese sul suo viso.
Un tratto di orologio, il giorno lo riportò al suo posto.
Non era cambiato nulla.
Aveva supero un tratto  di mare e altra acqua si profilava all'orizzonte.
...

domenica 1 marzo 2009

Alcune riflessioni sul "metodo" Baricco

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Qualche giorno fa,  Baricco ha scritto della necessità di ripensare
l'intervento pubblico in questi tempi di crisi.


 E’ un articolo che fa riflettere. Lancia spunti, propone
soluzioni, scatena discussioni. Provo a dire la mia.


L'idea di spostare i finanziamenti pubblici dai teatri a
scuola e televisione non mi convince.
Chiudere i teatri stabili, non organizzare  più festival, liberarsi
delle  fondazioni e lasciare spazio a privati definiti “maturi”, penso
porti a un livellamento, un impoverimento dei contenuti e della creatività.
Ogni opera sarebbe  misurata in termini di profitto. E’ giusto chiedersi
se in un mondo teatrale fatto solo di privati ci sarebbe spazio per scommesse
che non possono dare  un ritorno economico immediato.  Il denaro
pubblico dovrebbe intervenire per garantire accessibilità economica e qualità
del prodotto. Missione non facile.


La televisione è un esempio di come privato e cultura siano
mondi non sempre conciliabili. Investire in Tv per avere un programma che parli
di libri in prima serata o che trasmetta un opera teatrale infischiandosene
dell’auditel, che risultati può produrre? Ci possiamo accontentare del fatto
che con i soldi si arriva dappertutto, anche in prima serata per la gioia di
chi già ama libri e teatro? No, dobbiamo cercare di allargare
l’uditorio,  usare la visibilità televisiva per raggiungere persone che
solitamente non leggono e non vanno a teatro. Se però il programma di libri, la
rappresentazione teatrale si scontra con un reality, quali “armi” può usare, per
farsi scegliere?  Una
serata dedicata alla cultura, a settimana, sembra una deliziosa quanto debole
battaglia contro i mulini a vento della serie: chi ama ringrazia e chi non
conosce ignora.


La televisione può essere d'aiuto nel formare un pubblico
consapevole se ripensata nel suo insieme, come  mezzo in grado di fornire
un servizio e non solo specchio rotto votato al profitto.


Come sempre un ruolo importante l'hanno scuola e famiglia
che dovrebbero creare le basi e stimolare i ragazzi per farlo diventare un
pubblico colto, consapevole, moderno. La scuola ha bisogno di fondi, idee però
togliere finanziamenti pubblici alla cultura  per finanziare la scuola non
è automaticamente un operazione corretta. 


Sono d'accordo
sulla necessità di ripensare l'intervento pubblico
nell'ambito culturale. Evitare gli sprechi, riuscere a centrare gli
obiettivi con efficacia. Migliorare la comunicazione. Tirarsi fuori è un gesto sbagliato, poco coraggioso, dimentico delle buone cose che si stanno facendo.


Quanto proposto da Baricco  mi sembra il
frutto di un pensar veloce, non una soluzione. Funziona
meglio come provocazione.

martedì 24 febbraio 2009

«Il traguardo è una cosa ambigua»

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Fausto spiegava così il suo
continuo rilanciare, anche dopo ore di corsa, quando le gambe diventavano
qualcosa di estraneo e fermarsi sembrava l'ultima utopia.



Attraversava la linea con diffidenza, senza abbassare la guardia. Tra il
traguardo e la folla si annidavano i pericoli, le debolezze che un uomo in
sella non deve sentire. In alto o in basso, primo o ultimo, i pensieri
defluiscono troppo in fretta.



La gioia più grande e il più grande dolore, erano  fermarsi, poggiare i
piedi per terra e tornare a essere  uomo. Senza la sicurezza di un percorso
disegnato o la compagnia di un sogno.

domenica 22 febbraio 2009

Calcio: si gioca a braccio

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Un tempo si diceva gioco di
mano, gioco di villano
.  Oggi non vale più. Anche il calcio si evolve e
questa settimana si sono raccolti segnali positivi. Il derby ha
visto imporsi i nerazzurri per 2 a 1. Adriano, autore di uno dei goal
interisti, ha poeticamente accompagnato il pallone in rete con il braccio. Il gesto è stato apprezzato al punto di non ricevere sanzioni nemmeno dal
giudice sportivo.
Adriano, da calciatore generoso quale è, ha pensato bene di ripetersi, ieri nel
match contro il Bologna. Ha dolcemente accompagnato, con il braccio, il pallone
messo in rete da Cambiasso. Applausi dei compagni, dei tifosi, degli avversari.
Pronta assoluzione del designatore Collina.
Ora non resta che cambiare il regolamento per evitare che arbitri retrogradi
provino a tarpare le braccia del campioncino verdeoro.  Altri calciatori potranno  confrontarsi con questa nuova specialità, che
ben si inserisce tra dribbling e rovesciate a rinverdire la tradizione
calciovolistica italiana. Gli avversari dell'Inter
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potranno sperare di giocare a braccia pari.


In fondo l'importante   e metterla dentro,
no?

mercoledì 18 febbraio 2009

Il pescatore





All'ombra dell'ultimo sole


s'era assopito un pescatore



e aveva un solco lungo il viso


come una specie di sorriso...
         


Fabrizio De Andrè

martedì 17 febbraio 2009

Rachel sta per sposarsi

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“Fare ammenda è uno dei passi”


 Kim torna a casa per assistere al
matrimonio della sorella. Ha trascorso gli ultimi nove mesi in una Lalocandinaitalianadirachelstaper_2
clinica di
riabilitazione. E’ una tossica, le riesce difficile ammettere il suo problema.
Sente gli occhi di tutti puntati addosso, tradisce il disagio accendendosi una
sigaretta dietro l’altra. La convivenza, gli ultimi preparativi, fanno
riaffiorare vecchie ferite ancora dolenti, rancori, insicurezze che male si accordano con la gioia che solitamente accompagna un matrimonio. Kym  prova a conquistarsi spazio anche a
costo di essere inopportuna. Forse, seppur inconsciamente, cerca di muoversi verso la
luce,  cerca un modo per riuscire a sopportare
il rimorso, un confronto con la sua famiglia. Ma risollevare la patina del
tempo, ritornare ai giorni della tragedia, è un dolore troppo grande.  Kym sfiora l’amore come in un gioco di
naufraghi e fa il suo percorso.


Rachel, la sorella giudiziosa e responsabile,
forse per lo stress dei preparativi, forse perchè vuole riscattare quanto sofferto con la perfezione,
esplode, fragile, insicura rispetto all’amore dei genitori, gelosa di Kym.


Il giorno della cerimonia si
avvicina. Kym, sull’orlo della disperazione,  cerca un confronto con la madre, che avrà
risvolti inaspettati…


 Il sole è assente per quasi tutto
il film, si ripresenta negli ultimi minuti, su un prato ove una sposa osserva,
pensierosa, operai che disfano un gazebo.


 Ci sono momenti  affidati all’immaginazione
e così ognuno può riempire gli spazi vuoti, leggere una storia che va oltre le
immagini, cogliere gli sguardi, i
piccoli gesti e le parole non dette.  Penso
che questo sia una qualità del film, quasi una fotografia sfocata che prevede
un prima e un dopo. Noi lì , coinvolti, ad osservare, interpretare e cercare risposte che,
spesso, latitano quando sono coinvolti i sentimenti.



locandina tratta dal sito www.moviplayer.it



domenica 15 febbraio 2009

Non è un paese per donne

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L’Italia non è un paese per
donne. I fatti di questi giorni descrivono  una realtà fatta di violenza e paura. Quasi
ogni giorno i telegiornali aprono con la notizia di donne e bambine che hanno
subito violenza. Sotto casa, ai giardinetti, a una festa, sole, appartate con
il fidanzato, sempre indifese dinanzi a
persone prive di umanità.


Questo sono le notizie che
passano attraverso i mezzi di comunicazione, poi ci sono le violenze che fanno
numero nelle statistiche, quelle che passano sotto silenzio e stringono il
cuore.


Ci sono gli accorgimenti che si prendono nella vita quotidiana per
conservare una parvenza di sicurezza. Farsi accompagnare fin sotto casa. Non
uscire sole la sera. Non girare in certe zone della città, sedersi in
scompartimenti affollati, … e poi? A
cosa serve, privarsi della propria libertà, in nome di una prudenza che, a tratti, sembra prigione? Quando si legge
di persone che entrano e escono dal carcere, indifferenti alla sofferenza che
hanno causato, a cui viene sempre data una seconda possibilità che diventa poi
terza o quarta, ci si senti impotenti, quasi in balia degli eventi. Ci si chiede
perché funziona così, perché a chi  calpesta le altre persone viene  data una possibilità e alle
vittime No. Spesso le vite  di chi subisce sono rovinate, a volte  ridotte
al silenzio della morte. Diventa ogni giorno più difficile sperare nella  giustizia.


L’Italia sembra, ormai,  un paese per delinquenti.


sabato 7 febbraio 2009

Via del campo

"... Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior."


Fabrizio de Andrè

martedì 3 febbraio 2009

Come musica

I tuoi grandissimi sogni i miei risvegli lontani

I nostri occhi che diventano mani

La tua pazienza di perla le mie teorie sull’amore

Fatte a pezzi da un profumo buono

Il tuo specchio appannato la mia brutta giornata

La mia parte di letto in questa parte di vita

Il tuo respiro che mi calma se ci appoggi il cuore

La nostra storia che non sa finire

So che è successo già

Che altri già si amarono

Non è una novità

Ma questo nostro amore è

Come musica

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Mai mai

Le nostre false partenze i miei improvvisi stupori

Il tuo “sex & the city” i miei film con gli spari

I nostri segni di aria in questi anni di fuoco

Solo l’amore rimane e tutto il resto è un gioco

I tuoi silenzi che accarezzano le mie distrazioni

Ritrovarti quando ti abbandoni

Il nostro amore immenso che non puoi raccontare

E che da fuori sembrerà normale

So che è successo già

Che altri già si amarono

Non è una novità

Ma questo nostro amore è

Come musica

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Siamo stati sulla luna a mezzogiorno

Andata solo andata senza mai un ritorno

E abbiamo fatto piani per un nuovo mondo

Ci siamo attraversati fino nel profondo

Me c’è ancora qualcosa che non so di te

Al centro del tuo cuore

Che c’è?

So che è successo già

Che altri già si amarono

Non è una novità

Ma questo nostro amore è

Come musica

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai

Che non potrà finire mai
- Jovanotti -

domenica 18 gennaio 2009

Pagando le stelle

I telespettatori responsabili
esistono.


Il sabato sera siedono davanti
alla Tv e guardano:  Ballando con le stelle. Raccolgono
la sfida, decidono le coppie che continueranno a ballare. Detta così sembra un cosa facile. In
realtà servono ore e ore di trasmissione per  capire quali concorrenti meritano il voto e, certe volte,
neanche così  si riesce a scovarli.


I telespettatori responsabili, quando sono indecisi,  ricorrono alla coppia rifugio che include un
personaggio seguito da anni, di cui conoscono la vita meglio della propria, quasi
un fratello, insomma una garanzia.


Pazienza se poi debbono ascoltare i rimbrotti
della giuria sul fatto che i più bravi
sono fuori e conta solo la popolarità. Neanche li sfiora la
conduttrice, con i suoi "Manca un minuto,
votate veloci” “La situazione è in bilico” “ Inutile lamentarsi se poi
i vostri
beniamini sono fuori”.


I telespettatori responsabili digitano il
codice,
inviano l’sms una, due, tre volte e ad libitum, incrociano le dita e
aspettano. Sono pronti a sostenere la loro coppia in ogni spareggio che
dovrà affrontare, consapevoli  di come 75 centesimi, spesi per ogni sms,  siano  un piccolo sacrificio rispetto alla possibilità
di decidere qualcosa.


Via alle danze… in punta di euro



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sabato 17 gennaio 2009

La felicità porta fortuna

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happy-go-lucky




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Popppy è una giovane insegnante londinese.
Vive con l’amica del cuore e una sorella.  Affronta tutto ciò che le accade con allegria.


Le Happygolucky01rubano la bicicletta – non ha nemmeno
avuto il tempo per salutarla- decide  quindi di imparare a guidare l’automobile. Si fa dare
lezioni da un uomo complessato e razzista per cui diventa, involontariamente,  un’ossessione. A scuola deve fronteggiare le
difficoltà di comportamento di un suo alunno. Ha un’altra sorella sposata,
incinta, precisa nel programmare la sua vita quanto Poppy è esuberante e
impulsiva. I diversi caratteri impediscono un vero dialogo...



Ammetto che non l’ho capito.


Poppy è infestata da una risata
isterica che sembra sempre sul punto di sfociare in pianto. Il suo motto è “sorridi
alla vita”. Dà l’impressione
di procedere per la sua strada senza provare a mettersi nei panni di chi
incontra. Più o meno come un bulldozer, chiassoso, vestito di abiti sgargianti.



Mi è sembrato un film senza capo ne coda  incapace
di trasmettere  emozioni. Niente empatia
con la protagonista, solo la speranza  che il  the end  arrivasse presto.


Vicini eppur lontani

mercoledì 14 gennaio 2009

Juventus - Catania 3-0

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Torino vive una fredda sera
d’inverno, pochi giocatori osano le mezze maniche. I bianconeri debuttano in
Coppa Italia. Buffon rientra
dall’infortunio che lo ha tenuto fuori tre mesi. Partita secca. Dentro o fuori.


Al ‘4 minuto Juve in vantaggio con
Marchionni che ribadisce in rete un   tiro parato a Del Piero.  Nelle fila bianconere si fa notare il giovane Ariaudo capace di tener la
posizione e smistare bene il pallone. Sissoko e Zanetti si prodigano al centrocampo nel costruire gioco. Legrottaglie
e Chiellini infondono sicurezza, Buffon si cimenta anche nei dribbling. I bianconeri creano occasioni senza riuscire
a concretizzare.  Un po’ per egoismi
individuali, un po’  perché sembrano aver
sottoscritto un abbonamento alla traversa. Spesso l’imprecisione, nel calcio,
si paga. Un goal di vantaggio non basta per stare tranquilli.


Il secondo tempo si avvia in una
falsa partenza. Manca il portiere del Catania, particolare di non poco conto
sfuggito alla terna arbitrale. Risate accompagnano l’inizio ufficiale. 


La Juve continua il forcing nell’area avversaria. Capitan Del Piero entra ed esce dal campo a
causa di una fastidiosa ferita al labbro, con Giovinco e Amauri si è spartito
le occasioni migliori. Continua a impegnarsi in avanti, mai domo. Al ’59, di
testa, appoggia un pallone sui piedi di Giovinco che da posizione non facile
mette dentro. Un paio di minuti ed è il
turno di Pinturicchio che di sinistro sigla il tre a zero. Ci si avvia alla
conclusione in mezzo alle sostituzioni. Melberg è il più recalcitrante a entrare Il fischio
finale giunge al  ’90 senza recupero.


La
Juventus, smaltita la sosta invernale, si avvia ai quarti.

domenica 11 gennaio 2009

Volta la carta

Fabrizio De Andrè poeta cantautore





La frontiera scomparsa

  E' una
raccolta di  racconti intimi, struggenti,
ironici dove non te lo aspetti.


Sepulveda non cerca di piacere, racconta in maniera
viva e profonda esperienze che hanno segnato la sua
vitaImage_bookphp.
La prigionia in Cile
nel periodo della dittatura. Il rapporto con il padre in un addio
cominciato quando era poco più di un bambino. Gli anni '70,  ove
bisognava contare le parole, consapevoli delle difficoltà,  capaci
però di apprezzare i momenti sottratti alla paura.


Un passaporto, con la
lettera L , stampigliata sopra, gli chiude molte porte. Al giovane
Sepulveda non rimane che cercare altre strade, tra avventura e ricordi.
Un paio di mutande gialle diventa  emblema di buona sorte, un libro di
memorie cela una trappola di matrimonio. Lo scrittore  compie il
proprio viaggio mosso da speranza e
disillusione. Cerca un domani, l’utopia, la felicità,
realizzando, infine, una
promessa fatta al nonno.


Si annullano tempo e distanza, ci
si trova a vivere il libro con passione.


Luis Sepulveda   - La Frontiera scomparsa

martedì 6 gennaio 2009

Se consideri le colpe

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Se consideri le colpe non ne veniamo
fuori.


Possiamo discutere un ora, un
giorno e le posizioni non cambiano.


Possiamo discuterne in strada.  Fermare
i passanti chiedendo il loro voto. Fa tanto reality
però dicono che funziona. Tre sassolini bianchi e hai vinto tu oppure hai
perso. Lo stabiliamo prima cosa vuol dire sassolino bianco.


- Dobbiamo spingerci fino a lì?


E’ vero, il piatto
era sul bordo
del tavolo e la forchetta diabolicamente piantata sul piatto. Lo
capisco: il  tuo gomito si è sentito coinvolto. I  sensi di colpa forse
non l’hanno fatto dormire
dopo che ha fatto precipitare a terra il piatto appoggiandosi  alla
forchetta. 


Però era solo un piatto.


- Si, hai ragione, era un regalo di
tua madre. Ha resistito venticinque anni
dacché ci siamo sposati, il servizio era completo…però continuava a essere   un piatto.


A forza di ripeterlo  sembra  così vero, ci sarà un domani anche senza di
lui, continueremo a stare insieme lo stesso… si, la strada dell’auto
convincimento funziona sempre.


Scommetto che stai ridendo e io
con te.


Vedi, ci possiamo riuscire.


In fondo era solo un piatto, spiegalo al tuo gomito.

giovedì 1 gennaio 2009

Natale sotto la Mole

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9788882126490g
E' il libro giusto per passare un Natale poco convenzionale
in compagnia di un angelo di prima classe che non riesce a portare a termine la
propria missione, un bue sottratto al presepe, un uomo chiamato Natale che si
adopera per la pace, una bambina intenzionata a scegliere il suo futuro, una
dama vestita di rosso che porta scompiglio in una villa sul lago e tanti altri.
Mistero e riflessione, stili e punti di vista diversi caratterizzano i racconti
che compongono la raccolta. In comune la torinesità degli autori:


Margherita Oggero, Laura Mancinelli, Bruno Gambarotta,
Hamid Ziarati, Sergio Pent, Guido Quarzo, Gian Luca Favetto, Giovanni Tesio.



                     BUON 2009!