sabato 26 luglio 2008

questione di un attimo

Damiago Cunego ha costruito la
sua stagione agonistica mettendo al centro  il Tour de France.  Si è dovuto ritirare giovedì scorso per i
postumi di una brutta caduta. Non è stata la sua corsa nemmeno per un giorno,
le speranze venivano di volta in volta rinviate, il confronto con gli altri
corridori si rivelava deludente. Gli obiettivi si facevano ogni giorno meno
grandi. Ha iniziato a cadere quasi subito,  perdendo secondi preziosi, salvandosi perché era
a meno di tre chilometri dal traguardo e i   tempi
venivano congelati, convivendo con le ammaccature. La cronometro della prima
settimana aveva creato ottimismo però sulle montagne non è mai riuscito a
essere competitivo. Il sogno di recupero accarezzato sul colle della Maddalena
si è dissolto in fretta lasciando un gusto  amaro. Giovedì dopo una trentina di chilometri
la ruota della sua bicicletta si infila in una canalina di scolo, fa un volo pauroso.
Si rialza a fatica, ha il mento ferito, la maglietta squarciata e vuole
continuare. Mancano 160 chilometri al traguardo, una vita. Sostenuto dai suoi
compagni di squadra  prosegue distanziato
venti minuti dal gruppo, con il timore di arrivare oltre il tempo massimo e il
desiderio di raggiungere Parigi. Un
ambulanza lo aspetta oltre la linea del traguardo.  Lì finisce la sua avventura al Tour, si ritira
per non compromettere la sua partecipazione alle olimpiadi.


Chavanel ieri ha coronato il
sogno di una vita. Lui, francese, primo in una tappa del Tour dopo  averci provato in mille modi. Oggi si decide
la corsa. Ultima tappa  a cronometro,
Evans è il favorito potendo vantare un miglior rapporto con le gare contro il tempo
però indossare la maglia gialla può far tirare fuori inaspettate. Sastre, primo
con un minuto e trentaquattro di vantaggio sull’australiano
ci spera.

venerdì 25 luglio 2008

Ballando nel mondo


I filmati di Matt Harding
spopolano sul web. Matt è un ragazzo americano che, lasciato il lavoro, ha
iniziato a girare il mondo e ballare, facendosi riprendere. Le immagini delle
sue performance, unite insieme compongono un allegro collage. Si passa
dall’America all’Europa per poi finire in India, Giappone e sottacqua. Qualche
volta trova la complicità degli indigeni e i balli diventano collettivi momenti
di allegria, non vi sono regole, si agitano mani e braccia, l’importante è
esserci. Il mondo sembra più vicino visto in questo modo.

mercoledì 23 luglio 2008

au revoir, Tour

La curiosità accomuna le persone
pronte a applaudire il passaggio dei corridori e, prima, a vivere l’esperienza Tour. E’ uno spettacolo, preciso,
organizzato, ripetuto ogni giorno su una piazza diversa. Al mattino la
struttura è già montata, si curano gli ultimi preparativi.


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La carovana pubblicitaria
parte quando mancano ancora due ore all’inizio della tappa . La sfilata è
aperta da un megafono e un ciclista di grandi dimensioni. Un auto a forma di letto
promuove un hotel, sfila la mucca che ride, personaggi intenti a leggere un
giornale, dolci, pneumatici, un film fumoso che uscirà a settembre, due
trampolieri, un leone gigante, una doccia imprevista re100_9223galata al pubblico, un
ciclista che va a mille subendo le urla del suo allenatore. La carovana è accompagnata da musica, saluti e bon voyage.
L’ultimo carro segnala che alla
partenza mancano 90
minuti. Aumenta il caldo,  si muovono i mezzi di stampa, radio e tv. Nel
pubblico si intravede una bandiera con impresso il volto dei fratelli Schleck,
dall’altro lato c’è il cartello di tifosi arrivati dalla Florida, vicino alla
partenza sostenitori di Cunego. Un fotografo cerca una
buona posizione per catturare il momento della partenza.


I minuti scorro100_9241no, le
persone assiepate dietro le transenne
iniziano a familiarizzare. Una signora prova a spiegare l’Italia a due ragazzi
portoricani. La festa è in pieno svolgimento quando giungono le 12,20. I
corridori sono posizionati sulla linea di partenza. Pronti, via. Si scatena il
tifo, gli applausi e le urla
risuonano nell’aria insieme a una certa eccitazione. Il gruppo procede a ranghi
compatti in corso Nizza, svolta in via XXVIII aprile e scompare dalla nostra
vista.  L’avvio ufficiale è da Madonna
dell’Olmo, poi Valle Stura, infine
Francia. Per un po’ si culla la speranza di veder Cunego recuperare posizioni  in classifica, poi si devono fare i conti con
una realtà diversa. 


 

martedì 22 luglio 2008

La carovana

Cuneo - 22 luglio 2008 100_8951100_8932100_9003
                                                                                        100_9054                                                                                                         100_9090100_9095
                         

lunedì 21 luglio 2008

Cuneo è gialla

Il Tour de
Fra
100_8888_2nce è arrivato, le bandierine
decorano le strade cittadine. Le vetrine dei negozi sono state allestite
in omaggio alla Gran Boucle. Oggi giornata di riposo. I corridori si allenano.
Gli addetti montano il Village, i camper delle televisioni, sistemati vicino
alla piazza sono pronti a trasmettere il segnale. Grandi e piccoli appuntamenti
hanno costellato questi giorni di attesa. Notte gialla, Venditti, artisti,
musica, visite, mostre. Ieri la corsa ha sfiorato Cuneo per poi dirigersi a Prato Nevoso. Questa sera  si esibiranno i comici di Zelig, ci saranno  concerti e  una  sfilata di maschere veneziane. 100_8900_2


In Santa Chiara  si ripercorre la storia del Tour per immagini. La mostra Il Tour e la sua storia nella fotografia dalle origini ai giorni nostri è aperta fino alle 23 e poi domani con orario continuato dalle 10 alle 23. Fa quasi tenerezza vedere le immagini prima in bianco e nero, poi a
colori, soffermarsi sui volti, sulle didascalie, scoprendo aneddoti che non si
conoscevano, provando la sensazione, almeno per un momento, di un  viaggio a ritroso, veloce quanto generoso di
emozioni.


Domani si ripartirà da Piazza Galimberti, la carovana gialla rientrerà in Francia  lasciando il ricordo di una tre giorni speciale

venerdì 18 luglio 2008

9.45

Si ripeteva ogni giorno alle nove
e tre quarti. Due trilli, poi il silenzio, oppure, se arrivava in tempo, una
storia. Mai uguale. Anche la voce cambiava. Se ne rese conto il quarto giorno, quando, avendo preso confidenza con il
mezzo, la ascoltò meglio. La campana della chiesa disegnava l’inizio e la fine.
Quindici minuti.  Non uno di più.


Se provava a fare domande,  cadeva la linea.   Aveva
l’impressione che la voce nascesse lontano e continuasse anche dopo che la
comunicazione si era interrotta. Come una nenia o un filo che proseguiva, si
riavvolgeva e riprendeva a dispiegarsi.   Paul iniziava a credere di non poter
rinunciare a quei racconti. Imparò a programmare la sua vita su quel momento.


Un
giorno gli parve di  respirare qualcosa di familiare. Era
lui che narrava la storia, o almeno, ciò che era stato. Avrebbe voluto fare domande
però voleva sapere e quindi aspettò. Un anno in quindici minuti. Una vita che
riscopriva diversa mentre le faceva posto nella memoria. Il mare, la paura, la mano di suo padre, il freddo, la risata che era sgorgata
quando lui l’aveva sollevato e messo, a
cavalcioni, sulle spalle. Non ricordava di aver litigato con Marcel quel giorno
che a calcio gli era toccato tirare il rigore.  Il quattro in matematica invece era come il
sole in cielo: puntuale.


Infine    la voce di un  ragazzo cresciuto che doveva scegliere la sua strada e
aveva trascorso un estate a scervellarsi su cosa voleva fare veramente, senza
tener conto dei consigli o della prudenza. Poi aveva ripiegato su legge.


Sophie era stata l’unica cosa
buona dell’università. L’aveva incontrata il primo giorno, in ultima fila,
sulla destra. Si erano messi a parlare fitto fitto per superare la noia, due
ore erano volate. Si erano  innamorati,
sposati e poi lasciati ma questo era solo un particolare.


Sophie era l’unica
cosa buona. Si chiese se fosse tortura o
piacere quanto gli veniva corrisposto ogni giorno sotto forma di parole e
intanto rideva, piangeva, si inquietava.
Quando sentì raccontare quello che aveva fatto il giorno prima,  brividi iniziarono a
corrergli lungo la schiena. Non voleva sapere di più.


Aprì la finestra e uscì.


Si sarebbe sorpreso, forse, ascoltando il silenzio.

giovedì 17 luglio 2008

doping, questo sconosciuto

Riccardo  Ricò è risultato positivo all’Epo di terza
generazione. Sospeso dal Tour de France, la sua squadra torna a casa. C’è chi
ha parlato di una giornata terribile,
ove ogni speranza di nuova vita, per il ciclismo, si è spenta. Altri hanno
espresso apprezzamento per la velocità con cui si scoprono gli atleti che fanno
uso di prodotti dopanti.


Quando accadono fatti come questi
le parole scorrono irrequiete in mezzo allo sgomento e alla delusione. Come in
un film si riavvolgono le immagini degli ultimi giorni e più di ogni cosa restano i ricordi a
rincorrersi e annullarsi in una lotta che incontra solo sconfitti.


L’ematocrito è alto naturalmente.
Quanta fatica ha dovuto affrontare per diventare professionista. Una settimana
di esami a Losanna e  poi il certificato.
Forse le Olimpiadi. Gli hanno esaminato un capello. In Francia non lo conoscono
ancora, per questo lo sottopongono a tanti controlli . Ricò come … a velocità
doppia sugli avversari… chissà cosa potrà fare… se non fosse per le cronometro…
Proprio lì segnò la sua condanna.


E’ un giorno come un altro.
Ancora nasceranno sogni e si spegneranno speranze sotto i raggi e nel cuore di chi segue questo sport. Però è difficile crederlo. Ogni
volta un pezzo di amore sparisce sotto il peso dell’inganno. Prima o poi
impareremo. Ciclismo? Usa e getta. Non servono legami. 

Penso che scrivere sia provare  a
spiccare il volo.
La prima volta 101_8008_2che provi hai  troppe cose addosso, conservi il dubbio di
aver dimenticato qualcosa. Poi, quando ti rendi  conto di non esser
riuscita ad alzarti da terra, parti con un riesame fatto di cancellature e
aggiustamenti.


Il motto è: alleggerire.

Nessuno ti dirà mai quanto, se hai raggiunto il punto, l'hai sfiorato o se hai
semplicemente sbagliato strada. Provi e speri che serva.
Vivi con il dubbio  e la speranza. Intanto rileggi, spesso ad alta voce.
Tenti di assaporare  ogni parola. Ti chiedi se anche quando sarà passata
la voglia ti piacerà ancora. Cerchi il segnale, quello buono per fermarti
e scrivere la parola fine,  consapevole che è solo l'inizio di una
nuova  avventura.

domenica 13 luglio 2008

Ricò si ripete al Tour

Pirenei. I ciclisti affrontano asperità dipinte con i colori della
leggenda. E’ il turno del col d’Aspin che, da solo, non sembra fare molta
paura. Dalla vetta al traguardo ci sono 25 km tra discesa e pianura.


Evans, uno dei favoriti, cade a
metà della tappa, si rialza ammaccato e prosegue cercando di limitare i danni.
Quando inizia l’ascesa al Col d’Aspin si capisce, quasi subito, che Ricò vuole
attaccare. Scatta, il gruppo si allunga, fa male, ma non affonda. Piepoli , suo
gregario, si porta in avanti a far l’andatura poi quando mancano 4  km alla vetta Riccardo Ricò da un’occhiata al
gruppo e parte, mani basse sul manubrio, in piedi sui pedali. Si muove a
velocità doppia,  scavalca avversari  uno dopo l’altro, l’obiettivo è Lang in fuga
dalla mattina, in testa alla corsa. Ricò muove  ritmicamente le spalle, lo sguardo celato dagli occhiali da sole,
concentrato, sembra non sentire la fatica.  Nella gente che assiste ai bordi della strada
c’è ammirazione e sostegno. Nei commentatori emerge il dubbio riguardo un’impresa
bella quanto, si teme, inutile. Era domani la sua tappa, quante energie
sprecate. Poi c’è la pianura, come farà da solo?


Passano i minuti e crescono le speranze. Il
ciclista italiano supera per primo il col d’Aspin. Ha un minuto e dieci di
vantaggio. Si getta in discesa e macina chilometri cullando un sogno che si fa
sempre più reale. Il distacco dagli inseguitori aumenta. Il gruppo sembra
incapace di trovare un accordo per un’azione comune. La musica in pianura non
cambia. Ricò taglia il traguardo in solitaria , le mani sul petto e poi al cielo, consapevole di quanto è
riuscito a fare.


Il cronometro segna un minuto e
17 secondi recuperati. Niente abbuoni, sono stati aboliti. Se non fosse per la
disastrosa cronometro, corsa in settimana, Riccardo Ricò potrebbe pensare in
grande. Le salite sono il suo pane. Cobra di Formiggine il suo soprannome. Il resto
lo scriveranno le prossime tappe. Siamo solo al nono giorno di una corsa in cui
emozioni, imprese, cadute e doping hanno trovato spazio. Il Tour rimane lo  strano imprevedibile spettacolo di sempre. E’ difficile rimanere
indifferenti.

lunedì 7 luglio 2008

Stand by - 3

2 parte qui


Aveva
messo su il latte, preparato la tavola poi si era seduto in poltrona  con
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in mano il giornale  del giorno prima. Prendeva appunti, faceva segni che
capiva solo lui. Sembrava stesse costruendo una mappa.  Il suono del
campanello ruppe la sua concentrazione. Non poteva essere la signora Recchi.
Aveva le chiavi. Guardò l’orologio. Troppo presto. Forse aveva dimenticato
qualcosa. Sperava di no.



Solo uno
squillo, doveva essere una persona educata. Lo spioncino rimandava l’immagine
di una donna bionda. Giovane. Chi? Era la prima volta che la vedeva. Si
sorprese a interrogarsi sulla sua identità e sul perché era lì. Aprì la porta
guardingo.


- Lei è il signor
Curti.


Niente
convenevoli, dritta al sodo. Ci mise un po’ a ricordarsi che non aveva messo
nessuna targhetta sulla porta. Realizzata la cosa si tranquillizzò. Si era sbagliata.


- No - disse,
anche lui diretto. Mi dispiace lo aggiunse per simpatia, vedendo la sua
faccia preoccupata.


- Scusi per il
disturbo


Stava per dire Nessun disturbo e buongiorno, mentre
accostava la porta, quando gli venne voglia di saperne  di più. La invitò
a entrare magnificandole le doti taumaturgiche di una bevanda calda nei momenti
di tristezza. Fu così che si trovarono seduti al tavolo della cucina a
condividere l’attesa di un caffè  restio a salire. In un silenzio vittima
di troppi pensieri sembrava non esserci posto per le parole.
Era come se sapesse già tutto. Anche quello che l'uomo le avrebbe detto.
«Non vale. Non così. Non adesso» Lo pensò soltanto. Si era messo  lui in
quella situazione.
    - Perchè il signor Curti?


Lo guardò, per un attimo incerta, poi scoppio a ridere.
   - Se le avessi chiesto del signor Rossi avrebbe fatto differenza?
Lei sa più cose di quanto è disposto ad ammettere. L'ho vista mentre lanciava
un occhiata preoccupata alla porta. Voleva vedere se aveva messo la targhetta.
Si è tradito.  Non  ho  capito perchè mi  ha fatto tornare
indietro.  Poteva sbarazzarsi di me facilmente.  Pensavo fosse
diverso. Mi avevano detto che era un uomo in gamba.

-  Guardi che io...


  - Abbiamo
perso tempo. Meglio fermarci qui non crede?
A quel punto la donna si alzò, rovistò per un attimo nelle tasche e
depositò sul tavolo un pezzo di carta poi uscì, senza dare altre spiegazioni.

Il tutto era durato pochi minuti.

L'uomo poteva riprendere il suo percorso. Anche la caffettiera sembrava aver
messo giudizio e grondava un liquido denso e profumato, ignorato, mentre
scendeva a ricoprire il gas.


Non si era mosso, neanche più una
sillaba a rompere quelle accuse, fargli trovar pace nel silenzio. Prese in mano
ciò che aveva lasciato la ragazza. Era un vecchio ritaglio di giornale in
bianco e nero. Nitido nonostante gli anni. Un uomo e una donna sorridenti
guardavano verso l'obiettivo. Primavera tradita dalle rose, l'anno non lo
ricordava. Sapeva che era lui con qualche capello in più e vivo. La donna, una
ferita che non si era ancora chiusa. Guardarla era un viaggio a ritroso che non
voleva compiere. Gli venne voglia di strappare tutto, in fretta, rimuovere e
andare avanti. Si limitò ad accartocciare il pezzo di carta e buttarlo da una
parte. L'odore di caffè abbrustolito lo riscosse.

giovedì 3 luglio 2008

The Terminal

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Aeroporto JFK. Arrivi, partenze, attese. Viktor
Navorski è un passeggero giunto dall'Europa. Mentre l'aereo è in volo un colpo
di stato precipita il suo paese nel caos. I documenti di Viktor non sono più
validi. Non può andare a New York e non può tornare indietro. Il responsabile
della sicurezza gli dà una dotazione minima di denaro, una tessera telefonica e
un cercapersone. Il terminal diventa il suo mondo, oltre non può andare. Si
muove come un pesce in una palla di vetro. Senza capire ciò che gli viene
detto, senza sapere come sopravvivere, con un ostinata voglia di rispettare le
regole pur senza farsene schiacciare.  Si adatta a quel posto ostile e
cerca al contempo di adattarlo a lui. La toilette diventa il suo bagno, i
sedili il suo letto. Scopre che i carrelli porta bagagli possono essere fonte
di denaro. Dall'alto  lo osserva il responsabile stizzito per la sua
presenza. Tenta, senza successo, di  farlo evadere. Prova a complicarne
l'esistenza, tutto in nome dell'ordine che deve regnare nel suo aeroporto.
Inutilmente. Viktor non si perde d'animo. I mesi trascorrono. Impara l'inglese,
si fa amico delle persone che lavorano all'interno della struttura. Diventa un
eroe, si innamora e mantiene il pensiero sul perchè del suo viaggio.
L'obiettivo che non ha mai accantonato sembra lontano fino a quando ...


Film bello, positivo, a tratti naturalistico.
Meglio la prima  parte. Hawks tenero, generoso, fedele a se stesso.