Pirenei. I ciclisti affrontano asperità dipinte con i colori della
leggenda. E’ il turno del col d’Aspin che, da solo, non sembra fare molta
paura. Dalla vetta al traguardo ci sono 25 km tra discesa e pianura.
Evans, uno dei favoriti, cade a
metà della tappa, si rialza ammaccato e prosegue cercando di limitare i danni.
Quando inizia l’ascesa al Col d’Aspin si capisce, quasi subito, che Ricò vuole
attaccare. Scatta, il gruppo si allunga, fa male, ma non affonda. Piepoli , suo
gregario, si porta in avanti a far l’andatura poi quando mancano 4 km alla vetta Riccardo Ricò da un’occhiata al
gruppo e parte, mani basse sul manubrio, in piedi sui pedali. Si muove a
velocità doppia, scavalca avversari uno dopo l’altro, l’obiettivo è Lang in fuga
dalla mattina, in testa alla corsa. Ricò muove ritmicamente le spalle, lo sguardo celato dagli occhiali da sole,
concentrato, sembra non sentire la fatica. Nella gente che assiste ai bordi della strada
c’è ammirazione e sostegno. Nei commentatori emerge il dubbio riguardo un’impresa
bella quanto, si teme, inutile. Era domani la sua tappa, quante energie
sprecate. Poi c’è la pianura, come farà da solo?
Passano i minuti e crescono le speranze. Il
ciclista italiano supera per primo il col d’Aspin. Ha un minuto e dieci di
vantaggio. Si getta in discesa e macina chilometri cullando un sogno che si fa
sempre più reale. Il distacco dagli inseguitori aumenta. Il gruppo sembra
incapace di trovare un accordo per un’azione comune. La musica in pianura non
cambia. Ricò taglia il traguardo in solitaria , le mani sul petto e poi al cielo, consapevole di quanto è
riuscito a fare.
Il cronometro segna un minuto e
17 secondi recuperati. Niente abbuoni, sono stati aboliti. Se non fosse per la
disastrosa cronometro, corsa in settimana, Riccardo Ricò potrebbe pensare in
grande. Le salite sono il suo pane. Cobra di Formiggine il suo soprannome. Il resto
lo scriveranno le prossime tappe. Siamo solo al nono giorno di una corsa in cui
emozioni, imprese, cadute e doping hanno trovato spazio. Il Tour rimane lo strano imprevedibile spettacolo di sempre. E’ difficile rimanere
indifferenti.
Ho visto parte della tappa di ieri e Riccò mi ha impressionato. La salita era pedalabile, ma l'ha affontata al doppio della velocità del gruppo. Per un momento ho rivisto il Pantani degli anni d'oro, sebbene abbia caratteristiche differenti. In un Tour senza fuoriclasse può dire ancora la sua. Lo aspettiamo.
RispondiEliminaCiao, buona giornata.
Ciao Pim,
RispondiEliminaanche io sono rimasta colpita, mi è piaciuto seguirlo. Il ciclismo è bello così sorprendente, coraggioso. Non mi piaceva come correva Amstrong. Pantani per me rimane unico soprattutto per le emozioni che lego a lui.
Hai ragione può ancora dire la sua. grazie
buona serata
Pinky