lunedì 29 dicembre 2008

La duchessa

La duchessa


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ghiaccio e avorio



Georgiana SpLocandinapg1encer sembra sia
stata paracadutata, nell’Inghilterra del XVIII secolo, giusto in tempo
per il
matrimonio con il Duca di Devonshire. Impreparata agli obblighi del matrimonio
e inconsapevole dei limiti  a cui erano
sottoposte le donne in quel epoca. Il marito la ignora, dimostra affetto
solo per i cani e le amanti che si
alternano nel suo letto. G. diventa l’imperatrice dello stile, amata da tutti
fuorché dal suo consorte.   Ha due figlie ed è posta sottopressione perché
non ha ancora avuto l’erede, il figlio maschio. Conosce  Lady Bess e spera di aver trovato in lei un’amica. Rincontra un amore di gioventù.
Quando si trovo a fare i conti con la realtà, mostra di non saper far tesoro dei suoi sbagli e continua a
muoversi con un ingenuità, a tratti irritante, che la porta dinanzi a un bivio. Dalla
sua scelta dipenderà il futuro suo e della sua famiglia.


 Il coinvolgimento emozionale non
c’è stato. Questo, probabilmente, mi rende più facile  fare delle critiche. Ho avuto la
sensazione di un déjà vu.  Nel complesso una storia frammentata e personaggi che non ho capito fino in fondo.


Keira Knightley, interprete di Lady Georgiana,
è stata un po’ una delusione. Mi è sembrata un pesce fuor d’acqua. Bravo Ralph
Fiennes nell’interpretare il Duca odioso e insensibile. Belli i costumi.



immagine tratta da www.mymovies.it

venerdì 26 dicembre 2008

Ritorno a Cold Mountain

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Ritorno a Cold Mountain



Inman trae, dai ricordi,  la forza per
andare avanti e non precipitare nell’abisso. Mesi, anni lo separano
502098
da momenti
che non sa nemmeno più se solo mmaginati o  realmente accaduti. Sguardi, vassoi, fuori o
dentro. Pioggia, canti, musica, un annuncio: “Abbiamo la nostra guerra” ragazzi
che cantano e fan festa in attesa di partire. Ada è un libro e una fotografia,
un bacio prima di correre incontro all’ignoto. Fango, attesa, morte sopra
ogni cosa, lettere che arrivano con fatica, la consapevolezza, il risveglio, la
necessità di tornare. Il marchio di disertore non lo abbandona. Un contadino
lo vende, una vecchia lo salva. Aiuta una vedova e poi riparte  con lo stesso pensiero a fargli compagnia.


Ada, rimasta a Cold Mountain ad aspettare Inman,  sa ricamare ma non rammendare, comporre ma
non coltivare. Diventa povera e deve affrontare la durezza della guerra.  Ruby l’aiuta a compiere il suo viaggio verso una vita in cui non
è solo ornamento. Quando Inman e Ada si rincontrano sono due estranei uniti dal
ricordo. Il loro amore è sospeso,  servono
una sera, un fuoco e la condivisione di quanto vissuto per riaccendere la passione. L'avventura continua ed ecco si appresta un finale che non vale quanto il
resto del film.


 Ci si muove incontro a un
momento, lo si vive e ripone in un  cassetto, per far posto al nuovo giorno.


immagine tratta da : www.zapstar.it

sabato 13 dicembre 2008

indi

Sul fatto che si dovesse cambiare eravamo tutti d'accordo ma, poi, quando arrivava il momento, ognuno lo viveva a modo suo.

mercoledì 10 dicembre 2008

Quanto dura il crepuscolo?

Twilight


 Bella Swan si trasferisce a Forks, ospite del padre.  Nella nuova scuola, a biologia, incontra
Edward Twilight01_3
Cullen. Il ragazzo, affascinante,
ricco, introverso, si sente male vicino a Bella, spinge la ragazza a dubitare
di aver sbagliato profumo e rimane assente per una settimana.
Quando ritorna sembra
cambiato, si presenta a Bella, le chiede perché è lì, prova a indagare, spera
che torni da dove è venuta e  la salva
quando rischia la vita. Il film scorre con al centro la storia di Bella e
Edward.
Lui: vorrei ma non posso,
stammi lontana, sei in pericolo.
Lei
: perché mi
respingi, cosa nascondi, io  non ho paura.
In mezzo strani episodi che gettano una luce sinistra su Edward.  Persone uccise misteriosamente. Un padre che
si muove come un elefante in un negozio  di
cristalli tentando di ricucire il rapporto con la figlia. Poi chiarimenti, amore, involontarie note umoristiche, natura, amicizia, dubbi, fughe, personaggi unidimensionali, pericoli
corsi e scampati sulla scia di Io ti
salverò,
finale, sequel in vista …


Horror non pervenuto, fantasy e soprattutto rosa i generi in campo.


I colori sono il grigio e il
verde.


Le note Claire de Lune di Debussy. 

sabato 6 dicembre 2008

Fumì

Fumì aveva una valigia. Girava i
paesi e l'apriva dinanzi a occhi curiosi, stanchi, irrequieti, vogliosi di
emozioni. Ogni volta che tornava incontrava nuovi volti e silenzi, mani incerte
su come comportarsi.


Fumì blandiva, raccontava, quando poteva corteggiava, mai pago di
parole e passi e luoghi. Aveva quaranta anni. Almeno così diceva a chi provava
a scavargli dentro.


Prima il nome, poi l’età e la famiglia?
Da dove vieni, dove vai? Conosco qualcuno che conosci anche tu? In fondo, le
domande quando vengon fuori son sempre quelle.


Fumì rispondeva, spesso sorrideva
dinanzi alle consuete chiacchiere di paese. Fumì non aveva passato, 100_8829nulla che
potesse scoprire la nebbia da cui era spuntato. Nessuno che lo avesse
conosciuto prima, non una casa o un borgo che lo avesse visto bambino. Di qui
in avanti si dipanava la sua storia. Il di qui è un tre di marzo vecchio di
almeno dieci anni.

martedì 2 dicembre 2008

Neve

Fiocchi grandi e pigri si
mescolano ad altri più sottili e irrequieti, riottosi a battere in ritirata
nonostante la temperatura più rigida. E' la prima neve di stagione, prevista,
non calcolata, osservata da un lato della finestra.
Tutto è più lento. Quando
arrivi? E' la strada di ogni giorno anche se oggi ha il volto di un'enigmatica
sconosciuta. Non lo so quando arrivo. Proprio no. Le previsioni sono diventate
un gioco di bambina, pronto a interrompersi a ogni giro d'orologio. Nevica e
gli alberi, le case, si rifugiano in una dimensione ovattata.
L'arrivo è
l'impressione di toccare terra dopo un lungo  viaggio. Il tentativo di non
bagnarsi si confonde con  la tentazione di arrotolare i pantaloni su fino
al ginocchio e avventurarsi  alla ricerca di un passaggio pedonale. Il
viale è l'incanto: una lunga fila di braccia azzurre protese verso il cielo.
Passo di papera guardinga. Neve calpestata per prima. Lo spazzaneve in manovra.
Le auto silenziose testimoni della nottata. Alcune prigioniere, altre liberate
con delicati movimenti di pala. Il cielo è plumbeo, un altro vetro, altri
sguardi. Giochi di bambini, palle di neve, statue imbiancate, sosta.  I resti d'un ombrello. Il ritorno, un incerto domani, incubi di ghiaccio.

sabato 22 novembre 2008

Prima di prima o forse dopo, chissà..

Non è solo irrazionalità, il voler lasciar per prima è
qualcosa di più profondo, un tentativo di non intaccare il cuore. Non vuoi
ascoltare certe parole che si muovono nell’aria,  destinate a
colpire quando meno te l'aspetti.


Hai  la sensazione che di perfetto non vi è
nulla,  il sogno lo attraversi cercando gli sbagli, le magagne e se non li
trovi è peggio. Pensi che quando verranno fuori faranno più male. E' meglio
finire prima anche se dopo ti chiedi perché lui non ha insistito e non ti ha
cercato. Vive come se anche  senza si potesse. A quel punto ti convinci
che hai fatto bene. Dovevi essere tu a farlo e così è stato, senza
passi indietro o sguardi inclinati, perché quello era il punto e il ritorno non
è  previsto.

mercoledì 19 novembre 2008

Lezione ventuno

Lezione ventuno -  regia Alessandro Baricco


 Un uomo e un violino vengono
ritrovati a cento chilometri da Vienna sono uniti al punto da dover essere
seppelliti insieme e con loro portano una storia..


C'è così poca bellezza nella
nona
Killroy


Film? Difficile definirlo così. Ho  l'impressione di trovarmi in un
caleidoscopio che ruota intorno a una sera: 7 maggio 1824, Vienna, la nona
sinfonia è presentata al mondo.    Si intravedono fazzoletti bianchi che
sventolano in un teatro. Quel giorno è ricostruito attraverso  un batti e  ribatti  tra musicisti e
cantanti, testimoni , fedeli al genio e critici.


Successo o fallimento mascherato?  La
musica, protagonista, viene tirata da un lato all'altro del palcoscenico per
appoggiare questa o quella tesi. Quel giorno si combatte una sfida. La
preghiera laica, cantata nell'ultimo movimento, da molti considerata inutile, è
il sogno d'un compositore ormai sordo, precipitato in dieci anni di silenzio. Per un momento, si trova in un mondo  amico e descrive ciò che prova, la gioia, la pace, note che
gli girano in testa da trenta anni senza aver trovato  modo di venir
fuori prima. Questa musica che risuona nelle orecchie e nel cuore delle
persone,  frutto del genio e della libertà d'un artista, è tacciata
d'essere stata sopravvalutata.


Il Professor Killroy afferma che bisogna considerarla come l’opera d'un vecchio. Non si può prescindere da questo. Con il passare degli anni la forza si muta in
complessità, la leggerezza in follia. Beethoven, invischiato nella
complessità non riesce a trarre bellezza da quello che scrive. Non viene capito dal pubblico perchè è rimasto indietro. 


Killroy dinanzi a Marta, la sua
allieva prediletta, spiega la sua celebre lezione ventuno. Sembra
una  parabola  malinconica ove il professore stigmatizzando la nona e
il suo autore, in fondo, guarda a se stesso, a una vecchiaia priva di bellezza
nella quale  si muove con fatica rinunciando e  guardando indietro, sperando di potere ancora, per un attimo toccare quella stessa bellezza che considera  l'unica gioia.


domenica 16 novembre 2008

L'Infinito

      Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
      e questa siepe, che da tanta parte
      dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
      Ma sedendo e mirando, interminati
      spazi di là da quella, e sovrumani
      silenzi, e profondissima quïete
      io nel pensier mi fingo, ove per poco
      il cor non si spaura. E come il vento
      odo stormir tra queste piante, io quello
      infinito silenzio a questa voce
      vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
      e le morte stagioni, e la presente
      e viva, e il suon di lei. Così tra questa
      immensità s'annega il pensier mio:
      e il naufragar m'è dolce in questo mare.


Giacomo Leopardi

sabato 15 novembre 2008

Incontro d'autori

Ai bordi  dell'infinito


Ho  Scrittorincitta_2008_3

provato a vivere Scrittorincittà. Mi sono mossa presto per scegliere gli incontri
cui assistere,   acquistare i biglietti e adeguarmi al fatto che a
qualcosa dovevo rinunciare. La narrativa a discapito dell'attualità. O forse No. Non si può prescindere dall'attualità anche se si parte da punti diversi.
Questa mattina ho seguito prove d'autore. Il pomeriggio forse dovrei scriverlo
con la lettera maiuscola per la sua unicità, per il sorriso che ancora mi
accompagna, per le domande che mi porto dietro insieme alle risposte che ho
ricevuto. Mi sono riappropriata del piacere di ascoltare senza uno scopo se non
quello di sentirmi viva, partecipe. Oggi Pomeriggio ho incontrato Luis
Sepúlveda
, Dacia Maraini e Paolo Giordano. Mi hanno colpita,  conquistata,
a tratti sorpresa. Conservo il ricordo di momenti speciali, riflessioni,
storie, aneddoti. Stasera mi sembra di camminare sospesa, sono felice come non
mi capitava da un pò. Ho voglia di scrivere, riflettere ed ascoltare. Soprattutto voglia di leggere,  inoltrarmi in mondi che ho solo intravisto.

giovedì 13 novembre 2008

Prima

Prese la lettera e se la infilò
in tasca. Indossò il soprabito, riempì la borsetta di biglietti da visita e
uscì.  Era così ogni giorno. Non si faceva toccare da nulla. Diceva che
era meglio guardare avanti e lei si era spinta a immaginare il ritorno,
inaspettato, come tutte le cose buone. Il suo ritorno non sarebbe
giunto per lettera. Una mattina qualcuno avrebbe suonato alla porta, lei
avrebbe aperto, si sarebbe fatta scudo con la mano e lo avrebbe visto dritto
davanti a lei, con un sorriso che sbucava sul viso, giusto un po’ smagrito,
pronto a rituffarsi nella sua cucina, come se  fosse sempre stato lì, a dormicchiare vicino al fuoco o ad offrirsi come cavia per una sua ricetta.

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mercoledì 12 novembre 2008

La macchia

- Hai ragione questa storia non centra.


- Su parliamo d’altro.


- Ma…


-Vedi quella macchia laggiù ?


Indica con la mano un
punto del muro ove si intravede un alone scuro.


- C’era prima che arrivassi qui. Ricordo
il giorno in cui sono entrata con l’agente
immobiliare. Il tour delle stanze. Luminose. Spaziose. -Tutto bello, tutto un
affare quando leggi quei cosi che ti presentano, poi… – Era il terzo
appartamento che vedevo quel giorno. Il decimo della settimana. Non ne potevo
più. Vivevo un periodo frenetico, avevo bisogno di cambiare e in fretta ma non
volevo accontentarmi. Lo so anche io che una casa non è per sempre ma i
traslochi sono una sfacchinata che detesto.


Come ti dicevo, sono entrata, era
verso sera, ho visto la cucina, il giardinetto su cui affaccia, il sole che
stava tramontando e … quella macchia.


Ecco, lo so che è stupido, però mi
sono innamorata anche di lei. E’ parte di questa casa.  Il segno che è viva, ha una sua storia. Anch’io
che sono quida quasi tre anni ho iniziato a farne parte. Se un giorno me
ne andrò, ci saranno comunque dei segni di me, che si sommano a questo.
Mi sono chiesta spesso come hanno fatta a farla, proprio
al centro del soffitto. Tu hai qualche idea?


- Stavano girando una frittella.  I bambini, era domenica mattina, volevano fare
una sorpresa ai genitori preparando  la
colazione e… patatrac: il fattaccio. In
punizione per una settimana, le urla  rimbombano tra i muri. La madre che trascorre
ore a…


Lo dice in modo così serio e
compunto, quasi che la spiegazione sia quella e lei abbia assistito alla scena.  Non fa in tempo
a finire e scoppiano a ridere, insieme, fragorosamente.

martedì 11 novembre 2008

lunedì 10 novembre 2008

Stracôni 2008

Correre e camminare. Soprattutto stare insieme.
L'edizione 2008 ha visto 14.250 iscritti. Ieri
mattina, alla partenza in Piazza Galimberti, erano  molti di  più.
Pettorale in bella vista, appuntato con spille da balia. Davanti persone in maglietta e pantaloncini corti intenzionati a vivere correndo i
sette chilometri del tracciato. Dietro gli altri, quelli
che accennano qualche passo di corsa e si adeguano a un ritmo di passeggiata
veloce, quelli che sembrano danzatori centometristi, quelli che è una buona
occasione per chiacchierare, quelli che bisogna esserci perchè si è sempre
andati, quelli che alla Stracôni non rinunciano, quelli che la vivono come una
festa, un incontro, uno modo diverso di vivere la città.


Al segnale inizia a scorrere il gruppo, dicono
che sono serviti 24 minuti perchè tutti varcassero la linea di partenza. E'
domenica mattina, baciata dal sole, i colori dell'autonno sono più luminosi. La  strana  è  solcata da persone di ogni età, lì dove  c'è  spazio si crea  una  corsia che consente il sorpasso.  Nei punti più stretti si rallenta,  coinvolti  in un imbuto.  Si va a piedi, con i pattini, trainati o frenati dai cani. Si ride e si scherza, ci si gode il sole, l'andamento rilassato.  Si scende al parco fluviale, la prima indicazione è quella dei tre chilometri. Costeggiando il fiume, sulla strada sterrata, è più forte il gusto della gita, mi volto e vedo il gruppo che si dispiega oltre il mio sguardo, colorato, a tratti rumoroso, allegro.  Quando risaliamo  la passeggiata volge al termine, via Roma, il pavimento di porfido, il traguardo in vista. E' di nuovo città, priva di auto,più nostra, meno impegnata,  generosa di tempo, risa e emozioni.   


 

domenica 9 novembre 2008

34 candeline ed una stella

BUON COMPLEANNO!!


Alessandro Del Piero, nella sua
carriera, non ha incontrato solo rose e fiori, però mantiene, nel giocare a
Delpiero01h
pallone, la gioia estrosa d’un bambino. Ha raggiunto Scirea per numero di
presenze, è a 249 goal con la maglia bianconera. Non si ferma a contare i
traguardi conquistati, guarda avanti e su questo, partita dopo partita,
costruisce le sue imprese.
Dispone d’un talento universale, capace di superare
le barriere del tifo e farsi apprezzare anche nel  mitico stadio Bernabeu. L’arte può passare attraverso i
piedi e le idee, regalare emozioni, sapere incantare chi guarda, perso
dietro a colpi di tacco, dribbling,
traiettorie, palloni accarezzati e spinti in rete.


In queste domeniche d’autunno
Pinturicchio racconta mille e una storia, vissute nel movimento suadente del
pallone, che, superato barriere e avversari, si infila nell’angolo, sotto la
traversa, negli spazi che ha imparato a scovare per far compiere la fiaba. Una,
due, tre volte le immagini si ripetono sullo schermo e affascinata non mi resta
che guardare. Quasi a bocca aperta, con l’impressione di scoprire ogni volta
qualcosa di diverso. E’ magia, bella e generosa, un incanto per gli occhi e per
il cuore.


Mille e un augurio Capitano!!


immagine tratta dal sito de La Stampa

C.

 


I pensieri si stemperano nella
noia.


La casa, il giardino, non servono
a ritrovarmi.


Il cancello, custode di
parole, è silenzioso.


Quando mi sedevo alla scrivania,
gli occhi fuggivano regolarmente fuori dalla finestra e il cancello era
l'ultimo ostacolo, il più impervio. Così inventavo. Raccontavo a  me e a
quel ammasso  di ferro i paesi che avrei visitato, le avventure che avrei
vissuto, convinto che era solo questione di tempo. Poi tornavo a muovermi tra
le righe e la memoria, le minacce di interrogazione  e  di una vita
sempre uguale. Inizio a dubitare che il cancello sia stato il mio amico più
fedele. Esposto alle intemperie, pronto al sacrificio, a precludermi lo sguardo,pur di  non far naufragare i miei sogni.


 

sabato 8 novembre 2008

Volta la carta

(...)

Angiolina ritaglia giornali

si veste da sposa canta vittoria

chiama i ricordi col loro nome
volta la carta
e finisce in gloria
(...)

Fabrizio De Andrè


venerdì 7 novembre 2008

Nico

Aveva le braghe
corte, girava scalzo per il cortile da mattina a sera. Era lui a
guidare le scorribande estive. Teneva alto il morale, raccattava i
compagni d’avventura bussando di porta in porta senza timore per le
reazioni degli adulti. Ogni giorno escogitava qualcosa di nuovo. Se  non era il fiume, era il bosco o il pezzo di giardino dietro casa. L’importante era partire, far finta che era per sempre.


 Giocavano
fino a che scendeva il buio poi si disperdevano, ognuno alle prese con
il ritorno, la scusa da sciorinare a genitori, avvezzi a chiudere un
occhio, a volte anche tutti e due, sulle marachelle dei loro pargoli.


Quel mattino era un
giorno speciale. Nico l’aveva segnato sul calendario con un cerchio
rosso. Tutti sapevano quale era la missione. Il piano l’avevano
ripetuto più volte. Dovevano sgattaiolare fuori di casa quando ancora
era l’alba, portandosi dietro cibo e acqua,  poi, dopo
aver fatto l’appello dinanzi alla fontana si sarebbero messi in marcia.
Solo così potevano sperare di prendere i posti migliori.

giovedì 6 novembre 2008

l'incantevole luogo

-Ecco, vedi c'è tutto.
-E' una stanza.
-
Grande.
-Vista su muro.
-Però  è pulito. L'hanno costruito  l'anno scorso.  Quando apri la finestra, non ci sono  correnti d'aria.
-La scala.

-Si chiama assicurazione sulla vita. Ti porta giù, fin sul marciapiede, in meno di un secondo.


-Vertigini.


- Te l'avevo  detto che è perfetta. Una bella
tenda, ecco il segreto. Via finestra, muro, scala, paura. Tutto
insieme. Un affare.



- Si muovono
-  All inclusive, ricordi? Pure gli animali domestici. Lo spazio non è molto ma gli scarafaggi ci stanno comodi.
Avrai mica intenzione di cacciarli?
- Si, però..
-Inutile, tanto poi ritornano. Hanno  imparato la strada di casa. Meglio che diventi animalista.
-Ecco, forse..
Ok, hai vinto tu. Non è nulla.

E ora? che facciamo?

martedì 4 novembre 2008

La guerra di Piero


Dormi sepolto in un campo di grano

non è la rosa non è il tulipano

che ti fan veglia dall'ombra dei fossi

ma son mille papaveri rossi


lungo le sponde del mio torrente

voglio che scendano i lucci argentati

non più i cadaveri dei soldati

portati in braccio dalla corrente


così dicevi ed era inverno

e come gli altri verso l'inferno

te ne vai triste come chi deve

il vento ti sputa in faccia la neve


fermati Piero , fermati adesso

lascia che il vento ti passi un po' addosso

dei morti in battaglia ti porti la voce

chi diede la vita ebbe in cambio una croce


ma tu no lo udisti e il tempo passava

con le stagioni a passo di giava

ed arrivasti a varcar la frontiera

in un bel giorno di primavera


e mentre marciavi con l'anima in spalle

vedesti un uomo in fondo alla valle

che aveva il tuo stesso identico umore

ma la divisa di un altro colore


sparagli Piero , sparagli ora

e dopo un colpo sparagli ancora

fino a che tu non lo vedrai esangue

cadere in terra a coprire il suo sangue


e se gli sparo in fronte o nel cuore

soltanto il tempo avrà per morire

ma il tempo a me resterà per vedere

vedere gli occhi di un uomo che muore


e mentre gli usi questa premura

quello si volta , ti vede e ha paura

ed imbraccia l'artiglieria

non ti ricambia la cortesia


cadesti in terra senza un lamento

e ti accorgesti in un solo momento

che il tempo non ti sarebbe bastato

a chiedere perdono per ogni peccato


cadesti interra senza un lamento

e ti accorgesti in un solo momento

che la tua vita finiva quel giorno

e non ci sarebbe stato un ritorno


Ninetta mia crepare di maggio

ci vuole tanto troppo coraggio

Ninetta bella dritto all'inferno

avrei preferito andarci in inverno


e mentre il grano ti stava a sentire

dentro alle mani stringevi un fucile

dentro alla bocca stringevi parole

troppo gelate per sciogliersi al sole


dormi sepolto in un campo di grano

non è la rosa non è il tulipano

che ti fan veglia dall'ombra dei fossi

ma sono mille papaveri rossi.


Fabrizio De Andrè

lunedì 3 novembre 2008

Se...

Se poi un giorno scriverò, sarà
perchè le parole non sono più così importanti e  i ricordi, accampati ai
margini del tempo, avranno perso di significato. Quindi mi siederò e appoggiati
i gomiti sul tavolo inizierò a riversare sulle pagine quello che è stato. Senza
freni o inibizioni, provando a non rompere il filo e a seguirlo per  imparare il suo percorso e farlo mio.

domenica 2 novembre 2008

Ferrari: il sogno, il grande incubo

Massa è in pole, terza volta di fila, nel circuito di casa.  Deve vincere e sperare. E' indietro di
sette punti. Ad Hamilton  basta il quinto
posto per agguantare il titolo.


Si parte. Piove, non piove. La
questione è tutta lì, pit stop, pneumatici che provano a star dietro ai
capricci del tempo. Hamilton dà l’impressione di poter amministrare, senza
colpi di testa e senza entusiasmare. Bazzica intorno alla quinta posizione fino
a quando Vettel lo sorpassa a due giri dal termine. Il pilota britannico vede
sfilargli a fianco il titolo mondiale. Come l’anno scorso. Chissà cosa si pensa
in quei momenti. Pochi chilometri, gli sforzi del pilota McLaren sembrano
inutili. Massa taglia il traguardo, braccio alzato, missione compiuta. L’ultimo
giro è sotto la pioggia, Glock su Toyota,
con gomme d’asciutto, deve rallentare,
Hamilton lo supera all’ultima curva. E’ 5°, suo il titolo mondiale.  Nel box Ferrari non si rendono subito conto di
quanto è accaduto, i festeggiamenti sono spenti da un’amara doccia fredda. Il
box McLaren vive il rovescio della medaglia, dal buio alla gioia incredula.


Il finale era già scritto.
Hamilton sette punti avanti doveva solo sconfiggere
i fantasmi del passato. Dalla sua ha un ruolino di marcia da schiacciasassi: 34
gare, 26 piazzamenti nei primi 5, 2 ritiri.


Questo finale, aperto, emozionante
aveva riportato tutto in gioco, aperto porte  che sembravano
sprangate. La non vittoria di Massa ora ha un sapore  più amaro, i se e i ma assumono peso. La non
sconfitta di Hamilton diventa più preziosa. Questione di una curva, di acqua
che cade nel momento sbagliato. 

mercoledì 29 ottobre 2008

Un giorno di fuoco

- raccolta di racconti-
Beppe Fenoglio


Gallesio è il protagonista del
più grande fatto accaduto prima  della guerra d’Abissinia. Spara. Fredda il
fratello, il nipote e fugge in strada dove colpisce il Parroco. Infine si
barrica in casa. Le camionette dei carabinieri salgono su per la stretta strada della collina. A San
Benedetto si sentono gli spari che si succedono lungo il giorno. La gente si fa portare su per
assistere al fatto.


La giornata è vista con gli occhi
di un bambino, ospite della zia. Assiste
agli sfoghi dello ziastro che pensa che Gallesio tutti i torti non ce li ha se
sono vere le voci che circolano. Il fratello gli ha fatto un prestito da usuraio.
Spinto dalla moglie, ha preteso la restituzione. Quando Gallesio,  per aggiustare le cose, pensa di sposare una
ragazza che ha un inclinazione per lui e
pure delle sostanze, il parroco sconsiglia la ragazza. Così l’unione va a monte
e i campi son perduti. Lo ziastro vorrebbe andare su a vedere che succede ma la
zia non vuole. Certo, ha superato la guerra però andare a morire per una pallottola
che non si sa nemmeno chi dir grazie, non avrebbe senso. La zia non può
mandarlo nei campi a causa degli spari.


Passa una vecchia che bada a una capra,
si ferma per dire che proprio non pensava Gallesio facesse quella fine. Avevano ballato,
insieme, a una festa una quarantina d’anni prima. Non sembrava il tipo. Quanti
anni ha Gallesio? Quasi sessanta. Ma allora è un altro. Chi è Gallesio? E’
veramente importante dargli un volto? No,
la tragedia si consuma. Vede persone
curiose, preoccupate, pronte: a sfruttarla, a intuirne il finale, a
scansarsi. Si giostra nella Langa, lì
dove la nostalgia prende le forme di una corriera che ogni sera arriva da Alba,
il Bormida già sputa sangue e impedisce all’erba di crescere e lo sguardo è rivolto all’insù, almeno per
un giorno.

pagine y pagine

Ci sono libri che quando finiscono
nelle tue mani iniziano  a raccontarti una storia, la loro storia che va
al di là di quello che racchiudono e li fa essere, in qualche modo, unici. Un giorno di fuoco
- Fenoglio - stampigliato in bella vista sulla copertina c'è Einaudi Un'occasione
di lettura.
All'interno un adesivo con l'indirizzo della libreria e Scampato
all'alluvione del Ticino 7 novembre 1994.
Ho pensato che era un motivo in
più per prenderlo. E' come se avesse una vita sua, fatta di prove che ha
superato per giungere fino a me e in qualche modo anche io ho superato una
prova, incontrandolo, tra mille altri, sulla bancarella di un mercatino delle pulci.

lunedì 27 ottobre 2008

Passaggi di tempo

Philippe RImg811_2avassard ha una macchia
sulla gamba che si allarga giorno per giorno, la fa analizzare e scopre che contiene
la data della sua fine. E’ un giorno vicino, troppo. Deve sistemare le cose
per Celine.


Si trasferisce nella filiale
di L., in un ufficio uguale a quello che ha lasciato. E’ lo scenario che cambia.
L. è una città coloniale, qui Philippe incontra una giovane donna che diventa
la compagna delle sue notti, cerca una persona a cui lasciare le sue disposizioni
testamentarie, incontra Fernando Ramirez Y Nebòd, notaio, uomo privo di passioni
che conserva ricordi insufficienti a farlo addormentare.


Fernando propone,  a Philippe, uno scambio. Il tempo nuovo di uno, in cambio dei  ricordi avventurosi  dell’altro. Il tempo nuovo naturalmente vale di più. E’
un contratto, non hanno nulla da perdere. Il francese accetta. Gli incontri
avvengono a casa del notaio. Philippe racconta e mano a mano che le parola
escono dalla sua bocca, non sono più sue. Un canale dove non ci sono più i
topi, Catrame e Veleno, l’acqua preda oscura. Fernando si accorge, sorpreso,
che il contratto funziona. Ora quei ricordi sono suoi e insieme altri che ha
sono intravisto, come una risonanza, un eco che raccoglie più di quanto si
aspettava.


Philippe accumula settimana di vita, poi si ripresenta a casa di
Fernando, racconta di una creatura
avvistata in una baia, di una corrente misteriosa, fa i conti con la memoria
che lo tradisce, perde pezzi di sé. Non ricorda i termini tecnici necessari per
il suo  lavoro, come si gioca a scacchi. Continua
però a tenere una corrispondenza con un amico rimasto in Francia, condivide con lui le  incertezze riguardo il futuro.


Lo scambio
prosegue fino a quando le storie vengono narrate a due voci perché l’uno senza
l’altro non saprebbe proseguire e infine  la sensazione di un racconto onirico e amaro
in cui mancati incontri e inaspettate occasioni muovono il destino dei
personaggi in scena.


Passaggi di tempo
Andrea Ferrari
Fazi - 2007-


ç*ç*ç*ç*ç

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giovedì 23 ottobre 2008

*__*

Il
giovane principe decise di ascoltare. Si sedette sul trono. Dispiegò il soffice
mantello, appoggiò un gomito sul bracciolo, la testa sul gomito e chiuse gli
occhi. Poi disse: - Sono pronto.


Non
servì altro. Il vecchio precettore fece un cenno al valletto. La porta si aprì.
Iniziò una danza di storie e persone giunte da ogni parte del regno per
prendere parte a quello storico giorno, il primo dacché si ricordi, in cui  veniva data libera udienza a chiunque si fosse
presentato dinanzi al palazzo.  Una
contadina e la sua bambina varcarono la soglia per prime. Vestivano abiti vivaci,
color del sole estivo e profumavano d’erba, di fiori appena sbocciati e di
vento. Si inchinarono in modo aggraziato. (1)

-*-*-

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*-*-*

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martedì 21 ottobre 2008

Un pianeta è per sempre

Forse è il caso di  organizzare una missione diplomatica e spedirla
al nord, per spiegare al Polo che la sua mania di sciogliersi è veramente
inopportuna. Ci sono la crisi mondiale, l’insicurezza globale. Non si può pensare
anche a lui. Il ghiaccio è intelligente. Gli si spiega la situazione. Si
chiede una proroga di un anno, un anno e mezzo. Dovrà pur concederla. Così un
problema è risolto.


Poi  una
bella ramanzina agli orsi polari. Hanno la pessima abitudine di farsi  riprendere, spaesati, mentre saltano da un
pezzo di ghiaccio all’atro. Egoisti, ecco quello che sono. Non capiscono che i
tempi sono cambiati e anche loro devono
riciclarsi. Prendano esempio dalle foche, il futuro è nelle pellicce.


Prima di tornare alla base, si potrebbe
fissare un incontro con i fiumi. Te li raccomando quei così lì, sembrano tanto tranquilli,  gli prendono i cinque minuti e vanno
dappertutto. Senza avvisare, stabilire turni, accordarsi sul periodo. Cribbio,
siamo in un paese civile. Non si può esondare così, dalla sera alla mattina.


Una parolina ai boschi, per
dissuaderli dall’incendiarsi quando la gente va in vacanza, dei tornado si
occupa l’America.  Fatto questo, fatto
quello, si può tornare a casa e dormire il sonno dei giusti.


Per contare i danni c’è tempo.


O no?

martedì 7 ottobre 2008

Sera

Dicono che è il momento più
difficile. Il buio si posa sulla terra e rimane solo la luce della lampada a
farmi compagnia.  La prima notte l’ho tenuta accesa.


Un paese ci vuole anche solo per starne lontano.  Perdersi
in un odore che te lo ricorda. Pensare: tornerò e sapere  che è una
promessa sul punto di scadere.


Ho provato a mantenerla quella
promessa e ora sono qui.


Provo una certa emozione.
Non  è più il mio paese. Non lo è più per nessuno ormai da molto tempo. La
strada passa tre chilometri a valle,  poi inizia la mulattiera insidiata
da rovi e sterpaglie.  La corriera mi ha lasciato alla svolta. Mi sono
incamminato, trascinando il borsone. Arrivato in prossimità delle prime case mi
sono fermato.  Tento di riprendere fiato e infine guardo.  La
giornata è serena, l’aria frizzante. I miei occhi sono pieni delle immagini che ho raccolto quando me ne sono andato. 

domenica 5 ottobre 2008

Juventus - Palermo 1-2

Toc - Toc C'è nessuno?


Se stamattina mi
avessero detto che il Palermo avrebbe vinto, avrei pensato - no, non è
possibile.


I rosanero non sono avversari facili, io però confidavo nel fatto che la Juventus, punta, in settimana,
nell’amor proprio, dimostrasse il suo valore. Dopo la partita di martedì in
Champions riagguantata per le orecchie, dopo tre pareggi, con un attacco
stellare solo sulla carta e dubbi che sembrano voragini – pensavo- ecco, adesso
fa vedere quanto vale, raschia il barile, tira fuori il carattere. L’ha fatto
tante volte, è il suo cavallo di battaglia...


Invece... No.  Oggi è andata diversamente, il Palermo si
porta in vantaggio, la Juventus
lo raggiunge, Sissoko è nervoso, i bianconeri provano il sorpasso e finiscono al palo. Si può parlare
del rigore negato a Del Piero, della sfortuna, degli infortuni. Negli occhi
rimangono le immagini di una partita opaca. I bianconeri sembrano i primi a non
crederci, prigionieri di vorrei ma non posso, incerti, quasi tramortiti. Lo
stop arriva a proposito, ora è tempo di riflettere, ritrovare condizione e
motivazioni, decidere se giocare a calcio o essere spettatori, inermi, di un
destino scritto da altri.

giovedì 2 ottobre 2008

Le ragazze di San Frediano

Vasco Pratolini con una scrittura
svelta ci accompagna nel romanzo. Primo dopoguerra, San Frediano, borgo popolare di Firenze. Aldo Sernesi è un
giovane che nella vita ha sempre saputo fare i suoi interessi pur senza schierarsi. Somiglia all’attore
Robert Taylor, le ragazze iniziano a soprannominarlo Bob, stravedono per lui
che orgoglioso percorre le vie del borgo, il suo regno, consapevole di poter
essere, solo lì, qualcuno.


Bob corteggia, conquista, gioca
con le ragazze come con il boccino del
biliardo, attento a non spingersi oltre per non incorrere nelle ire di padri e
fratelli. E’ un vigliacco. Gina, vicina di casa, amica, è l’unica con qui si spinge più in là, salvo poi
abbandonarla per dedicarsi a Tosca, figlia del borgo,
impagliatrice di sedie, sincera passionale, giovane fidanzata che vorrebbe fargli mettere la testa
a posto. Ma Bob non può scontentare nessuna quindi corteggia la sartina
Silvana, si incontra con Bice e guarda, senza rimorso, al declino di Mafalda,
vecchia fiamma, che dopo il suo abbandono si dà alla bella vita.


Le ragazze di San Frediano
sembrano aver perso il loro carattere orgoglioso. Subiscono le bugie di Bob,
vengono prese e lasciate, ignare le une
delle altre. L’autore non lesina giudizi, commenti, in questo racconto
appassionato in cui rappresenta la sua città, la sua gente, con amore e
partecipazione. Bob si sente sempre più forte, non nota i segni del
cedimento, non capisce di aver tirato troppo la corda. Le ragazze, scoperti
i suoi imbrogli, una sera, lo affrontano
costringendolo a scendere dal trono.

lunedì 22 settembre 2008

Panchine

Giovedì sentivo il bisogno di una
fuga. Sono entrata in libreria. Avevo un piano di evasione in tasca,
speravo di trovare un libro che mi aiutasse a realizzarlo. Dopo molto
girovagare, quando pensavo di gettare la spugna, ho trovato lui:


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  • Panchine

  • Come uscire dal mondo senza uscirne

  • di Beppe Sebaste

Laterza

mercoledì 17 settembre 2008

Juve, Bentornata!!

Juve - Zenit 1-0


La Champions è il salotto
buono d’Europa, fino a qualche anno fa, un circolo esclusivo a cui accedevano
solo le prime della classe. Ora il giro di inviti si è allargato, restano le
insidie, nascoste dietro ogni partita. Non conta il blasone, servono l’impegno,
il carattere, si scende in campo dando
tutto e qualche volta non basta.


La Juve attendeva questo momento
da due anni e mezzo, i giocatori ci tenevano a far bene, i tifosi li hanno
seguiti, amati, condividendo la difficile ricostruzione. Le inquadrature sugli
spalti rimandano le immagini di un calcio pulito, formato famiglia, dove
persone di ogni età si riuniscono per ricominciare a sognare. Ranieri è in
panchina, si muove con aplomb inglese e una cravatta buffa. Fischio d’inizio. La
partita è difficile, lo Zenit un avversario scomodo. Ci si batte su ogni
pallone, la tentazione di sparecchiare avanti fa perdere di incisività però la
partita è equilibrata. Al ’31 Camoranesi
esce zoppicando, è una brutta tegola per i bianconeri che ne risentono,
costruiscono meno, subiscono il gioco degli avversari. Il secondo tempo
riprende sulla falsariga del primo, l’equilibrio rischia di incrinarsi, i
bianconeri sembrano avere paura. I commentatori rai iniziano a discutere sulla
possibilità di firmare un pareggio, conveniente o meno? Capitan Del Piero rompe gli indugi, conquistato un fazzoletto di terra, fa partire una punizione
delle sue, biglietto di sola andata, dritto in rete. E’ il ’75 tutti a
esultare, Pinturicchio si cimenta con una capriola strepitosa, sembra tornato
bambino.


La Juventus riprende a farsi avanti, si rende pericolosa, la difesa gestisce con sicurezza
gli affondi avversari.  Il fischio
dell’arbitro sancisce la vittoria bianconera.


Negli occhi di Buffon,
intervistato a fine partita, si legge la lunga strada  del ritorno, vissuta con leggerezza, amore e
la consapevolezza di quanto può essere difficile precipitare dall’azzurro cielo
di Berlino alla serie B, senza paracadute, facendo i conti con una carriera che
dura pochi anni, le aspirazioni e l’attaccamento alla maglia.


La vittoria contro lo Zenit  è una tappa
importante, gioiosa, di una stagione che
inizia oggi.

domenica 14 settembre 2008

Cherasco

Vedo le prime caldarroste in un giorno che prova a essere autunno, il sole si
nasconde tra le nuvole e si porta addosso un dubbio di pioggia. Per i venditori
la sveglia è suonata presto, nel cuore della notte. Le bancarelle sono montate,
i primi cacciatori si muovono, guidati da
una pila,  tra i banchi, pronti ad
agguantare l’affare. Poi gli altri, quando è giorno fatto e l’acqua caduta tra
le 6,30 e le 8,00 è uno scoglio superato. C’è chi ha un obiettivo chiaro in
testa e rischia di perdere il resto, chi si muove tra strade e ricordi. L’incanto
d’un tempo che fu, posato sugli occhi. Vecchie  fotografie riprendono vita cancellando gli
anni e la patina d’un secolo. Siamo nel 1903, riaffiorano ponti e scene di vita
domestica a tre dimensioni. Oggetti da spiegare, zoccoli, ciastre, piatti, quadri,
libri vecchi e nuovi.


Trovato! Tra mille titoli, quello
giusto. Una telefonata per avere la conferma. Sorpresa riuscita. Manca. Proprio
lui. Ora non più. Un pezzo per arredare casa, una vecchia cartolina,  un gioco. Passi, strada dopo strada ti accorgi
che è più piccolo del solito. Delusione mista alla sensazione che questa volta
riuscirai a vederlo tutto. Occhi frugano, osservano, scrutano, attenti a non
perdersi. Per caso avete… Sto cercando… Quanto viene… frasi che volano come aquiloni, ritmano il tempo, lo
disegnano. Il ritorno con qualcosa che non si cercava, cullando la sorpresa.

giovedì 11 settembre 2008

 


E' come quando fuori piove e tu
rincorri il sole, incurante degli sguardi di chi non capisce o, piegato sulla
borsa, cerca l'ombrello pensando che serva per ritrovare il sorriso.

V.

Venezia è una città che rischia
di spegnersi per far posto al museo. Molte case rimangono al buio di sera,
103_0399
ricordano persone che se ne sono andate,
un luogo che forse è meta ma non traguardo.


E’ un incanto che si vive nel
profondo, mentre il traghetto si avvicina al
la 103_0544_3
riva e le
immagini si fanno più
nitide. E’ una terra sospesa, conquistata palmo a palmo, che non ha perso la
sua ostinata indipenden
za. 118 isole collegate da ponti e il c
anal grande, la strada principale. Tutto è
fatto a misura di un acqua
che periodicamente prova a tornare padrona. E’ scomoda Venezia, un saliscendi, la ricerca
di un ponte,
l’acqua alta. E’ generosa con chi si addentra per le calli e poi
si perde, ma103_0573_2 solo per un momento, fino a che svoltato l’angolo rimane
affascinato da uno scorcio, da un attimo di insolita, deliziosa, imperfezione.
Mi scopro sola, le voci scorrono lontane, non voglio rompere il silenzio, solo
farne parte, almeno per un po’. Mi muovo tra luci e ombre e ho l’impressione di
non volerne uscire più.

giovedì 4 settembre 2008

in punta di piedi

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                                                  La nostalgia che si
deve ai
ricordi è lieve come i sogni, cattura senza ferire, conquista senza
appassire.               


 


 

mercoledì 3 settembre 2008

fermo immagine

Quelle persone non avevano volto,
voce, nulla che li riconducesse alla vita più del vento che  sferzava i
loro visi, eppure era vive.  Avevano desideri,  gioie, dolori,
pensieri, che li tenevano sospesi, leggeri come nuvole rattrappite sulla terra,
percorse da brividi e silenzi.


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domenica 31 agosto 2008

Campionato in chiaro scuro

Si è sfiorato il buio, un tuffo
indietro 50 anni. Lo spettro di un calcio vissuto solo a pagamento. Poi, in
extremis, l’accordo. Tornano trasmissioni storiche come 90° minuto e Stadio sprint,
si salva la radiofonica Tutto il calcio
minuto per minuto.
Potremo risentire
Clamoroso al Cibali
e le voci concitate di chi prova a farci vivere le emozioni
di una partita solo attraverso le parole.


Prima giornata, le squadre, date
per favorite nella lotta scudetto, soffrono, si muovono  tra pareggi e sconfitte.



La
Juve giunta a un passo dai tre punti, sul difficile campo
della Fiorentina, si arrende al ’89. I bianconeri godono della superiorità
numerica, sembrano avere in mano la partita. Il  pareggio però
aleggia, minaccioso, nell’aria. La Juve
è ancora in vantaggio. Prandelli  ci crede ancora
. Sento la
radiocronaca e spero arrivi presto il ’90. Gilardino sigla il goal
viola.  Resta il rammarico, forte, per due punti persi.


Con l'inizio del campionato, torna
la violenza fuori e dentro gli stadi. Un treno devastato, passeggeri con
biglietto costretti a scendere per far posto agli ultrà. Ferrovieri feriti. Petardi, fumogeni, cancelli divelti. Scene che sgomentano, rabbia e paura per la violenza subita, il senso di impotenza di fronte a un fenomeno che sembra non conoscere freni ne vergogna. Vien voglia di chiudere qui.


venerdì 29 agosto 2008

Mistero buffo forse ha trovato casa.

Tiago, della Juventus dal 2007 , sembra
destinato a partire. La campagna acquisti dell’anno scorso si era
caratterizzata per un abulica inutilità
che aveva attirato critiche da addetti ai lavori e tifosi. Sfortuna, scelte
errate, congiunzioni astrali negative, quale che fosse la ragione: Tiago,
Andrade e Almiron  non hanno lasciato il
segno. Almiron ha già fatto le valigie, Andrade è convalescente dopo un brutto infortunio. Tiago no, è rimasto, fino a
ora, tra coloro che stan sospesi. Nei primi giorni di raduno i compagni di
squadra e il mister si sono prodigati nello spiegare alla stampa quanto il
giocatore portoghese fosse bravo. Tutto gli riesce bene in allenamento, fa cose
che lasciano a bocca aperta, con il tempo anche in campo e farà ricredere i
critici. In quel momento non capivo bene se fosse una mossa della squadra per
venderlo meglio o se Tiago fosse vittima di un oscuro sortilegio che gli
impediva di rammentare come si gioca a calcio quando è impegnato in gare
ufficiali. Poi, quando l’ho visto, in una delle tante partitelle estive,
sparacchiare un rigore in braccio al portiere avversario, mi sono messa il
cuore in pace. Se di mistero si tratta è buffo, irriverente e può trovare soluzione altrove. Mistero buffo
può vantare ancora dei corteggiatori preda di cieco amore o di sbiaditi ricordi
. Lì ha respinti per questioni di ingaggio e geografia. Il Monaco è l’ultimo in
ordine di tempo ad aver fatto una
proposta, spero che Tiago accetti. Sono pronta a sventolare il fazzoletto. 


 


PS


la Juventus


torna a vivere
l’Europa, affascinante e complicato il cammino che le si prospetta dopo l’estrazione dei gironi Champions.

giovedì 28 agosto 2008

binario n. 1

Il fumo si infila controvoglia
nelle narici. Una brezza leggera accarezza la pelle.   100_9552
  Un uomo percorre più volte la banchina. Fuma una sigaretta e
punta gli occhi sui volti degli altri viaggiatori. Non nasconde l'ansia che
lo muove. Il cielo è colorato di un pallido azzurro, si prepara al giorno che
sta nascendo. Le automobili si muovono lontane.
Volano parole e risate, si incontrano facce perse in sonni interrotti, sguardi
rapiti dai binari.
Una voce, dall'alto, annuncia l’arrivo del treno.  L'attenzione è rivolta al binario n. 1. Ci si sporge sperando di vederlo per primi ma
non è ancora il momento. Il silenzio viene interrotto dal picchiettare di un trolley
sui mattoni. Due ciclisti, convinti di non arrivare  in tempo, sbucano trafelati dalla stazione.
Infine il treno, i fanali accesi, l'incedere indifferente e maestoso. Signori
in carrozza, si parte.

mercoledì 27 agosto 2008

Non è prudente, non è sicuro..

Campeggiare in una zona isolata,
uscire da soli la sera, viaggiare da soli , abitare in una casa isolata, non
serrare bene la porta, abbandonare per troppo tempo la propria casa,  girare in certe parti delle città, usare alcuni
mezzi pubblici, fidarsi degli sconosciuti  … e poi?


Quante sono le regole che
dobbiamo rispettare per poterci sentire prudenti, al sicuro?


Tante, troppe, secondo me. Ci si
adegua per necessità, spesso con rassegnazione, a una lista che si fa sempre
più lunga. Penso sia importante continuare a indignarsi per fatti gravi come quelli accaduti in questi giorni a Roma e Napoli, combattere nel nostro quotidiano per  non darla vinta a chi usa solo il linguaggio della violenza e condiziona le nostre vite, le limita, mentre noi viviamo con  l'impressione di un'effimera sicurezza.   

martedì 26 agosto 2008

by train

Spesso viaggiare in treno si rivela un
avventura. Sali  senza sapere bene cosa ti aspetta.
Trovi un vagone
pulito, il posto prenotato, l’aria condizionata che funziona, un tavolino su
qui appoggiare il giornale, la fortuna di un intercapedine su misura per il tuo
trolley. Pensi a un sogno.
Ti risvegli su un vagone  sporco, inizi a ispezionare i sedili alla
ricerca di uno solo un po’ meno  disastrato.
Incontri macchie, briciole, aloni, poi ti siedi,  non hai voglia di stare in piedi per un’ora e
più su un treno quasi deserto. Dall’altro lato  si accomoda  una ragazza che decide di cambiarsi d’abito,
un cane le fa compagnia. Passano i minuti, cresce il disagio, ti chiedi perché il treno,  vacilla l’ottimismo che ti ha accompagnato fino a quel momento. Scruti
gli angoli sperando che nulla si muova. Conti i minuti incapace di apprezzare
il paesaggio che ti scorre a fianco. Neppure l’ombra di un controllore. Quando si  giunge a destinazione, tiri un sospiro di sollievo e provi a ricucire il
filo del buon umore.
Sali sul convoglio  in ritardo di un quarto
d’ora, scendi e il ritardo è salito a 35
minuti. Il tempo di fare il cambio e cercare un’obliteratrice funzionante, su e
giù per le scale, riconoscente a una persona che si offerta di dare un occhiata
alla tua valigia, poi l’avventura volge al termine, sei a casa.
Disagi, sporcizia, ritardi sono
compresi nel prezzo, generosamente elargiti sulle tratte nazionali. Ai viaggiatori non resta che
prepararsi a collezionare momenti indimenticabili. 

mercoledì 13 agosto 2008

Oro 200

Non ho puntato la sveglia anche
se il pensiero andava ai 200 sl e a Federica Pellegrini. Ero curiosa di sapere
come si sarebbe comportata dopo la delusione nella finale dei 400 sl e il record mondiale conquistato,
poche ore dopo, nei 200 sl. Oro, sfavillante, coronato da un record mondiale.
Bello anche se di mattina, per l’Italia le 4,15 di notte. Su di me ha vinto il sonno. Magnini non si
qualifica  per la finale dei 100 sl, nono
tempo, primo escluso. La staffetta italiana 4 x 200 si posiziona a un passo dal
podio. Phelps vince il 5  e diventa un po’
scontato. Sinceramente noioso. Beato lui.


Sanzo conquista la semifinale dopo il minuto di spareggio
contro un fiorettista francese.   Cassarà, rimontato da un atleta cinese, si
ferma ai quarti.


Tira aria di ritiro fomentata,
spesso, da risultati deludenti. Laure  Manadou  star nelle piscine e fuori  non è abituata ad arrivare settima o ottava. Non
si diverte più.


Montano, fermato, ieri,  nella sciabola, agli ottavi si chiede se sia
giusto smettere mentre la delusione è ancora cocente e si prepara per la gara a
squadre.


Olimpiade ogni 4 anni, terra di
stelle improvvise e di artistici pianeti
ove emergere è una qualità, ripetersi un peso più grande.


La Vezzali ha conquistato la
terza medaglia d’oro in tre edizioni consecutive, è la signora del fioretto. Sale
in pedana e le si vede negli occhi la voglia di primeggiare nonostante lacrime
o avversarie.


 

lunedì 11 agosto 2008

arco d'argento

Gli azzurri affrontano i coreani nella finale di tiro con l’arco a
squadre. I coreani sono gli uomini da battere, su sei olimpiadi hanno
conquistano 4 medaglie d’oro, partono in maniera sfolgorante. L’Italia non  si perde di coraggio, tende l’arco e scaglia
le sue frecce, recuperando un punto dopo l’altro. Arriva, prima dell’ultima
serie da tre, ad agguantarli. Sono a pari punti. La via da seguire è gialla, si
muove tra il 9 e il 10. Il rosso arriva come uno schiaffo e il 7, ultimo tiro
azzurro, diventa una condanna senza appello.


Vince la Corea, gli azzurri
conquistano una medaglia d'argento, mescolata a qualche rimpianto, per un sogno solo
sfiorato. 

giochi in corso

Le olimpiadi si
muovono in fretta
tra speranze e delusioni. L'Italia ha nel carniere 4 medaglie, sul gradino più alto è salito Tagliariol oro nella spada. Argento per Rebellin, bronzo per la Guderzo nella prova su strada di ciclismo e argento per Peliero nel tiro a volo. Terzo giorno di gare. La Pellegrini non
riesce a ripetersi nella finale dei 400 sl, il tempo registrato ieri le
avrebbe garantito la medaglia d’oro, oggi la delusione del quinto posto.  Le finali di nuoto si disputano al
mattino. Questa novità è stata adottata per consentire alle televisioni
statunitensi di trasmettere in prima serata le performance di Phelps,
uomo con un obiettivo ben chiaro in testa: conquistare più di 7 ori,
tutti in un olimpiade. I nuotatori italiani esprimono una certa
difficoltà nel gareggiare di mattina. Sono stravolti ritmi e
preparazione. Difficile per tutti e novità un po’ indigesta come tutte
quelle che vengono imposte. Le fiorittiste incantano, i tiratori con l'arco stanno per affrontare la finale.


L’Olimpiade per qualcuno è un
sogno, inseguito per anni, coronato per il solo fatto di essere lì. Fedeli al
motto di De Coubertain. Per molti è una delle tante competizioni segnate  sul calendario, più carica di tensione perché è
solo ogni 4 anni e sale il rischio di fallire. Olimpiade, un tempo, era zona
franca, forte abbastanza per sospendere le guerre, attirare l’attenzione del
mondo distraendolo dal quotidiano. Oggi non è più così. Sono tanti gli
interessi che si muovono attorno a questa competizione, le strumentalizzazioni,
le polemiche.


Una studentessa che ha tentato di
mostrare la bandiera del Tibet, durante una gara, è stata portata via a forza. Un
iraniano non gareggia, in una batteria ove si trova anche un nuotatore
israeliano, il “caso” viene chiuso con un’improvvisa indisposizione e il peso
di un ombra, l’ennesima, posata sui giochi. 


Un atleta georgiana e una russa,
si abbracciano prima di salire sul podio. Ci si scopre commossi osservando
queste donne,  pensando al dramma che vivono
e alla serenità con cui compiono il loro segno di pace. La speranza è che i
giochi siano questo, l’esempio, il lato buono del mondo. Solo una speranza in
balia degli uomini. Quando però si realizza si capisce quanto possono essere belle
le olimpiadi.

sabato 26 luglio 2008

questione di un attimo

Damiago Cunego ha costruito la
sua stagione agonistica mettendo al centro  il Tour de France.  Si è dovuto ritirare giovedì scorso per i
postumi di una brutta caduta. Non è stata la sua corsa nemmeno per un giorno,
le speranze venivano di volta in volta rinviate, il confronto con gli altri
corridori si rivelava deludente. Gli obiettivi si facevano ogni giorno meno
grandi. Ha iniziato a cadere quasi subito,  perdendo secondi preziosi, salvandosi perché era
a meno di tre chilometri dal traguardo e i   tempi
venivano congelati, convivendo con le ammaccature. La cronometro della prima
settimana aveva creato ottimismo però sulle montagne non è mai riuscito a
essere competitivo. Il sogno di recupero accarezzato sul colle della Maddalena
si è dissolto in fretta lasciando un gusto  amaro. Giovedì dopo una trentina di chilometri
la ruota della sua bicicletta si infila in una canalina di scolo, fa un volo pauroso.
Si rialza a fatica, ha il mento ferito, la maglietta squarciata e vuole
continuare. Mancano 160 chilometri al traguardo, una vita. Sostenuto dai suoi
compagni di squadra  prosegue distanziato
venti minuti dal gruppo, con il timore di arrivare oltre il tempo massimo e il
desiderio di raggiungere Parigi. Un
ambulanza lo aspetta oltre la linea del traguardo.  Lì finisce la sua avventura al Tour, si ritira
per non compromettere la sua partecipazione alle olimpiadi.


Chavanel ieri ha coronato il
sogno di una vita. Lui, francese, primo in una tappa del Tour dopo  averci provato in mille modi. Oggi si decide
la corsa. Ultima tappa  a cronometro,
Evans è il favorito potendo vantare un miglior rapporto con le gare contro il tempo
però indossare la maglia gialla può far tirare fuori inaspettate. Sastre, primo
con un minuto e trentaquattro di vantaggio sull’australiano
ci spera.

venerdì 25 luglio 2008

Ballando nel mondo


I filmati di Matt Harding
spopolano sul web. Matt è un ragazzo americano che, lasciato il lavoro, ha
iniziato a girare il mondo e ballare, facendosi riprendere. Le immagini delle
sue performance, unite insieme compongono un allegro collage. Si passa
dall’America all’Europa per poi finire in India, Giappone e sottacqua. Qualche
volta trova la complicità degli indigeni e i balli diventano collettivi momenti
di allegria, non vi sono regole, si agitano mani e braccia, l’importante è
esserci. Il mondo sembra più vicino visto in questo modo.

mercoledì 23 luglio 2008

au revoir, Tour

La curiosità accomuna le persone
pronte a applaudire il passaggio dei corridori e, prima, a vivere l’esperienza Tour. E’ uno spettacolo, preciso,
organizzato, ripetuto ogni giorno su una piazza diversa. Al mattino la
struttura è già montata, si curano gli ultimi preparativi.


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La carovana pubblicitaria
parte quando mancano ancora due ore all’inizio della tappa . La sfilata è
aperta da un megafono e un ciclista di grandi dimensioni. Un auto a forma di letto
promuove un hotel, sfila la mucca che ride, personaggi intenti a leggere un
giornale, dolci, pneumatici, un film fumoso che uscirà a settembre, due
trampolieri, un leone gigante, una doccia imprevista re100_9223galata al pubblico, un
ciclista che va a mille subendo le urla del suo allenatore. La carovana è accompagnata da musica, saluti e bon voyage.
L’ultimo carro segnala che alla
partenza mancano 90
minuti. Aumenta il caldo,  si muovono i mezzi di stampa, radio e tv. Nel
pubblico si intravede una bandiera con impresso il volto dei fratelli Schleck,
dall’altro lato c’è il cartello di tifosi arrivati dalla Florida, vicino alla
partenza sostenitori di Cunego. Un fotografo cerca una
buona posizione per catturare il momento della partenza.


I minuti scorro100_9241no, le
persone assiepate dietro le transenne
iniziano a familiarizzare. Una signora prova a spiegare l’Italia a due ragazzi
portoricani. La festa è in pieno svolgimento quando giungono le 12,20. I
corridori sono posizionati sulla linea di partenza. Pronti, via. Si scatena il
tifo, gli applausi e le urla
risuonano nell’aria insieme a una certa eccitazione. Il gruppo procede a ranghi
compatti in corso Nizza, svolta in via XXVIII aprile e scompare dalla nostra
vista.  L’avvio ufficiale è da Madonna
dell’Olmo, poi Valle Stura, infine
Francia. Per un po’ si culla la speranza di veder Cunego recuperare posizioni  in classifica, poi si devono fare i conti con
una realtà diversa. 


 

martedì 22 luglio 2008

La carovana

Cuneo - 22 luglio 2008 100_8951100_8932100_9003
                                                                                        100_9054                                                                                                         100_9090100_9095
                         

lunedì 21 luglio 2008

Cuneo è gialla

Il Tour de
Fra
100_8888_2nce è arrivato, le bandierine
decorano le strade cittadine. Le vetrine dei negozi sono state allestite
in omaggio alla Gran Boucle. Oggi giornata di riposo. I corridori si allenano.
Gli addetti montano il Village, i camper delle televisioni, sistemati vicino
alla piazza sono pronti a trasmettere il segnale. Grandi e piccoli appuntamenti
hanno costellato questi giorni di attesa. Notte gialla, Venditti, artisti,
musica, visite, mostre. Ieri la corsa ha sfiorato Cuneo per poi dirigersi a Prato Nevoso. Questa sera  si esibiranno i comici di Zelig, ci saranno  concerti e  una  sfilata di maschere veneziane. 100_8900_2


In Santa Chiara  si ripercorre la storia del Tour per immagini. La mostra Il Tour e la sua storia nella fotografia dalle origini ai giorni nostri è aperta fino alle 23 e poi domani con orario continuato dalle 10 alle 23. Fa quasi tenerezza vedere le immagini prima in bianco e nero, poi a
colori, soffermarsi sui volti, sulle didascalie, scoprendo aneddoti che non si
conoscevano, provando la sensazione, almeno per un momento, di un  viaggio a ritroso, veloce quanto generoso di
emozioni.


Domani si ripartirà da Piazza Galimberti, la carovana gialla rientrerà in Francia  lasciando il ricordo di una tre giorni speciale

venerdì 18 luglio 2008

9.45

Si ripeteva ogni giorno alle nove
e tre quarti. Due trilli, poi il silenzio, oppure, se arrivava in tempo, una
storia. Mai uguale. Anche la voce cambiava. Se ne rese conto il quarto giorno, quando, avendo preso confidenza con il
mezzo, la ascoltò meglio. La campana della chiesa disegnava l’inizio e la fine.
Quindici minuti.  Non uno di più.


Se provava a fare domande,  cadeva la linea.   Aveva
l’impressione che la voce nascesse lontano e continuasse anche dopo che la
comunicazione si era interrotta. Come una nenia o un filo che proseguiva, si
riavvolgeva e riprendeva a dispiegarsi.   Paul iniziava a credere di non poter
rinunciare a quei racconti. Imparò a programmare la sua vita su quel momento.


Un
giorno gli parve di  respirare qualcosa di familiare. Era
lui che narrava la storia, o almeno, ciò che era stato. Avrebbe voluto fare domande
però voleva sapere e quindi aspettò. Un anno in quindici minuti. Una vita che
riscopriva diversa mentre le faceva posto nella memoria. Il mare, la paura, la mano di suo padre, il freddo, la risata che era sgorgata
quando lui l’aveva sollevato e messo, a
cavalcioni, sulle spalle. Non ricordava di aver litigato con Marcel quel giorno
che a calcio gli era toccato tirare il rigore.  Il quattro in matematica invece era come il
sole in cielo: puntuale.


Infine    la voce di un  ragazzo cresciuto che doveva scegliere la sua strada e
aveva trascorso un estate a scervellarsi su cosa voleva fare veramente, senza
tener conto dei consigli o della prudenza. Poi aveva ripiegato su legge.


Sophie era stata l’unica cosa
buona dell’università. L’aveva incontrata il primo giorno, in ultima fila,
sulla destra. Si erano messi a parlare fitto fitto per superare la noia, due
ore erano volate. Si erano  innamorati,
sposati e poi lasciati ma questo era solo un particolare.


Sophie era l’unica
cosa buona. Si chiese se fosse tortura o
piacere quanto gli veniva corrisposto ogni giorno sotto forma di parole e
intanto rideva, piangeva, si inquietava.
Quando sentì raccontare quello che aveva fatto il giorno prima,  brividi iniziarono a
corrergli lungo la schiena. Non voleva sapere di più.


Aprì la finestra e uscì.


Si sarebbe sorpreso, forse, ascoltando il silenzio.

giovedì 17 luglio 2008

doping, questo sconosciuto

Riccardo  Ricò è risultato positivo all’Epo di terza
generazione. Sospeso dal Tour de France, la sua squadra torna a casa. C’è chi
ha parlato di una giornata terribile,
ove ogni speranza di nuova vita, per il ciclismo, si è spenta. Altri hanno
espresso apprezzamento per la velocità con cui si scoprono gli atleti che fanno
uso di prodotti dopanti.


Quando accadono fatti come questi
le parole scorrono irrequiete in mezzo allo sgomento e alla delusione. Come in
un film si riavvolgono le immagini degli ultimi giorni e più di ogni cosa restano i ricordi a
rincorrersi e annullarsi in una lotta che incontra solo sconfitti.


L’ematocrito è alto naturalmente.
Quanta fatica ha dovuto affrontare per diventare professionista. Una settimana
di esami a Losanna e  poi il certificato.
Forse le Olimpiadi. Gli hanno esaminato un capello. In Francia non lo conoscono
ancora, per questo lo sottopongono a tanti controlli . Ricò come … a velocità
doppia sugli avversari… chissà cosa potrà fare… se non fosse per le cronometro…
Proprio lì segnò la sua condanna.


E’ un giorno come un altro.
Ancora nasceranno sogni e si spegneranno speranze sotto i raggi e nel cuore di chi segue questo sport. Però è difficile crederlo. Ogni
volta un pezzo di amore sparisce sotto il peso dell’inganno. Prima o poi
impareremo. Ciclismo? Usa e getta. Non servono legami. 

Penso che scrivere sia provare  a
spiccare il volo.
La prima volta 101_8008_2che provi hai  troppe cose addosso, conservi il dubbio di
aver dimenticato qualcosa. Poi, quando ti rendi  conto di non esser
riuscita ad alzarti da terra, parti con un riesame fatto di cancellature e
aggiustamenti.


Il motto è: alleggerire.

Nessuno ti dirà mai quanto, se hai raggiunto il punto, l'hai sfiorato o se hai
semplicemente sbagliato strada. Provi e speri che serva.
Vivi con il dubbio  e la speranza. Intanto rileggi, spesso ad alta voce.
Tenti di assaporare  ogni parola. Ti chiedi se anche quando sarà passata
la voglia ti piacerà ancora. Cerchi il segnale, quello buono per fermarti
e scrivere la parola fine,  consapevole che è solo l'inizio di una
nuova  avventura.

domenica 13 luglio 2008

Ricò si ripete al Tour

Pirenei. I ciclisti affrontano asperità dipinte con i colori della
leggenda. E’ il turno del col d’Aspin che, da solo, non sembra fare molta
paura. Dalla vetta al traguardo ci sono 25 km tra discesa e pianura.


Evans, uno dei favoriti, cade a
metà della tappa, si rialza ammaccato e prosegue cercando di limitare i danni.
Quando inizia l’ascesa al Col d’Aspin si capisce, quasi subito, che Ricò vuole
attaccare. Scatta, il gruppo si allunga, fa male, ma non affonda. Piepoli , suo
gregario, si porta in avanti a far l’andatura poi quando mancano 4  km alla vetta Riccardo Ricò da un’occhiata al
gruppo e parte, mani basse sul manubrio, in piedi sui pedali. Si muove a
velocità doppia,  scavalca avversari  uno dopo l’altro, l’obiettivo è Lang in fuga
dalla mattina, in testa alla corsa. Ricò muove  ritmicamente le spalle, lo sguardo celato dagli occhiali da sole,
concentrato, sembra non sentire la fatica.  Nella gente che assiste ai bordi della strada
c’è ammirazione e sostegno. Nei commentatori emerge il dubbio riguardo un’impresa
bella quanto, si teme, inutile. Era domani la sua tappa, quante energie
sprecate. Poi c’è la pianura, come farà da solo?


Passano i minuti e crescono le speranze. Il
ciclista italiano supera per primo il col d’Aspin. Ha un minuto e dieci di
vantaggio. Si getta in discesa e macina chilometri cullando un sogno che si fa
sempre più reale. Il distacco dagli inseguitori aumenta. Il gruppo sembra
incapace di trovare un accordo per un’azione comune. La musica in pianura non
cambia. Ricò taglia il traguardo in solitaria , le mani sul petto e poi al cielo, consapevole di quanto è
riuscito a fare.


Il cronometro segna un minuto e
17 secondi recuperati. Niente abbuoni, sono stati aboliti. Se non fosse per la
disastrosa cronometro, corsa in settimana, Riccardo Ricò potrebbe pensare in
grande. Le salite sono il suo pane. Cobra di Formiggine il suo soprannome. Il resto
lo scriveranno le prossime tappe. Siamo solo al nono giorno di una corsa in cui
emozioni, imprese, cadute e doping hanno trovato spazio. Il Tour rimane lo  strano imprevedibile spettacolo di sempre. E’ difficile rimanere
indifferenti.

lunedì 7 luglio 2008

Stand by - 3

2 parte qui


Aveva
messo su il latte, preparato la tavola poi si era seduto in poltrona  con
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in mano il giornale  del giorno prima. Prendeva appunti, faceva segni che
capiva solo lui. Sembrava stesse costruendo una mappa.  Il suono del
campanello ruppe la sua concentrazione. Non poteva essere la signora Recchi.
Aveva le chiavi. Guardò l’orologio. Troppo presto. Forse aveva dimenticato
qualcosa. Sperava di no.



Solo uno
squillo, doveva essere una persona educata. Lo spioncino rimandava l’immagine
di una donna bionda. Giovane. Chi? Era la prima volta che la vedeva. Si
sorprese a interrogarsi sulla sua identità e sul perché era lì. Aprì la porta
guardingo.


- Lei è il signor
Curti.


Niente
convenevoli, dritta al sodo. Ci mise un po’ a ricordarsi che non aveva messo
nessuna targhetta sulla porta. Realizzata la cosa si tranquillizzò. Si era sbagliata.


- No - disse,
anche lui diretto. Mi dispiace lo aggiunse per simpatia, vedendo la sua
faccia preoccupata.


- Scusi per il
disturbo


Stava per dire Nessun disturbo e buongiorno, mentre
accostava la porta, quando gli venne voglia di saperne  di più. La invitò
a entrare magnificandole le doti taumaturgiche di una bevanda calda nei momenti
di tristezza. Fu così che si trovarono seduti al tavolo della cucina a
condividere l’attesa di un caffè  restio a salire. In un silenzio vittima
di troppi pensieri sembrava non esserci posto per le parole.
Era come se sapesse già tutto. Anche quello che l'uomo le avrebbe detto.
«Non vale. Non così. Non adesso» Lo pensò soltanto. Si era messo  lui in
quella situazione.
    - Perchè il signor Curti?


Lo guardò, per un attimo incerta, poi scoppio a ridere.
   - Se le avessi chiesto del signor Rossi avrebbe fatto differenza?
Lei sa più cose di quanto è disposto ad ammettere. L'ho vista mentre lanciava
un occhiata preoccupata alla porta. Voleva vedere se aveva messo la targhetta.
Si è tradito.  Non  ho  capito perchè mi  ha fatto tornare
indietro.  Poteva sbarazzarsi di me facilmente.  Pensavo fosse
diverso. Mi avevano detto che era un uomo in gamba.

-  Guardi che io...


  - Abbiamo
perso tempo. Meglio fermarci qui non crede?
A quel punto la donna si alzò, rovistò per un attimo nelle tasche e
depositò sul tavolo un pezzo di carta poi uscì, senza dare altre spiegazioni.

Il tutto era durato pochi minuti.

L'uomo poteva riprendere il suo percorso. Anche la caffettiera sembrava aver
messo giudizio e grondava un liquido denso e profumato, ignorato, mentre
scendeva a ricoprire il gas.


Non si era mosso, neanche più una
sillaba a rompere quelle accuse, fargli trovar pace nel silenzio. Prese in mano
ciò che aveva lasciato la ragazza. Era un vecchio ritaglio di giornale in
bianco e nero. Nitido nonostante gli anni. Un uomo e una donna sorridenti
guardavano verso l'obiettivo. Primavera tradita dalle rose, l'anno non lo
ricordava. Sapeva che era lui con qualche capello in più e vivo. La donna, una
ferita che non si era ancora chiusa. Guardarla era un viaggio a ritroso che non
voleva compiere. Gli venne voglia di strappare tutto, in fretta, rimuovere e
andare avanti. Si limitò ad accartocciare il pezzo di carta e buttarlo da una
parte. L'odore di caffè abbrustolito lo riscosse.