lunedì 7 luglio 2008

Stand by - 3

2 parte qui


Aveva
messo su il latte, preparato la tavola poi si era seduto in poltrona  con
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in mano il giornale  del giorno prima. Prendeva appunti, faceva segni che
capiva solo lui. Sembrava stesse costruendo una mappa.  Il suono del
campanello ruppe la sua concentrazione. Non poteva essere la signora Recchi.
Aveva le chiavi. Guardò l’orologio. Troppo presto. Forse aveva dimenticato
qualcosa. Sperava di no.



Solo uno
squillo, doveva essere una persona educata. Lo spioncino rimandava l’immagine
di una donna bionda. Giovane. Chi? Era la prima volta che la vedeva. Si
sorprese a interrogarsi sulla sua identità e sul perché era lì. Aprì la porta
guardingo.


- Lei è il signor
Curti.


Niente
convenevoli, dritta al sodo. Ci mise un po’ a ricordarsi che non aveva messo
nessuna targhetta sulla porta. Realizzata la cosa si tranquillizzò. Si era sbagliata.


- No - disse,
anche lui diretto. Mi dispiace lo aggiunse per simpatia, vedendo la sua
faccia preoccupata.


- Scusi per il
disturbo


Stava per dire Nessun disturbo e buongiorno, mentre
accostava la porta, quando gli venne voglia di saperne  di più. La invitò
a entrare magnificandole le doti taumaturgiche di una bevanda calda nei momenti
di tristezza. Fu così che si trovarono seduti al tavolo della cucina a
condividere l’attesa di un caffè  restio a salire. In un silenzio vittima
di troppi pensieri sembrava non esserci posto per le parole.
Era come se sapesse già tutto. Anche quello che l'uomo le avrebbe detto.
«Non vale. Non così. Non adesso» Lo pensò soltanto. Si era messo  lui in
quella situazione.
    - Perchè il signor Curti?


Lo guardò, per un attimo incerta, poi scoppio a ridere.
   - Se le avessi chiesto del signor Rossi avrebbe fatto differenza?
Lei sa più cose di quanto è disposto ad ammettere. L'ho vista mentre lanciava
un occhiata preoccupata alla porta. Voleva vedere se aveva messo la targhetta.
Si è tradito.  Non  ho  capito perchè mi  ha fatto tornare
indietro.  Poteva sbarazzarsi di me facilmente.  Pensavo fosse
diverso. Mi avevano detto che era un uomo in gamba.

-  Guardi che io...


  - Abbiamo
perso tempo. Meglio fermarci qui non crede?
A quel punto la donna si alzò, rovistò per un attimo nelle tasche e
depositò sul tavolo un pezzo di carta poi uscì, senza dare altre spiegazioni.

Il tutto era durato pochi minuti.

L'uomo poteva riprendere il suo percorso. Anche la caffettiera sembrava aver
messo giudizio e grondava un liquido denso e profumato, ignorato, mentre
scendeva a ricoprire il gas.


Non si era mosso, neanche più una
sillaba a rompere quelle accuse, fargli trovar pace nel silenzio. Prese in mano
ciò che aveva lasciato la ragazza. Era un vecchio ritaglio di giornale in
bianco e nero. Nitido nonostante gli anni. Un uomo e una donna sorridenti
guardavano verso l'obiettivo. Primavera tradita dalle rose, l'anno non lo
ricordava. Sapeva che era lui con qualche capello in più e vivo. La donna, una
ferita che non si era ancora chiusa. Guardarla era un viaggio a ritroso che non
voleva compiere. Gli venne voglia di strappare tutto, in fretta, rimuovere e
andare avanti. Si limitò ad accartocciare il pezzo di carta e buttarlo da una
parte. L'odore di caffè abbrustolito lo riscosse.

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