lunedì 19 ottobre 2009

cappuccino e brioche


Era una giornata  talmente brutta
che se avessi avuto una casa e un letto, mi sarei infilato dentro l’una e
l’altro senza nemmeno spegnere la luce. Pioveva dalle tre, acqua fitta e noiosa
che colava lungo gli abiti e nel respiro delle poche persone che si avventuravano
sul marciapiede. Faceva freddo ed era autunno, la logica  però non bastava a farmene accettare i
fastidi. I musi lunghi si sprecavano così come le scarpe infangate, le dite
arrossate e gli ombrelli che miravano dritto agli occhi.

Dopo aver percorso una decina  di volte i portici, in un senso e nell'altro,  mi ero deciso ad accettare l’invito della stazione.
Entrando mi ero diretto al bar di Alfredo, quello grande che si
trova a sinistra in direzione dei binari. Dotato di un sistema di riscaldamento
piuttosto efficiente si distingueva  per
la sensibilità nell’accettare i tempi della mia  colazione. Me la cavavo nei giorni buoni in
tre quarti d’ora, quando andava proprio male un ora e mezza ed avevo finito.
Era un’arte anche il centellinare 
brioche e cappuccino fino a renderli infiniti però pochi baristi
riuscivano a cogliere la maestria del gesto. 
I  più educati iniziavano a
fissarmi con decisione illudendosi di indurmi alla ritirata, i più solerti
infestavano il tavolino dove mi sedevo con richieste di ordinazioni. Io
resistevo e resistevo, l’unica volta che ero sceso a un compresso era stata
quando un barista aveva appoggiato un tassametro sul mio
tavolino. Quel ticchettio molesto, s’era infilato nelle mie orecchie fino a
farmi decidere di ritirarmi dopo appena un quarto d’ora. Non avevo lasciato
neanche un sorriso in quel posto, mi ero ripromesso di non metterci più piede e
con gli anni avevo messo su una certa esperienza nel trovare  buone accoglienze. Alfredo però rimaneva il
migliore.


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