domenica 29 giugno 2008

Spagna - Germania 1-0

tra sfide e conferme


I tedeschi scherzano, gli iberici sono seri. Scendono in
campo, gli inni, le strette di mano poi si inizia. Per un attimo viene
inquadrata la coppa, è decorata con fiocchi gialli e rossi. Un segno?


La partita scorre veloce, emozionante come poche
volte riescono a esserlo le finali.

La Spagna

,
pericolosa incantatrice, si presenta spesso davanti al portiere avversario.

La Germania

, più esperta,
non riesce a venire a capo del gioco, subisce,  rendendosi
pericolosa solo con  Ballack, recuperato in extremis.


Torres porta in vantaggio i suoi al ’33.  I primi
minuti della ripresa ripropongono una Germania pimpante.  E’ solo un fuoco
di paglia. Gli uomini di Aragones riprendono in mano la partita.


Vince

la Spagna.


Sono  trascorsi 44 anni dal suo ultimo successo
europeo . E’ sfatato il mito di Zapatero porta sfortuna. Nonostante i timori di
Aragonez., neppure la divisa gialla, sfoggiata contro i russi, è riuscita
a  fermarli.  Nel mezzo del cammin europeo pure il tabù Italia è
stato superato. Piedi buoni e giovane età fanno della Spagna una squadra
pericolosa e bella da vedere. Torres propone già il prossimo obiettivo:
appuntamento in Sudafrica. Il saggio Aragones non sarà alla guida.


Fallisce la cancelliera Angela Merkel nel ruolo di
portafortuna. Alla Germania tocca segnarsi il 29 giugno come data no, sperando
di non incocciarci più. Risale al 29 giugno 1986 la sconfitta in finale con
l’Argentina.


La premiazione vede schierati i primi ministri dei due
paesi, i reali di Spagna. Platini  da buon padrone di casa dispensa
complimenti e pacche sulle spalle ai giocatori che sfilano davanti a lui.


L’ultima immagine è Ikes Casillas che solleva la coppa in
mezzo ai compagni di squadra. Classica e emozionante. Il coronamento di un
sogno.


 

martedì 24 giugno 2008

meglio l'usato. sicuro?

Roberto Donadoni  è uscito dagli europei ai quarti. I rigori non
decidono le qualità di un allenatore però possono coprirne o esaltarne gli errori.
Era un tecnico promettente, probabilmente è arrivato in nazionale troppo presto. A
detta di tutti un signore, ha mostrato incapacità nel fiutare l’aria e sapersi
adattare alle situazioni. Nonostante le sue dichiarazioni,  non sarà riconfermato.


Il nome del successore è stato
individuato presto. L’Italia guarda indietro. Il calcio non fa eccezione. Meglio
Marcello Lippi,   depositario dei ricordi più belli. Berlino, il
cielo azzurro, la coppa e la bravura nell’eclissarsi al momento giusto
cristallizzando la sua immagine. Se avesse continuato, sulla panchina azzurra, non
avrebbe potuto fare meglio. Il suo fantasma è stato sventolato in più di un
occasione ora torna a essere realtà.


Guardare al passato è una pratica comune, rassicurante. Sicuramente più facile
di inventarsi un futuro. Poi, se si fallisce, pazienza. Rimangono i
ricordi, quelli non possono toglierceli anche se avranno il sapore di  una minestra riscaldata.

domenica 22 giugno 2008

Si ferma il sogno azzurro

Italia – Spagna 2-4

Siamo fuori, scriverlo brucia.


Dopo 120’ minuti vissuti con emozioni
contrastanti si è aperta la lotteria dei rigori. Per l’Italia una cosa nota, un
gradino su cui più volte è inciampata. Sbagliano De Rossi e Di Natale, inutile
la parata di Buffon su  Guiza.


Ci si era aggrappati alle
statistiche, alla storia, tutto pur di spingere avanti le buone speranze dell’Italia
che non perdeva con la Spagna, in competizioni ufficiali, da 88 anni. Non è bastato. In campo si è capito
subito che non sarebbe stata una partita facile. Le furie rosse sono una
squadra talentuosa e giovane. Difendersi prima di tutto, poi a mezza voce il contropiede.
In una partita dura si esalta la
difesa che ha in Chiellini  il suo baluardo più sicuro manca però il resto
della squadra. Brilla Cassano per giocate e qualità, Camoranesi per le idee e poco
altro. Troppo impegnati a difendesi, gli azzurri, faticano a imbastire azioni,  le occasioni più evidenti sono capitate sui piedi di Camoranesi e sulla testa di
Di Natale, bravo Casillas nel parare. Agli spagnoli è stato negato un rigore.


Perrotta e Aquilani sembravano smarrirsi nel centrocampo, le
fasce non sono state sfruttate, l’attacco è risultato assente ingiustificato. Toni l’imbambolato ha dormito
sonni tranquilli, forse pensava di risvegliarsi nella quinta partita, non ne ha
avuto l’occasione. Hanno
pesato le assenze di Gattuso e soprattutto Pirlo, senza contare le
responsabilità di Donadoni: formazione,  correzioni, la lista dei rigoristi lasciano più di un dubbio. Rimane l’amaro in
bocca.


In bocca al lupo alla Spagna, ha meritato la qualificazione

sabato 21 giugno 2008

Tuchia - Croazia 4-2


L'attimo
è fuggito
 


La
Croazia

segna al 119’ minuto. Sembra pronta la festa.
Klasnic, autore del goal,  ha subito il trapiantato di reni. Quindi anche
fiaba a lieto fine. Un minuto più recupero. Dopo 140 secondi  Senturk,
circondato da 3 giocatori croati, riesce a dare la zampata vincente, il pallone
parte e la sua parabola finisce in rete. Incredulità, gioia e disperazione.
Nello stesso stadio, tutti insieme. Il CT croato si lamenta per non aver potuto
fare  la sostituzione, per il tempo che gli sembra fosse già
scaduto.  Il gioco non riprende, fischio finale. Rigori: agognati,
famigerati, volubili. Buoni per scrivere la parola fine. A quel punto si
potrebbe fermare il tempo, il risultato è già scritto sui volti dei giocatori.
Non serve una particolare abilità per leggerlo. Dallo scambio di botte
psicologiche consumato negli ultimi minuti



la
Croazia

ne esce distesa sull’erba con le mani in testa, lo
sguardo rivolto al cielo, un come è potuto succedere a rapire i suoi
pensieri. Non sembrano avere la forza per pensare a chi dovrà tirare i rigori,
alle strategie, alla concentrazione necessario per l’impresa. Restano lì
sconsolati, privi di energie, già consapevoli di come andrà a finire e incapaci
di opporsi. I turchi, i turchi. Ormai sembra si siano specializzati. Gli ultimi
minuti sono cosa loro. Prima il goal della vittoria con

la Svizzera

, poi il
risultato ribaltato con i Cechi, infine ieri. Neppure il tempo di pensare che
la sconfitta dista un paio di minuti. Subito in avanti, subito concreti. Quei
minuti ci sono, nulla è ancora deciso. Prima il goal, la gioia, il fischio
finale poi intorno al loro CT grintosi, attenti a non perdere una parola. E’
tutto ancora in gioco e loro vogliono esserci, senza rimpianti. Consapevoli del
loro vantaggio.


Croati e turchi si danno il cambio sul dischetto
del rigore. I blu sembrano voler finire in fretta, il dolore è troppo grande,
il risultato già scritto. Un paio di tiri fuori e uno parato dal portiere
avversario pongono fine alla questione. Sui loro volti c’è spazio solo per la
rassegnazione.


I rossi sono allegri, si giocano una
semifinale di europeo però si mostrano sicuri, tranquilli. Dischetto – palla -
goal. Regolare, quasi scontato. Così hanno vinto e i giornalisti li hanno
ribattezzati: variabile impazzita di questo europeo. Avanti il prossimo. Tocca
alla Germania. Occhio agli ultimi minuti, non si concedono sconti.


mercoledì 18 giugno 2008

Mario Rigoni Stern

E' morto lunedì
sera, nella sua Asiago. Era un testimone, un uomo che ha vissuto il ‘900 e l’ha
raccontato. Aveva un modo di scrivere nitido,  quasi per immagini.
Questo amore per la natura e per le persone lo riversava in ciò che scriveva,
nei gesti. Riusciva anche con poche  parole a comunicare sentimenti, emozioni facendo superare la barriera della pagina. Curioso
della vita, impegnato, saggio. E’ una coscienza critica di cui sento la
mancanza.


Riporto un post che ho scritto  il 19  novembre 2007




"Sabato mattina ho ascoltato la videoconferenza di Mario Rigoni Stern.  L’incontro dal titolo La
Storia e la Memoria
lo vedeva conversare con Paolo  Collo


Mario Rigoni Stern è un ragazzo
del ’21. Il suo primo ricordo legato alla guerra, la  Prima, è una bomba che trovò quando aveva due anni. Iniziò a
colpirla. La madre vedendolo con quel ordigno  svenne. Un parente gliela tolse di
mano. I colpi erano stati dati di lato, se avesse toccato la punta non avrebbe
potuto raccontarlo.


Molti suoi compaesani avevano
dovuto evacuare nel ’16. Dopo Caporetto si era dispersi per l’Italia e non
sempre erano stati  accolti bene. Il
paese durante la guerra era stato distrutto  dai bombardamenti. Lo scrittore era nato in
una delle prime case ricostruite. A quel epoca molte delle persone  che erano ritornate abitavano ancora in baracche. Il
municipio venne ricostruito negli anni ’20 e inaugurato dal  principe Umberto. Nel dopoguerra c’erano
ancora diversi prigionieri polacchi e slavi, nel loro paese d’origine non avevano
cibo. In Italia  recuperavano e seppellivano i cadaveri dei
soldati, raccoglievano le mine, i metalli, i resti della guerra.


Il metallo raccolto poteva essere
venduto così anche gli adulti e i bambini del paese a volte si dedicavano a cercarlo. Il rame valeva
di più, poi c’era la latta usata dagli austriaci, i metalli pesanti usati da
americani e inglesi.  Capitava, anche a
distanza di anni, di trovare i resti dei caduti. Italiani, austriaci, migliaia di
persone morirono su quelle montagne e molte non trovarono sepoltura. I bambini,
quando capitava loro di trovarne qualcuno, nel mentre che stavano giocando nei boschi, non si impressionavo più di tanto, faceva
parte anche quello della vita. Avvertivano i responsabili che procedevano poi a
seppellirli. Lo scrittore ricorda che quando era bambino non aveva bene la
coscienza della guerra che c’era stata.


 Caporetto
aveva rappresentato una
svolta anche nel modo di considerare i soldati. Dopo il 24 ottobre 1917
si
iniziò a trattarli come persone, dando loro un rancio migliore e
cercando di
non metterne in pericolo la loro vita inutilmente. Il bollettino di
guerra, pubblicato dopo Caporetto, descrive una sconfitta, le
responsabilità sono attribuite ai soldati. In realtà furono le
decisioni prese dal generale
Cadorna  a causare la disfatta. Il generale
non fu in grado di comprendere una guerra combattuta in maniera nuova,
senza
più le caratteristiche dei conflitti ottocenteschi. Ai soldati non
restò, in
quel frangente, che ritirarsi combattendo.


 Negli anni ’30 Mario Rigoni Stern
era un bravo sciatore. Nel 1938 si iscrisse alla scuola militare d'alpini smo di Aosta, voleva
diventare ufficiale. Molti suoi insegnanti avevano partecipato alla Grande
Guerra.


Lo scrittore ricorda che quando
iniziò la seconda guerra mondiale il rancio era ancora quello della prima.
Sulle scatolette era stampigliato 1918. Nella prima fase si era combattuto contro
la Francia. Gli italiani durante le azioni andavano a recuperare anche le gallette dolci, il miglior rancio
francese.


Rigoni Stern è uno dei reduci della ritirata
di Russia. Aveva combattuto, era stato promosso. Alla fine della guerra decise di abbandonare la carriera
militare. Molti
non erano tornati e certe volte lui aveva il rammarico di avercela fatta.


Lo scrittore ricorda
le visite all'amico Nuto Revelli, le passeggiate in montagna, nel cuneese.
L'incontro con l'ultimo abitante di una borgata impegnato, quando già
cadevano i primi fiocchi di neve, a togliere patate. Morto lui, non vi
fu più nessuno. Rimase una chiesa con la porta semiaperta e la cornetta
di un telefono che penzolava. Rigoni Stern parla di valli disastrate
ormai piegate da uno  spopolamento a cui diventava difficile porre
rimedio.
L'amore per la natura affiora nelle sue opere. Lo scrittore afferma l'importanza di curare i boschi che  pur non dando un
ritorno economico immediato sono necessari e, quando ben curati, utili
nel prevenire gli incendi.


A una platea composta
in buona parte da studenti  si rivolge  dicendo "Chi cerca un lavoro
non lo trova, chi sa fare ne trova tre"  Emerge l'importanza della fatica,
del conquistare le cose anche con sacrificio evitando di abbandonarsi a uno
sterile consumismo. Lo scrittore dice di avere fiducia nei giovani.
Si apre anche un piccolo dibattito con il pubblico in sala. Una signora
interviene parlando di uno zio disperso in Russia. Questa tragedia,
respirata in casa  fin da quando era  bambina, l'ha spinta a raccogliere
le testimonianze di chi è tornato. Pensa che la memoria passi
attraverso l'emozione. Un insegnante chiede come si farà a trasmettere
la memoria quando la generazione che ha vissuto quei fatti non ci sarà
più e mancherà anche la generazione successiva, quella dei figli. E'
importante ricordare per far sì, come diceva Primo Levi, che certi
fatti non si ripetano.  Leggere le testimonianze di chi quel periodo la
vissuto.


L'incontro finisce e
io mi sento un pò commossa, felice di aver potuto ascoltare e avere
nuovi spunti di riflessione. Fino a ieri non avevo letto alcun libro di
Mario Rigoni Stern. Ho pensato che era arrivato il momento di inziare.
Da quale? La scelta non è stata facile. Ho sfogliato libri più  e meno
noti. Leggendo  trame, osservando copertine, sono giunta a Le Stagioni di Giacomo. Mi sembrava la giusta continuazione di quanto avevo ascoltato o meglio: il giusto inizio."



martedì 17 giugno 2008

Zurigo si veste d'azzurro

Italia - Francia 2  a 0


 
Bravi ragazzi! Bella partita, al di là
del risultato, gli azzurri hanno creato occasioni, si sono mostrati attenti in
difesa, hanno creduto nell’impresa  e sono stati premiati.


Gli olandesi si sono comportati
correttamente e hanno dimostrato la loro forza, pur con 9 nuovi giocatori in
campo hanno battuto la Romania. Sono  state spese molte parole a sproposito nei
giorni scorsi.  Ma partiamo dall'inizio...


Zurigo - Cielo grigio, campo scivoloso,
arcobaleno. Le squadre entrano in campo consapevoli che non basta vincere.
Tensione, grinta, 90 minuti e poi si saprà. Gli azzurri partono motivati, di
Toni la prima grande occasione non sfruttata. Ribery deve lasciare il campo al ‘9
per infortunio. Intorno al ’25 la svolta: Toni in area viene atterrato, l’arbitro
assegna un rigore all’Italia e lascia i bleu in 10. Pirlo è incaricato del tiro.
Buffon ha un asciugamano sulla faccia, voltato, infila le dita nella rete. Io
abbasso gli occhi e poi arriva il GOAL gioioso, atteso, sullo spalto si
scatenano i tifosi italiani. Cassano li invita a farsi sentire. A  Berna olandesi e rumeni sono fermi  sullo zero a zero. Il primo tempo prosegue con
gli azzurri che si presentano spesso davanti alla porta avversaria ma non
riescono a mettere al sicuro il risultano. Si ha l’impressione che giocavano
meglio quando erano in parità numerica. La ripresa  riprende con un certo equilibrio, gli azzurri danno
l’impressione di affidarsi allo scorrere dei minuti, subiscono un po’ di
pressione, attendono notizie. Il goal olandese al ’10 minuto rimbalza dagli
spalti al campo accolto con entusiasmo. E’ un momento cruciale, tutto sembra
girare per il verso giusto però si deve fare i conti con la paura che un errore
possa vanificare tutto così al ’62 la rete di De Rossi viene accolta come un
sollievo, una gioia inaspettata e rassicurante. Si torna a giocare, gli azzurri
creano occasioni, Cassano distribuisce palloni,  Toni non finalizza, Buffon ha modo di lasciare il segno con una bella parata su
Benzema. Gli azzurri tengono alta l’attenzione per tutti i ’90 minuti, marcano,
dribblano, si proiettano in avanti fino all’ultimo quando Toni scheggia la
traversa


Il fischio finale coincide con l’inizio
dei festeggiamenti. L’Italia passa il turno, il prossimo avversario è la Spagna, domenica prossima,
dovrà affrontarla senza Pirlo e Gattuso.

lunedì 16 giugno 2008

Match Point

La fortuna è meglio del talento. Chris
lascia il tennis professionistico stufo di girare  il mondo. Si stabilisce a
Londra, inizia a dare lezioni. Conosce  Tom, giovane rampollo di una ricca famiglia,
diventa suo amico e inizia a
frequentarne la sorella, Chloe. A una festa in campagna viene folgorato da Nola,
una ragazza americana  che tentadi diventare attrice ed è la fidanzata di Tom. 


Sotto un acquazzone Chris e Nola
consumano il tradimento. Poi Tom lascia Nola che scompare. Chris sposa Chloe, gli
si prospetto un roseo avvenire grazie al padre di sua moglie. Nola ritorna
nella sua vita, riprendono l’ossessione, gli inganni, le bugie.


Il dramma è racchiuso nella
musica lirica che accompagna i silenzi del film ed è la passione di Chris. Con
un po’ più di fortuna avrebbe potuto giocarsela con i grandi, diventare un poeta della racchetta. Ha percorso un’altra
strada, fatto altre scelte. E'  annegato
nel bisogno di avere.


Uno sguardo disincantato  misura,  osserva,  scruta un mondo ambiguo nel quale la pallina si muove sulla rete senza aver ancora scelto il lato in cui cadere
forse perchè non c'è un vincitore
quanto freddo   

in sospeso

Camminava
sul filo. Lo
osservava incantata, sorpresa di quanto potesse essere bello stare insieme. Anche
in silenzio, quando il mattino si faceva strada e i pensieri seguivano mille rivoli salvo poi rincontrarsi nei loro sguardi, in quello sfiorarsi inatteso.  Si amavano ma dirlo sembrava una sfida
inutile.  Parole, silenzi. Senza scavare
troppo perché in fondo andava bene così, anzi proprio bene, quasi come in quelle
storie che si leggono alla fermata del tram. Pochi minuti perché il tempo è
poco, il lieto fine una necessità. C’era qualcosa di profondo che li legava. I
litigi, le altre persone, non erano riusciti a separarli. Un filo, sempre
quello, sul punto si spezzarsi dimostrava la sua forza.  Il suo essere stretto, breve quanto un respiro
lo faceva essere una cosa loro. In
momenti come questo dimenticava quanto potesse essere snervante percorrerlo da sola.

sabato 14 giugno 2008

Stand by - 2

1parte



Anche se era a letto e il sonno lo aveva preso da pochi minuti
sapeva che a quel punto doveva rinunciare. Lui solitamente non si rassegnava,
fingeva, sperando d’ingannare i suoi sensi, fermo immobile con le lenzuola che
gli coprivano la testa. Il nervosismo lo agguantava nei piedi e saliva
mentre ascoltava i rumori che giungevano attraverso la porta. La donna
ciabattava senza ritegno, si muoveva da una stanza all’altra come un anima
inquieta e noiosa. “Ogni giorno la stessa storia…manco una
soddisfazione…mai una volta che mi si dia retta…non so come fa a tenere ancora
tutte queste carabattole”. Condiva le parole con energici colpi di piumino che
più di una volta erano stati fatali per gli oggetti del salotto.


Lui fingeva di ignorare le
cose che sparivano, le critiche, le lamentele. Non sapeva nemmeno bene perché
la teneva ancora con sé. Non si trattava di simpatia. Era una donnetta
sciatta, più vecchia della sua età, priva di passione per qualsiasi cosa
non fosse il  pettegolezzo da consumare con chi si prestava. Aveva solo
quel lavoro, forse era vedova, certo non doveva passarsela bene.  La
faccenda era stata liquidata come una sua pigrizia nel cercare qualcun'altra.
Centrava anche la sua ritrosia nei confronti degli estranei. Così eccola lì
anche quel mattino.


Era giunto il
momento dei tappeti. Spalancava  la porta che dava sul balcone, li
trascinava e appoggiava alla ringhiera poi iniziava la danza del
battipanni. Apprezzava il fatto che era metodica, sapeva che dopo li avrebbe
riportati dentro, si sarebbe nuovamente cambiata e raccolti i soldi che lui le
lasciava sul mobile, in corridoio, sarebbe uscita per fare la spesa. Quando la
casa tornava silenziosa, lui si alzava e provava a prendere contatto con il
nuovo giorno che non si prospettava dissimile da quelli che lo avevano
preceduto.


venerdì 13 giugno 2008

Italia con i piedi nel limbo

tra coloro che stan sospesi alla ricerca di un sogno


E’ uno strano europeo, non fortunato,
dubbioso, incerto, a tratti ingiusto.


L'Italia pareggia con la Romania dopo aver rischiato più volte di
precipitare all'inferno. L'arbitro annulla una rete regolare di Toni. Buffon para un rigore.


Partiamo dall'inizio. La formazione  azzurra è parzialmente rivoluzionata,
scendono in campo: Buffon - Zambrotta Chiellini Panucci Grosso - De Rossi Pirlo
Perrotta - Camoranesi Del Piero Toni.


I giocatori mostrano di non avere fretta, giocano,
ragionano, affrontano la ragnatela rumena, cercando di portarsi in prossimità
della porta. Alla distanza gli avversari emergono con un paio di nitide occasioni
sventate da Buffon e dal palo. I nostri più talentuosi, vogliosi di far bene,
si producono in una manovra piuttosto macchinosa che tarda a dare frutti e
rischia di cadere nel prevedibile. Toni, il fulcro dell'attacco, riceve
tanti palloni e commette diversi errori. Cresce il suo debito nei confronti
della nazionale. Si accettano pagamenti in reti sonanti.


A inizio secondo  tempo  Mutu,
su  passaggio dello sfortunato Zambrotta, segna. Sorpresa e sconforto azzurri
durano un minuto o poco più. Nervi saldi, si spingono in avanti a riportare  le  cose a posto, ci pensa Panucci.  1 a 1   palla al centro.


Inizia il valzer delle sostituzioni:   Cassano  per Perrotta   Quagliarella  per  Del Piero  Ambrosini  per Camoranesi.


Al '82  l'arbitro fischia un rigore a favore dei rumeni. Mille pensieri si affollano in testa, insieme a scaramanzie,  preoccupazione, al c'era o non c'era di rito.  Mutu sul dischetto e Buffon tra i pali. L'arbitro fischia. Gigi è bravo, grandioso nel far sembrare la porta piccola, ostile. Para e l'emozione è forte, un sospiro di sollievo, una speranza, le lacrime dell'attaccante per l'occasione perduta. Tutto insieme. Si continua con un occhio al cronometro e la voglia dei tre punti, premio e partenza per nuovi traguardi.


Il fischio dell'arbitro sancisce un nulla di fatto: 1 a 1.
Visto il match, il bicchiere è a metà, tutto dipenderà da martedì.


Partita buona per carattere e impegno. Non grandiosa. Rileva la forma imperfetta degli azzurri. I vorrei ma non riesco. Bella l'intesa del gruppo. Pesante l'errore dell'arbitro.



Buffon grande punto di
riferimento per i compagni.  Del Piero ha giocato una buona partita in un
ruolo non facile.
La mia ammirazione va a Fabio Grosso, latore di bei ricordi e
di una partita generosa,immensa, bella, proprio, una di quelle partite che ti
riappacificano con il calcio.

mercoledì 11 giugno 2008

Stand by

 


Riempiva la sua casa di vecchie
cose, senza far caso alla moda o al valore. Certe stanze contenevano più di
quanto sarebbe stato necessario. Entrarvi era un pò come un viaggio, ove la
meta, certa, veniva resa più misteriosa dal percorso a ritroso che si doveva
compiere.


 



Restava nell'ombra anche per ore, vicino alla finestra che dava sulla strada.
Da un lato il suo mondo che 100_8684
faticava a ricordare, dall'altro lato un mondo che
non lo incantava pìù.
Raramente sbirciava oltre il vetro. Qualche volta la sera,
quando i lampioni si accendevano e le persone diventavano formiche, intente
ognuna a uno scopo, gli veniva voglia di uscire. Si vestiva con gli abiti della
festa, faceva la riga di lato e poi la nascondeva sotto il cappello. Infine
scendeva, faceva un cenno alla portiera ed era in strada anche lui. Il tempo di
percorrere da parte a parte il marciapiede, assaporare l’odore acre di smog,
farsi strillare per averci messo troppo ad attraversare. Rifaceva la scala, con
il  giornale fresca di stampa in mano e negli occhi, ancora per un attimo,
le immagini  che aveva vissuto. Si sistemava in poltrona dava una scorsa
ai titoli, solo un pretesto, poi si muoveva per fotografie, da una pagina
all’altra scrutando i volti, le pose, gli abiti. Seguendo un percorso solo suo
giungeva all’ultima, senza averne saltata nessuna. Infine appoggiava i fogli
sul tavolino, compagnia di quelli vecchi.


Al
resto pensava la donna a ore che aveva assunto quando si era trasferito nel
appartamento. La sentiva brontolare fin dal mattino, si annunciava girando la
chiave nella toppa. Accostata la porta, s’andava a cambiare nello stanzino. Lì
finiva la pace.

lunedì 9 giugno 2008

Cercasi Italia disperatamente

La tensione c’è, inutile
nasconderlo. Gli azzurri hanno giocato
in maniera così  opaca, avulsa, priva di
carattere e lucidità da rendere superflue le discussioni sul primo goal
olandese segnato in fuorigioco.


Non ripongo fiducia nel destino
cinico e baro propagandato da Donadoni. Errori ci sono stati nella formazione e
nelle mancate correzioni in corsa. Errori li hanno fatti i giocatori.
L’Italia però non può perdere tempo in
inutili processi. Venerdì l’attende la Romania. Del Piero si augura ci sia una grande
Italia.  La speranza per me è  Buffon  che si presenta davanti ai microfoni e chiede
scusa. Onesto con dignità.


Le lusinghe sono più pericolose
delle critiche. Fanno perdere il senso della realtà. Al di là delle parole,
troppe, inutili, spese in questi giorni serve la fame, quella che tiene svegli
la notte,  fa affrontare ogni partita
come fosse quella della vita. Serve carattere, tanto. Spero che i giocatori a
contatto con la dura terra riscoprano le gioie del pallone. 


Ho ammirato l’Olanda, ha conquistato una vittoria netta e pulita,
bello l’abbraccio con le famiglie a fine partita.


 

Perle di saggezza

una qualsiasi partita di calcio
giocata a Berna, terminata 3 a 0. Anzi, no proprio quella d'esordio degli azzurri, attesa, discussa,
commentata da giorni.



L'Italia è sotto di due goal



un minuto intorno al '79 nei dintorni della porta olandese


Bagni il commentatore: Gli
stiamo facendo paura  (azzurri agli olandesi)


Poco dopo nei dintorni del centrocampo


Bagni: Non hanno qualità, alla lunga si paga, stanno camminando
(riferendosi agli uomini di Van Basten)


5 secondi non sono trascorsi
quando Giovanni van Bronckhorst segna il  terzo goal.


Questa è visione d'insieme.

domenica 8 giugno 2008

Profumo di donna

Non è un film facile, certe volte
sembra dimenticarsi di essere solo  finzione e diventa qualcosa di più profondo: un
mondo vissuto in due ore intense, con una sensazione di malinconica condivisione del dramma.


Fausto ha perso la vista e una
mano a causa di un esplosione. Attraversa l’Italia accompagnato da un
soldatino in licenza.  Ruvido, brusco, intenzionato a non far cenno
ai suoi limiti, vive con rabbiosa allegria.  Spende, senza peli sullo stomaco o persone da
compiacere. Ha imparato a orientarsi attraverso i suoni e gli odori. Compra ciò
che pensa di non poter vivere.


Il giovane soldato cerca di assecondarlo, si
chiede perché gli è toccato quel incarico, a tratti lo odia perché gli apre
gli occhi, è duro, cinico, vulnerabile. A tratti ne rimane toccato, cerca di
evitargli delusioni. Genova, Roma e poi Napoli. Un amaro proposito si scontra
con un amore appassionato, sollecito che
non si piaga al rifiuto.  La colonna
sonora, struggente, si accosta bene allo
storia.


E’ un film di Dino Risi,
scomparso ieri a Roma. 

sabato 7 giugno 2008

Commissari di carta

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Diabolik e Eva Kent provano la
fuga calandosi con le lenzuola. Un uomo, impegnato nel suo turno di guardia
sembra ignorare quel che sta accadendo. Una scala cita un romanzo di Fruttero
e Lucentini.


A Saluzzo  fino al 29 giugno è di scena alla Castiglia:  Commissari di Carta una manifestazione ricca di appuntamenti. Venerdì con gli autori, spettacoli teatrali, una mostra  nella quale poter rivivere il brivido delle letture mystery. Nella prima sala i disegni di Ferenc Pintér illustratore, da poco scomparso, autore di molte delle copertine dei  romanzi di Maigret e Poirot. Di sottofondo alcune trasmissioni radiofoniche dedicate a Diabolik e Dylan Dog. Tavole a fumetti, in cui buoni e cattivi si contendono spazio. Al primo piano cinema vecchia maniera, con sedili in legno, ospitano alcune fiction Rai. Si scende e finzione e realtà si mescolano osservando dietro le sbarre i criminali del fumetto.


Questa sera 7giugno  la Castiglia, sarà aperta fino a mezzanotte e la città vivrà una notte a effetto giallo.

venerdì 6 giugno 2008

La realtà non è questa - 3 -

Riprendo una vecchia storia a cui ho provato a dare una continuazione:galeria



1 parte 
2 parte




 Serio e preoccupato


Ignaro.


Sorrido per abitudine


Forse solo per voglia.


Vorrei parlare


Mi frenano i suoi occhi,


la voglia di seguirlo


Ed è tutto


 
Era una notte piena di niente la mia notte


L’unica che ho voglia di ricordare


Stellata perché solo lì potevano essere le stelle


E scura , illuminata e dolce perché insieme


Solo per questo o forse perché solo così è importante



 



Immagine  tratta da: http://www.lajiribilla.cu

martedì 3 giugno 2008

Pensavo fosse amore ...

...  invece erano flirt


Mantengo fede a un impegno. Mi scuso per il  ritardo. Ringrazio Pier Luigi Zenata per la nomination nel gioco proposto da Fino
Queste le regole:


  • indicare, spiegando il perchè di quale personaggio letterario vi innamorereste;

  • indicare analogamente di quale personaggio cinematografico vi innamorereste (non l'attore/rice);

  • nominare sei blogger preferibilmente 3
    maschietti e tre femminucce linkando i blog e segnalando loro
    la"nomination" con preghiera di indicare chi li ha nominati.

 Non ho trovato  file
dinanzi alla porta. Dopo un'attenta selezione mi sono dov101_8008
uta arrendere dinanzi a una dura verità: non mi
sono mai innamorata né al cinema né in un libro.


Al momento dei titoli di coda mi sentivo
pronta a giurare amore eterno al protagonista, desideravo vedere la pellicola
almeno tre volte, avrei fatto carte false per essere al posto della sua partner.
Il giorno seguente non ricordavo più il colore dei suoi occhi, a stento il suo
nome.


Con i libri non va meglio. Serate trascorse leggendo fino a tardi. Pensieri
occupati da lui, immaginato in ogni particolare.  Rimpianto alla lettura dell’ultima pagina.
Viaggio disordinato nei punti che più mi avevano colpito.  Poi l’oblio. 


I due nomi che mi vengono in
mente alla fine di questo disorientato cammino sono:


Reth Butler (Via col vento) impresentabile,
tenero, appassionato, ironico, fragile.


Darcy (Orgoglio e Pregiudizio)  impara l’amore quando viene rifiutato.  Serio, pronto a
mettersi in gioco, affidabile.


Due personaggi che non si somigliano però mi incuriosiscono.

domenica 1 giugno 2008

  Cuneo 18 maggio 2008 ( cliccate sopra l'immagine per ingrandirla)100_8754
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