martedì 29 aprile 2008

Blog-catena

Sono stata nominata da Silvano e da Dragor  in un gioco-catena che sta girando  nei blog


Ecco le regole:


   - Indicare il blog che vi ha nominato e linkarlo

- Inserire le regole di svolgimento


-Scrivere 6 cose che vi piace fare


- Nominare altri 6 bloggers per proseguire la catena


- Lasciare un commento sul blog dei 6 amici nominati





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Le 6 cose che mi piace fare:


1) leggere, scrivere, disegnare,  fotografare


2) viaggiare in certi momenti è un bisogno irrinunciabile


3) la natura, i fiori, la primavera, i profumi


4) i mercatini dell'antiquariato, la ricerca mi attrae insieme alla sorpresa sempre in agguato


5) ascoltare la musica, cantare e stonare, provando a migliorare


6) stare con le persone a cui voglio bene



Volete partecipare? E' il vostro momento..     :-)


           Pinky






domenica 20 aprile 2008

Il Censore non serviva più. (2)

(prima
parte qui)
 


Non
ricordava  quante notti aveva passato in redazione, era la sua casa e ci
restava anche quando non serviva, negli orari più strani. La sua scrittura
irriverente gli aveva aperto mille porte.
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Prima le recensioni al teatro di
città, poi il cinema, le premier, i festival. Su e giù per il mondo a catturare
emozioni e poi riversarle su carta. In un paio di occasioni si era trovato a
dettare il pezzo per telefono, concentrato pure sulle virgole per farlo
arrivare in tempo. Era un tipo sbrigativo, in poche righe riusciva a dar il
senso di un film andando oltre la patina, il nome famoso. La gente lo seguiva,
lo si capiva dal numero di lettere che ogni settimana gli arrivavano, un
crescendo rossiniano degno di nota. S'era preso l’impegno di leggerle tutte e
poi rispondeva, questo gli aveva fatto acquistare altri punti. A un certo
momento aveva iniziato a prendersi troppo sul serio. Si, era ancora
divertente,

p
er100_3694ò a tratti rasentava il crudele quando stroncava l’opera prima di qualche giovane
regista o ridicolizzava la rentrèe di vecchie stelle in cerca di una gloria
ormai perduta. Più o meno in quel periodo  gli venne appioppato il soprannome.
Non era più l’inesperto giocatore di penna da non prendere sul serio. Aveva
fatto carriera, era diventato pericoloso. In redazione si era scavato una
distanza tra lui e gli altri. Non visibile a occhio nudo, però reale,
consistente.


Ora era
un ometto raggrinzito, avanzava con il bastone e non si riconosceva più in quel
che vedeva, aveva perso colpi. Era diventato un inutile orpello - questo diceva
- il nuovo direttore  presentatosi con l’intenzione di svecchiare il
giornale. La prima testa a cadere fu la sua. Non bastò il pollice verso a
salvare il Censore.


 

giovedì 17 aprile 2008

Il Censore non serviva più.

Il soprannome l'avevano inventato alcuni
suoi colleghi, in una serata di grazia, il pollice levato aveva
accompagnato
ogni suo giudizio. Strano, fatto da lui, critico per natura più che per
professione, aveva trovato n
100_5300
ella pagina cinematografica il suo regno. L'aveva
costruito pezzo per pezzo, da quando era entrato,
  novello garzone di penna,
con la gentile spinta di Zio Ernesto. Non che poi ne avesse
abusato. Gli era bastato entrare,
  al resto avrebbe pensato da solo - si diceva
- mentre avanzava nelle sacre stanze della redazione. Non aveva nemmeno uno
scrivania. Lo spazio era poco ed era riservato a chi il mestiere lo sapeva. Si
era adattato a scrivere su uno sgabello, in un angolo. Quando
aveva finito, si me
tteva in attesa di una macchina libera e poi giù a battere.
Una lettera per volta, errori bislacchi recu
100_6717perati con repentine correzioni.
Anche l’aria gli piaceva. Sapeva un po’ di chiuso: un misto di si
garetta e
inc
hiostro. Bei tempi, contava meno di zero però faceva parte del gruppo, era
la masco
tte a cui chiedere di sbrigar le commissioni,  non faceva paura
perché tanto era inesperto.  A quel tempo sapeva essere simpatico.
Con un
sorriso sempre stampato sulla faccia, le battute  uscivano come risate e
tenevano alto il morale. I minuti
100_5171erano contati. Quando bisognava andare in
stampa non c’erano imprevisti, ritardi da poter accampar
e. La rotativa dettava
i ritmi e quel momento, che doveva
tendere a perfezione, vedeva tutti
indaffarati: chi a scrivere, chi a corregger le bozze in un misto di sta
nchezza
ed eccitazione.
Finché a tarda notte, concluso il lavoro, non restava che
tornare a casa. Il Censore ancora ricordava quando aveva trasgredito la regola
per la prima volta. Voleva essere lì quando il giornale sarebbe uscito dalle
rotative, voleva toccarlo,annusarlo, scorrerlo in fretta per andare a leggere
il pezzo  sulla recita parrocchiale. Una piccola cosa, perduta in mezzo al
resto però sotto
c’era il suo nome, l100_5205
'aveva scritta lui. Era il primo articolo
che gli pubblicavano. Mentre la rileggeva assaporando ogni parola, segnandosi
le correzioni che avrebbe voluto fare e non poteva più, gli sembrava di
intravedere la sua vita. Come uno impegnato a sbirciare dalla serratura,
incerto, eppure convinto di voler sapere almeno una parte del suo futuro. Quei
minuti passarono in fretta e così giunse l’alba e poi il resto.


 

mercoledì 16 aprile 2008

linee d'ombra

-E' tutta questione di linee?
- Le linee sono importanti. Non si possono inventare.
Disse scuotendo il capo e tornando a sedersi dietro la scrivania.
- Non avrei mai pensato... di essere..
Fu fermata bruscamente.


- Si, lo so,  la solita storia. Non  pensavo  di
poter essere qui. Sono  molto felice. E' più di quanto sperassi...
Basta! Almeno un pò di fantasia per favore.
- Ma io...
- Ma tu niente. Dove lo tieni il carattere? Non voglio più sentire storie.
- ...
- Ascolta, cosa rimarrà di questi giorni? Cosa ricordai? Solo con l'impegno si ottengono dei risultati.

E' questione di anni. E tu? Cosa fai? Non ascolti  le critiche. Pensi
che basti divertirsi. Non sei tu che devi divertirti.  Ci sono persone
che pagherebbero per
essere al tuo posto. Faticherebbero il doppio di te e non si
perderebbero dietro uno specchio.  Quante volte ti ho detto che devi
essere sicura di quello fai, sicura perchè lo sai. Tanto non puoi
imbrogliarmi.

La porta sbattè senza ritegno. Non rimase che il silenzio a farle compagnia e pure quello le sembrò un pò molesto.

martedì 15 aprile 2008

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo


      Eugenio  Montale [da Ossi di seppia,
1925]
 




venerdì 11 aprile 2008

Riflessioni sul voto

Viviamo un periodo difficile. Le
elezioni politiche sono imminenti ed è forte la tentazione di restarne fuori.
Se proviamo a pensare alla politica ci vengono in mente tutti i difetti, gli
sbagli commessi in questi anni, abbiamo l’impressione di essere un numero che
poca conta e poco potrà dire. L’antipolitica fa proseliti. Non andare a votare
sembra un atto di coraggio.


In realtà ora più che mai ci viene richiesto
di fare qualcosa, provare a incidere nel nostro piccolo, guardare al futuro con
più ottimismo. E’ difficile e insieme necessario, provare a farlo. Tenersi
informati su ciò che accade, acquisire opinioni non mediate, ci aiuta a essere
cittadini più consapevoli, capaci di aiutare il nostro paese.


Il Partito Democratico,
costituito in questi mesi, lancia una sfida importante. Si può fare, il motto scelto da Walter Veltroni è una spinta a non
lasciare nulla di intentato. Se non esiste un mondo perfetto possiamo contare
sulla speranza di un mondo migliore dove il merito venga premiato, l’onestà sia
la norma e le discriminazioni combattute.  Il rispetto per le persone, per le istituzioni è alla base di quel progetto. Rispetto e serietà sono una spinta verso un futuro più sereno.


Il futuro è l'unico posto in cui possiamo andare


Pd_veltroni1_2


 

sabato 5 aprile 2008

Arrivederci, amore ciao...

La mano rimase sospesa nell'aria
come incapace di trovare altro luogo.  Poi lentamente scese fino a toccare
la  sedia ove la donna aveva trovato rifugio. Quel  coraggio tante
volte cercato,  necessario  compagno di ogni cosa, si era dissolto.
Aveva perso. Lo sapeva. Forse per questo aveva rinunciato  alle parole.
Non conosceva altra strada se non quella che si stava sgretolando sotto i suoi
piedi. Provava ad ascoltare ed anche questo non le riusciva bene. Gli occhi
bassi ad accarezzare i piedi. Le mani arrese ai lati d'un corpo ormai
stanco.  Il  suo volto  non  mutava d'umore.  Evitava
con cura l'uomo che le era di fronte. Un uomo che  proseguiva senza
curarsi di lei, sembrava futuro e non si dava pena di nasconderlo. Gesticolava
animosamente, parlava e disegnava progetti, sogni che sembravano a un passo da
lui. Lei era l'ostacolo. Inutile chiedere il perchè delle cose, muover dubbi là dove la
decisione era stata presa.


Erano stati amore, poi abitudine,
infine necessità. Ora  anche questa stava per rompersi e non rimaneva che
la distanza a segnarli.


Ogni cosa al suo posto


anche il cuore

martedì 1 aprile 2008

Il passato è una terra straniera

Giorgio fa colazione al bar. Vede
una donna, la riconosce, è l'inizio di un viaggio a ritroso che lo porta a
ripercorrere un pezzo di passato che per molti versi sente estraneo.


Bari, fine anni ottanta. Giorgio ha ventidue anni, è a un passo dalla laurea,
ha una fidanzata di buona famiglia, una sorella invischiata in una vita
sbagliata e rabbiosa. Due genitori intellettuali che sembrano un pò distanti.
Incontra, a una festa, Francesco, attaccabrighe misterioso, lo difende, sono coivolti in una rissa.  Giorgio viene guardato con sorpresa dagli amici che
sembrano non riconoscerlo. Lui  e Francesco devono andar via  E' la svolta. Iniziano a frequentarsi, diventano amici. A Giorgio va stretta la sua vita. Tutto è noioso, inutile. Viene introdotto
dall'amico a folli serate consumate nel gioco d'azzardo, un gioco che Francesco
è in grado di guidare, distribuendo vittorie e sconfitte. Per un momento lui è un
oscuro, importante, destino . Giorgio  presto abbandona gli scrupoli di
coscienza. L'impunità sotterra i dubbi. In quei giorni  non esistono che
le carte. Allievo di Francesco,  si esercita
per ore,  impara a maneggiarle. Ogni giorno è un passo verso
il l'abisso. Non c'è tempo per lo studio, non c'è tempo per  altro. Nello
stesso periodo  una serie di violenze  getta nel panico la città. Un
irrequieto tenente dei carabinieri indaga cercando di tenere a bada gli spettri
del suo passato. 
Giorgio è preda di forti emozioni. Pur avendo  sentore, in più di un
occasione, di non potersi fidare di Francesco lo segue, si fa condizionare. La
sua volontà è annullata. Partono per un folle viaggio in Spagna, poi il ritorno
e poi... Il viaggio verso l'abisso sembra non avere fine, un passo dopo
l'altro, senza più freni morali fino a quando…


Le pagine scorrono veloci, mi ha sorpreso la facilità con la quale Giorgio si
trova a percorrere la strada sbagliata. I sensi ottenebrati,  sembra quasi
ineluttabile che cada. Lui e gli altri  personaggi si muovono gli uni
estranei agli altri, mossi da interessi ed egoismi che impediscono legami
profondi.  In un atmosfera opprimente che percorre l'intera storia e quasi
toglie il fiato: nulla sembra buono, nulla sembra destinato a salvarsi.



Il passato è una terra straniera


di Gianrico Carofiglio