giovedì 17 aprile 2008

Il Censore non serviva più.

Il soprannome l'avevano inventato alcuni
suoi colleghi, in una serata di grazia, il pollice levato aveva
accompagnato
ogni suo giudizio. Strano, fatto da lui, critico per natura più che per
professione, aveva trovato n
100_5300
ella pagina cinematografica il suo regno. L'aveva
costruito pezzo per pezzo, da quando era entrato,
  novello garzone di penna,
con la gentile spinta di Zio Ernesto. Non che poi ne avesse
abusato. Gli era bastato entrare,
  al resto avrebbe pensato da solo - si diceva
- mentre avanzava nelle sacre stanze della redazione. Non aveva nemmeno uno
scrivania. Lo spazio era poco ed era riservato a chi il mestiere lo sapeva. Si
era adattato a scrivere su uno sgabello, in un angolo. Quando
aveva finito, si me
tteva in attesa di una macchina libera e poi giù a battere.
Una lettera per volta, errori bislacchi recu
100_6717perati con repentine correzioni.
Anche l’aria gli piaceva. Sapeva un po’ di chiuso: un misto di si
garetta e
inc
hiostro. Bei tempi, contava meno di zero però faceva parte del gruppo, era
la masco
tte a cui chiedere di sbrigar le commissioni,  non faceva paura
perché tanto era inesperto.  A quel tempo sapeva essere simpatico.
Con un
sorriso sempre stampato sulla faccia, le battute  uscivano come risate e
tenevano alto il morale. I minuti
100_5171erano contati. Quando bisognava andare in
stampa non c’erano imprevisti, ritardi da poter accampar
e. La rotativa dettava
i ritmi e quel momento, che doveva
tendere a perfezione, vedeva tutti
indaffarati: chi a scrivere, chi a corregger le bozze in un misto di sta
nchezza
ed eccitazione.
Finché a tarda notte, concluso il lavoro, non restava che
tornare a casa. Il Censore ancora ricordava quando aveva trasgredito la regola
per la prima volta. Voleva essere lì quando il giornale sarebbe uscito dalle
rotative, voleva toccarlo,annusarlo, scorrerlo in fretta per andare a leggere
il pezzo  sulla recita parrocchiale. Una piccola cosa, perduta in mezzo al
resto però sotto
c’era il suo nome, l100_5205
'aveva scritta lui. Era il primo articolo
che gli pubblicavano. Mentre la rileggeva assaporando ogni parola, segnandosi
le correzioni che avrebbe voluto fare e non poteva più, gli sembrava di
intravedere la sua vita. Come uno impegnato a sbirciare dalla serratura,
incerto, eppure convinto di voler sapere almeno una parte del suo futuro. Quei
minuti passarono in fretta e così giunse l’alba e poi il resto.


 

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