mercoledì 18 giugno 2008

Mario Rigoni Stern

E' morto lunedì
sera, nella sua Asiago. Era un testimone, un uomo che ha vissuto il ‘900 e l’ha
raccontato. Aveva un modo di scrivere nitido,  quasi per immagini.
Questo amore per la natura e per le persone lo riversava in ciò che scriveva,
nei gesti. Riusciva anche con poche  parole a comunicare sentimenti, emozioni facendo superare la barriera della pagina. Curioso
della vita, impegnato, saggio. E’ una coscienza critica di cui sento la
mancanza.


Riporto un post che ho scritto  il 19  novembre 2007




"Sabato mattina ho ascoltato la videoconferenza di Mario Rigoni Stern.  L’incontro dal titolo La
Storia e la Memoria
lo vedeva conversare con Paolo  Collo


Mario Rigoni Stern è un ragazzo
del ’21. Il suo primo ricordo legato alla guerra, la  Prima, è una bomba che trovò quando aveva due anni. Iniziò a
colpirla. La madre vedendolo con quel ordigno  svenne. Un parente gliela tolse di
mano. I colpi erano stati dati di lato, se avesse toccato la punta non avrebbe
potuto raccontarlo.


Molti suoi compaesani avevano
dovuto evacuare nel ’16. Dopo Caporetto si era dispersi per l’Italia e non
sempre erano stati  accolti bene. Il
paese durante la guerra era stato distrutto  dai bombardamenti. Lo scrittore era nato in
una delle prime case ricostruite. A quel epoca molte delle persone  che erano ritornate abitavano ancora in baracche. Il
municipio venne ricostruito negli anni ’20 e inaugurato dal  principe Umberto. Nel dopoguerra c’erano
ancora diversi prigionieri polacchi e slavi, nel loro paese d’origine non avevano
cibo. In Italia  recuperavano e seppellivano i cadaveri dei
soldati, raccoglievano le mine, i metalli, i resti della guerra.


Il metallo raccolto poteva essere
venduto così anche gli adulti e i bambini del paese a volte si dedicavano a cercarlo. Il rame valeva
di più, poi c’era la latta usata dagli austriaci, i metalli pesanti usati da
americani e inglesi.  Capitava, anche a
distanza di anni, di trovare i resti dei caduti. Italiani, austriaci, migliaia di
persone morirono su quelle montagne e molte non trovarono sepoltura. I bambini,
quando capitava loro di trovarne qualcuno, nel mentre che stavano giocando nei boschi, non si impressionavo più di tanto, faceva
parte anche quello della vita. Avvertivano i responsabili che procedevano poi a
seppellirli. Lo scrittore ricorda che quando era bambino non aveva bene la
coscienza della guerra che c’era stata.


 Caporetto
aveva rappresentato una
svolta anche nel modo di considerare i soldati. Dopo il 24 ottobre 1917
si
iniziò a trattarli come persone, dando loro un rancio migliore e
cercando di
non metterne in pericolo la loro vita inutilmente. Il bollettino di
guerra, pubblicato dopo Caporetto, descrive una sconfitta, le
responsabilità sono attribuite ai soldati. In realtà furono le
decisioni prese dal generale
Cadorna  a causare la disfatta. Il generale
non fu in grado di comprendere una guerra combattuta in maniera nuova,
senza
più le caratteristiche dei conflitti ottocenteschi. Ai soldati non
restò, in
quel frangente, che ritirarsi combattendo.


 Negli anni ’30 Mario Rigoni Stern
era un bravo sciatore. Nel 1938 si iscrisse alla scuola militare d'alpini smo di Aosta, voleva
diventare ufficiale. Molti suoi insegnanti avevano partecipato alla Grande
Guerra.


Lo scrittore ricorda che quando
iniziò la seconda guerra mondiale il rancio era ancora quello della prima.
Sulle scatolette era stampigliato 1918. Nella prima fase si era combattuto contro
la Francia. Gli italiani durante le azioni andavano a recuperare anche le gallette dolci, il miglior rancio
francese.


Rigoni Stern è uno dei reduci della ritirata
di Russia. Aveva combattuto, era stato promosso. Alla fine della guerra decise di abbandonare la carriera
militare. Molti
non erano tornati e certe volte lui aveva il rammarico di avercela fatta.


Lo scrittore ricorda
le visite all'amico Nuto Revelli, le passeggiate in montagna, nel cuneese.
L'incontro con l'ultimo abitante di una borgata impegnato, quando già
cadevano i primi fiocchi di neve, a togliere patate. Morto lui, non vi
fu più nessuno. Rimase una chiesa con la porta semiaperta e la cornetta
di un telefono che penzolava. Rigoni Stern parla di valli disastrate
ormai piegate da uno  spopolamento a cui diventava difficile porre
rimedio.
L'amore per la natura affiora nelle sue opere. Lo scrittore afferma l'importanza di curare i boschi che  pur non dando un
ritorno economico immediato sono necessari e, quando ben curati, utili
nel prevenire gli incendi.


A una platea composta
in buona parte da studenti  si rivolge  dicendo "Chi cerca un lavoro
non lo trova, chi sa fare ne trova tre"  Emerge l'importanza della fatica,
del conquistare le cose anche con sacrificio evitando di abbandonarsi a uno
sterile consumismo. Lo scrittore dice di avere fiducia nei giovani.
Si apre anche un piccolo dibattito con il pubblico in sala. Una signora
interviene parlando di uno zio disperso in Russia. Questa tragedia,
respirata in casa  fin da quando era  bambina, l'ha spinta a raccogliere
le testimonianze di chi è tornato. Pensa che la memoria passi
attraverso l'emozione. Un insegnante chiede come si farà a trasmettere
la memoria quando la generazione che ha vissuto quei fatti non ci sarà
più e mancherà anche la generazione successiva, quella dei figli. E'
importante ricordare per far sì, come diceva Primo Levi, che certi
fatti non si ripetano.  Leggere le testimonianze di chi quel periodo la
vissuto.


L'incontro finisce e
io mi sento un pò commossa, felice di aver potuto ascoltare e avere
nuovi spunti di riflessione. Fino a ieri non avevo letto alcun libro di
Mario Rigoni Stern. Ho pensato che era arrivato il momento di inziare.
Da quale? La scelta non è stata facile. Ho sfogliato libri più  e meno
noti. Leggendo  trame, osservando copertine, sono giunta a Le Stagioni di Giacomo. Mi sembrava la giusta continuazione di quanto avevo ascoltato o meglio: il giusto inizio."



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