martedì 12 settembre 2006

Fahrenheit 9/11

Ho visto una parte del documentario di Michael Moore Fahrenheit 9/11. Un punto di vista diverso, inquietante. Il dopo 11 settembre in America appare come un periodo contraddittorio, confuso nel quale i tg richiamavano l'attenzione sulla possibilità di stilografiche piene di veleno, modellini carichi di esplosivi, la possibilità che si dirottassero traghetti. Informazioni contrastanti, sul livello di pericolo e la possibilità di godersi le vacanze. Notizie opposte che mandavano in confusione la gente, non  più in grado di distinguere i pericoli veri e presunti. Impaurita al punto da rinunciare a parte della propria libertà per la sicurezza, acconsentendo al Patriot Act.


Una larga pagina è dedicata alle guerre che hanno visto protagonista l'America negli ultimi anni. In America diventare soldati non è sempre una scelta  diventa  spesso una necessità, un modo per sopravvivere nelle zone depresse del paese,  dove la disoccupazione è alta e non si intravedono altre strade. Agli studenti viene proposto di arruolarsi per un anno nella Guardia Nazionale. Si è impegnati nei week-end e 2 settimane nell'anno, così si possono pagare le spese universitarie. Ci sono persone, in divisa, incaricate di girare nelle cittadine più povere,  per convincere i giovani a arruolarsi. Consegnano biglietti da visita, si comportano come se vendessero frigoriferi. In realtà vendono morte. Forse per i giovani arruolati, forse per i "nemici". Hai moglie e figli? L'esercito è il posto giusto per te. Non sai cosa fare? Arruolati, l'esercito pensa a te. Forse sarebbe meglio dire:  pensa per te. Questi arruolatori non vanno nei quartieri più ricchi, sanno che li non riuscirebbe a convincere nessuno a imbracciare il fucile.


Le opinioni dei cittadini americani sono piuttosto contrastanti. Una madre  ha la figlia in Irak. Appartiene a una famiglia di militari. Ogni giorno ha appeso la bandiera a stelle e strisce fuori dalla porta, senza farle toccare terra, tanto è il rispetto. Dice che sono tante le famiglie così negli Usa, con padri, fratelli, cugini, zii che si sono arruolati per difendere il loro paese. Questo è un modo per dimostrare il loro attaccamento alla patria. Un'altra madre piange il figlio morto, dice che non è stata Al Quaida a mandarlo  in Irak, sente dolore e rabbia che si confondono dentro di lei.


Sono stati  intervistati giovani soldati. Parlavano di come si caricavano per la battaglia ascoltando musica, nei carri armati. Alcuni davano l'impressione di essere  i protagonisti di un qualche videogioco fatto di spari, luci, gesti veloci. Ascoltandoli si percepiva la loro scoperta della guerra, la loro presa di coscienza di quello che comporta. Corpi imputriditi, bambini senza più arti, distruzione, dolore, lacrime.  Morte da qui non si può tornare indietro. Gesti che hanno delle conseguenze.  Un giovane soldato dice "Non puoi uccidere una persona senza uccidere una parte di te stesso".


In America da un lato si rispettano i soldati, dall'altra si fanno proposte per tagliar loro gli stipendi corrisposti per le missioni all'estero, tagli per gli aiuti alla famiglie, tagli per le cure ai reduci. I famigliari di un soldato morto il 26 del mese hanno ricevuto il suo stipendio decurtato di 5 giorni, i 5 giorni nei quali non ha lavorato perchè era morto. Sono più di 500 i membri del Congresso, solo 1 dei loro figli è in missione in Irak. Gli altri sono a casa. Moore ha provato a fare, in maniera un pò provocatoria, un opera di propaganda pro-arruolamento come viene fatta nei quartieri poveri davanti al palazzo del Congresso. Alcuni parlamentari hanno preso l'opuscolo  con un sorriso che sembrava misto a compatimento, altri si sono allontanati infastiditi. La partenza dei loro figli per la guerra non è in discussione, restano a casa perchè in guerra si può anche morire. Sono le parole che mi sono venute in mente vedendo quei visi sereni, di chi non deve aspettare il ritorno di un loro caro, una lettera, un segno della fine della guerra. Lo stesso regista si è chiesto chi sacrificherebbe un proprio caro in guerra. Una risposta che si fa complicata, con tante sfaccettature e la sicurezza che per qualcuno  la possibilità di scegliere si assottiglia.


Si scopre così, o forse lo si è sempre saputo che i soldati  in prima linea impegnati a combattere, appartengono alle fasce più deboli. Muoiono per difendere l'America, la democrazia, la libertà. Micael Moore dice "per dare la possibilità a noi di stare a casa a fare qualcos'altro".   E' questa l'America dalle tante facce,  inquieta, non sempre concorde che si trova ad affrontare il dopo 11 settembre, la paura e l'incertezza che reale o costruita appare come un muro difficile da superare.


Queste sono le miei impressioni quando ho finito di vedere il documentario.

Nessun commento:

Posta un commento