lunedì 30 aprile 2007

Due vite fissate in un istante (2)

Sono distanti. Li separano le parole non dette  e
quelle urlate in un momento di rabbia. Il sapore amaro di qualcosa che
finisce nonostante tutto. Questione di minuti e il muro non potrà più
essere scavalcato. Io tifo per loro ma questo non basta, è solo un
intrusione breve come uno scatto. Provo ad  andare avanti.


 Marie ha
imparato presto a mascherare le sue emozioni. Il primo ricordo risale a
quando aveva tre o quattro anni. Era infilata sotto le coperte,
stringeva tra le braccia il suo Teddy eppure aveva freddo. Forse erano
le grida che provenivano dall’altra stanza a farla stare male o  forse
la sensazione di essere sola. I suoi genitori erano giovani, un tempo
innamorati ma l’amore era finito presto e ora non rimanevano che le
responsabilità e da sole, sembravano ancora più pesanti. Così quando la
notte si faceva più scura e la stanchezza non dava tregua riemergevano
gli scontri, sempre più accesi e difficili da confinare nella camera da
letto. Marie aveva capito che qualcosa non andava. Sua madre era  triste e il padre spesso arrabbiato.  Aveva
imparato allora a non piangere. Suo padre odiava le lacrime e non
perdonava a nessuno questa debolezza. Marie da brava bambina non
piangeva, non faceva domande e non cercava risposte a quella solitudine
che le attanagliava il cuore. Non aveva pianto neanche quando il padre
se ne era andato sbattendo la porta. Si era fatta forza per sua madre e
per se stessa, bisogna andare avanti in qualche modo. Dissimulare i
propri sentimenti era diventata la pratica di ogni giorno. Almeno fino
a quando aveva incontrato Hans.


 
La valigia era pronta da mesi, da quando si era resa conto di amarlo.
Giorno per giorno aveva provare a estirpare quel sentimento ma non ci
era riuscita. Serviva un freno. Ieri era giunta una lettera, la
risposta a una sua domanda
di lavoro. L’avevano assunta, nel giro di una settimana sarebbe partita
per l’Italia. Non era stato facile comunicarlo a Hans. Perché era
stata la parola più ricorrente. Perché aveva presentato la domanda ?
Perché aveva accettato senza discuterne? Perché non aveva tenuto conto
di loro due?


Lei aveva pensato a loro due e  proprio
per questo aveva agito così. Meglio separarsi adesso, la sofferenza poi
passa, l’amore è solo un illusione, si era detta. Ne era quasi
convinta. Ma ad Hans questo non poteva dirlo. Si era sforzata di
cercare una verità plausibile, quasi indolore e non si era mossa di lì,
nonostante le richieste di spiegazioni, di tempo. Il loro tempo era
finito ed era meglio accettare la cosa senza troppe recriminazioni. Lui aveva dato segno di arrendersi, almeno per il momento. L’incantesimo si era rotto. Meglio tornare a casa.


Marie si appoggia
alla pensilina. Le labbra tremano. Morde la lingua in maniera quasi
convulsa e non vuole piangere. Nè toccare l’uomo che le sta a fianco.
Un punto fermo dove volgere lo sguardo e i pensieri altrove. Questa è
la sua ricetta. Maledetto autobus, sempre in ritardo.


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4 commenti:

  1. Belle prove di scrittura, complimenti, Giulia

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  2. Bello bello bello e brava.
    Scusa, ma sono stanco morto! la prossima volta sarò più "approfondito" eheh
    un abbraccio,
    anecòico

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  3. Grazie Giulia, sono contenta che ti è piaciuto.
    Pinky

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  4. Ciao Anecòico grazie, spero che oggi tu sia riuscito a riposarti un pò. 2:14 bell'orario per i blog ;)
    Ho approfittato di questi giorni d'assenza per recuperare il sonno perduto.
    un abbraccio
    Pinky

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