mercoledì 25 aprile 2007

25 aprile

Già al
termine della seconda guerra mondiale si era sentito la necessità di non
contaminare la Resistenza con la retorica. Diversi scrittori che avevano vissuto l’esperienza partigiana
si erano preoccupati di questo aspetto, nel raccontare quanto era accaduto.
Roberto Battaglia nel 1945 scrisse Un
uomo, un partigiano
per descrivere la sua esperienza in Garfagnana e
Lunigiana, la prefazione portava la data del 15 aprile, dieci giorni prima
della liberazione.  Italo Calvino
scrisse che la: «Resistenza rappresentò la fusione tra paesaggio e persone».


Nuto Revelli
in una lettera inviata a Galante Garrone nel primo decennale della Resistenza così si esprimeva:


 «A
volte leggendo libri partigiani, quasi mi lasciavo cogliere da un senso di
smarrimento: madonna santa, ma che partigiani in gamba, tutti robusti, tutti
perfetti, politicamente bene inquadrati, che di “mangiare” non parlavano mai,
che ammazzavano i tedeschi a centinaia, e sparavano sempre fino all’ultima cartuccia. Possibile che soltanto per noi,
partigianelli del Cuneese, esistessero una infinità di piccoli problemi – le
scarpe, il sacco di farina, il chilo di sale, il partigiano lazzarone, il
partigiano fifone, il comandante sfessato e mille altre diavolerie?... E’ gente
questa (a volte i comunisti gli fan da maestri) che non si adattano a pensare a
un partigianato così come l’hanno vissuto: lo vogliono romanzare, quasi un
partigianato a fumetti. Grosse battaglie, tedeschi falciati a centinaia, con i
partigiani che a migliaia vivevano d’aria e di poesia... a questa gente l’aria
del decennale fa male, li porta su un terreno che non è il loro, e sul quale si
muovono a disagio quasi goffamente»[1].


    Analizzando i
documenti, in particolare, garibaldini ho potuto osservare come siano frequenti
le richieste di armi e munizioni, soprattutto in concomitanza con la crescita
della formazione, i partigiani garibaldini percepivano un diverso trattamento
rispetto alle formazioni G.L che si riteneva potessero fare affidamento su un
migliore equipaggiamento e più soldi. Indispensabili per coprire le spese della
Brigata. In alcuni documenti i garibaldini accusavano i giellisti di svolgere
opera di propaganda tra i propri distaccamenti presenti in valle cercando di
arruolarli nelle brigate G.L. Valle Maira. Nonostante questo, molto spesso, le
due formazioni collaborarono insieme nell’organizzare e compiere azioni, per la
difesa delle centrali idroelettriche e la distruzione di ponti, si scambiarono
prigionieri. 


Risultò
interessante l’esperienza della Repubblica di Valle Maira che pur essendo in
funzione per un periodo limitato, nell’estate del 1944, manifestò la volontà di
introdurre cambiamenti nell’organizzazione del commercio e delle attività
valligiane.


Don Raviolo,
Arciprete di Dronero riferendosi ai partigiani scriveva nel suo diario che
erano «I giovani al monte, unica espressione di vita e indipendenza nazionale»2,
don Giuseppe Abello, parroco di Albaretto li definì  «I veri soldati d’Italia».3


La popolazione sostenne gravi sacrifici in quei venti mesi. Vennero incendiati San Damiano Macra, Cartignano e la frazione il Podio, diversi civili furono sottoposti a rappresaglia.
A Dronero nel mese di febbraio 1945 si svolsero i bombardamenti anglo americani
che causarono vittime fra i civili e misero in luce lo spirito di solidarietà che regnava fra la gente, molti
droneresi vennero ospitati nei paesi vicini e nelle frazioni circostanti.


 


«Al
di là dei sacrifici umani, pure non lievi, Dronero fu, dopo Boves, il centro
del Cuneese che ebbe a subire durante la guerra di Liberazione i danni
materiali più ingenti; fra i caduti delle brigate partigiane e civili uccisi,
in rapporto alla popolazione residente, la città ebbe una percentuale di
militanti in armi e di vittime del conflitto fra le più elevate della
Provincia. In più, Dronero si distingue per aver dato alla Resistenza, nell’
arco politico dai liberali ai socialisti ed ai comunisti, una dirigenza locale
antifascista di grande abnegazione e di incorrotti convincimenti coltivati per
i decenni della dittatura»4


 Il 16 novembre 1986, Dronero ricevette
dalla Repubblica italiana la Croce di guerra al valor militare.






[1] «Tutto
libri», a. XXVIII, n. 1409, 24 aprile 2004, p. 1.
Citazione in Ricordare il 25 aprile senza retorica,
restituire agli italiani la fatica della Resistenza
di Giovanni de Luna



2 M. Giovana, Partigiani
e popolazione. Valori ideali nella Lotta di Liberazione in Valle Maira,
tipografia
Ghibaudo, Cuneo, 1996, p.13.


3 Ibidem 





4 M. Giovana, Dalla seconda guerra mondiale alla liberazione   M. Calandri, M. Cordero, Dronero 1900-1945. Studi in onore di Pietro Allemandi, L’Arciere, Cuneo, 1990, p.232


10 commenti:

  1. Belle queste tue citazioni... Ciao Giulia

    RispondiElimina
  2. Si, trovo disgustosa la manipolazione "in tono rosso" di quello che fu qualcosa di tuti gli Italiani. I soldati di Cefalonia erano in buona parte sentitamente fascisti ... e si fecero ammazzare dai Tedeschi.
    Ma c'è dell'altro, qui:
    http://minimamoralia.blog.lastampa.it/minima_moralia/2007/04/il_nuovo_che_av.html

    RispondiElimina
  3. Ciao Giulia,
    grazie. mi fa sempre piacere leggere i tuoi commenti.
    Pinky

    RispondiElimina
  4. Ciao Demata,
    Provo grande rispetto per i partigiani e per le persone che hanno vissuto l'orrore della guerra. Non penso ci sia una manipolazione "in tono rosso" .I soldati di Cefalonia hanno compiuti un gesto eroico, oggi sono stati ricordati dal Presidente della Repubblica. E' impressionante e doloroso pensare a 9500 persone morte e al dolore delle loro famiglie. Una tragedia. Non so quale fosse il loro orientamento politico e mi sembra di secondaria importanza rispetto al coraggio che hanno dimostrato.
    Pinky

    RispondiElimina
  5. Cara Pinky,
    Molto interessanti le citazioni che fai. Io ricordo la lotta tra partigiani, brigate nere e tedeschi e ho visto che è stata validissima la collaborazione con gli americani che si tenevano in contatto con messaggi radiofonici.
    Complimenti per il tuo blog su questa data.
    Saluti.... Adel07 (Easy Rider)

    RispondiElimina
  6. Quante vicende nel periodo della Resistenza! Fu una lotta corale, un impegno e un sacrificio collettivo. Ora, il ricordo di quei giorni stimola la perseveranza di tutti per la salvaguardia dei valori comuni della democrazia. Un caro saluto, Fabio

    RispondiElimina
  7. Ciao Adele,
    grazie. Ti ringrazio per la tua testimonianza, ciò che scrivi fa riflettere.
    un caro saluto
    Pinky

    RispondiElimina
  8. Ciao Fabio,
    usi delle parole molto belle è importante salvaguardare i valori della democrazia.
    un caro saluto
    Pinky

    RispondiElimina
  9. Ho commentato molti luoghi comuni della Liberazione sul mio blog http://minimamoralia.blog.lastampa.it/minima_moralia/2007/04/il_nuovo_che_av.html
    Come meridionale sono indignato: tutti parlano dei bimbi di marzabotto e nessuno degli scugnizzi napoletani.
    Con la differenza che i primi si trovarono lì "per malasorte" i secondi, sempre bambini, per scelta, ben sapendo contro chi andavano a combattere. E con la differenza che dei secondi non se ne parla.
    E con un'altra differenza ancora: nella mia città siamo insorti, non ci siamo dati alla macchia per sabotare le retrovie ...

    RispondiElimina
  10. Ciao Demata,
    non sono d'accordo con quanto scrivi.
    La prima cosa da usare parlando di persone che hanno sofferto e che sono morte in maniera così tragica è il rispetto. Non abbiamo vissuto quegli anni e penso sia sbagliato abbandonarsi a giudizi superficiali. I bambini morti in guerra, sono vittime innocenti, non si possono e non si devono fare classifiche.
    Il blog è un ottimo mezzo per far conoscere pagine di storia poco conosciute però va usato con giudizio. Riguardo all'ultima frase posso solo scrivere che non ti fa onore e mi indigna leggerla. Mi indigna leggere questo tipo di ragionamenti. Migliaia di partigiani e civili sono morti durante la guerra e non meritano di essere giudicati in maniera tanto superficiale.
    Pinky

    RispondiElimina