sabato 20 maggio 2006

Anche libero va bene

Kim Rossi Stuart ha presentato a Cannes "Anche libero va bene" . Era accompagnato da Barbora Bobulava (nel film la moglie Stefania) e il bravo protagonista Alessandro Morace (il figlio Tommaso).


Il film segna l'esordio alla regia di Kim Rossi Stuart. E' stato salutato favorevolmente dalla critica, ha ricevuto 7 minuti di applausi.


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Kim è Renato, un giovane padre, si occupa dei figli Viola e Tommaso. La moglie, Stefania entra e esce dalle loro vite. Renato è un operatore cinematografico, si mette in proprio senza ottenere molto successo. E' un padre presente, amato dai figli. La sua è però una presenza più fisica che morale. Detta i tempi, le scelte sono fatte in base ai suoi desideri. Impone a Tommy di fare nuoto anche se il bambino vorrebbe giocare a calcio. Cerca nel figlio il riscatto per le sue sconfitte.


Il film è incentrato sul rapporto padre-figlio. E' un film a dimensione di bambino. Tommaso ha il raro dono di capire prima degli adulti che lo circondano la realtà delle cose. E' serio e taciturno. Così risponde alla fragilità dei legami famigliari. Sfida le proprio paure. Cerca un'equlibrio che non ha nella vita quotidiana, camminando sui tetti del palazzo. Osserva quanto accade quasi come uno spettatore che ha paura di essere ferito. Quando la madre torna non le dimostra inizialmente il suo affetto. Quando inizia  a lasciarsi andare, subisce un nuovo abbandono.


La famiglia è stretta tra il dolore per la fuga di Stefania, dolore che Tommy non esterna, e le difficoltà economiche. Il bambino si rifugia da vicini di casa che hanno un figlio suo coetaneo. Sembrano il ritratto della famiglia "perfetta", benestanti, ruoli ben definiti. Non fanno domande, accolgono il bambino senza interrogarsi sul suo disagio. Tommaso ha uno scontro con il padre. Deve scegliere se stare con lui o trascorrere la settimana bianca con la famiglia che lo ha accolto quasi come un figlio. E' un momento cruciale che segna una svolta nella vita dei protagonisti.


Bel film, una storia normale nella quale molti possono riconoscersi. Trattata con delicatezza dal regista. Alessandro Morace è espressivo, credibile nel ruolo. Lo spettatore che  si abbandona nel film corre il rischio di commuoversi nel finale. Non ci sono effetti speciali.  E' una storia che tocca i sentimenti, tocca tanti temi. Non riesce forse a approfondirli tutti. Dà spunto per riflessioni generali, personali e intime,  sulla famiglia, i legami tra le persone che la compongono, i meccanismi che la fanno funzionare. La necessità di trovare punti di incontro.


Bravo il regista Kim Rossi Stuart, che ha dovuto anche recitare a causa della defezione di un attore.


Dimostra sensibilità nel trattare la storia, non esprime giudizi. Forse dal punto di vista registico la trovata più bella è stata quella di tenere la cinepresa fissa su Tommaso e la madre seduti su una panca.  Renato rientra a casa e non sa ancora che la moglie è tornata. Madre e figlio sono lì immobili, sui volti si vede il succedersi dei pensieri, si legge il disagio mentre sentono la voce di Renato che è sul pianerottolo e parla con la figlia. Non sanno come reagirà.


Il linguaggio in alcune parti è un pò crudo.


Mi piace la naturalezza con cui la cinepresa segue Tommaso, le scene girate sul tetto, quasi una metafora del suo disagio.  Mi piace il finale quasi liberatorio. 



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