venerdì 7 settembre 2007

- Una parte di me -


Gina era alta, appena un po’ robusta. I capelli neri e folti. Due occhi
azzurri puntati sul mondo. Aveva un’aria decisa e risoluta. Inusuale in donne
della sua età. Più comprensibile per chi conosceva la sua storia.  Era cresciuta con una zia,  nella vecchia casa arroccata all’inizio del
paese. Quella che un tempo era stata una 100_3888_2famiglia numerosa, si era ridotta a
loro due sole, unite nel condividere il
ricordo.      Rare erano le foto appese alle pareti. Gli oggetti, testimoni degli
affetti più cari, erano disseminati nelle stanze. Spunto per i racconti della
sera.   Le donne trascorrevano quelle ore
filando o rammendando gli indumenti.
Gina prendeva un oggetto, spesso fuori
moda e fuori tempo, rimasto su una mensola a riposare per anni e lo posava sul tavolo. Chiedeva alla zia «Di
chi era?» L’anziana lo fissava per un momento, assorta. Fosse un pettine, un
vecchio cappello, una pipa o chissà cos altro. Lo fissava per un momento e poi  iniziava «Si, io mi ricordo…» quasi sempre
erano queste le sue prime parole. Mentre il lavoro scorreva nelle  loro abili mani, si dipanavano anche i fili
della memoria. «Quel cappello era di tuo zio Fredu. E’ partito così, dalla sera alla mattina, per l’America. Ci
ha lasciato due righe, vergate in
fretta e via. Nostro padre non voleva, a quel tempo non si usava ancora fare così. L’America è lontana. I
vecchi non la vedevano di buon occhio. Non si può risolvere i problemi tutti d’un colpo – dicevano - meglio non
rischiare. Se proprio uno vuole
cambiare, la Francia è più vicina, conosciamo questa o quella persona....  Ma Fredu non ascoltava, aveva la sua testa, le
sue idee. Il paese gli stava troppo stretto. E’ andato a San Francisco. Si è
sposato lì, con una del posto….».


La ragazza aveva le sue storie preferite, quelle che non si stancava mai
di ascoltare. Un piccolo pettinino d’argento occupava un posto speciale nel suo
cuore. Era delicato, grazioso. La nonna l’aveva ricevuto in dono il giorno in
cui s’era sposata. Lo vedeva brillare  nella foto dei due sposi. Appena sbiadita,  era appesa sulla parete della cucina.  Due giovani, eleganti nei vestiti della festa,
l’espressione seria di chi sa di aver fatto una scelta importante. Guardavano a
un futuro che era ormai cosa passata. Le loro esistenze erano state scandite da
figli e fatica, si erano interrotte quando non avevano ancora settanta anni.
Erano stati felici? Gina pensava di si, né aveva la sensazione ascoltando zia Neta e i suoi ricordi di una famiglia
unita, anche nelle difficoltà.


Poi era rimasta sola. Non le sembrava possibile abitare in quella
casa. Aveva pensato che partire fosse la soluzione.
La città, il lavoro come
domestica. La mezza giornata di libertà trascorsa a camminare. Poco importava
la direzione, voleva solo muoversi, lasciare andare i passi e i pensieri,
liberi di seguire la loro strada. Il lavoro era faticoso ma alla sua portata. I
padroni gentili. Il programma da rispettare era rigido. Un sistema collaudato,
così lo presentava la signora alle sue amiche. Ne era orgogliosa. Gina no,
certe volte sentiva il bisogno di cambiare. «Dove sarebbe potuta andare?» In
nessun posto le rispondeva il suo lato razionale. In nessun posto. Il nuovo giorno che si apriva la vedeva lì, a
combattere contro domande che riaffioravano insistenti e contro il desiderio di
una vita diversa.


(continua)

6 commenti:

  1. Cara Serendipity, che bel racconto, vivo e toccante. Sembra di vedere i miei figli che mi chiedono le stesse cose su oggettini che tengo nella mia casa-museo.
    Sia loro come i suoi amici che mi vengono a trovare son curiosi di sapere tutto su cose belle antiche e di valore morale e sentimentale-
    Come scrivi bene, naturale e qualche parola in dialetto piemontese... Simpatico post

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  2. Ciao Esmeralda,
    Sono contenta che ti è piaciuto, grazie!
    Pinky

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  3. Anch'io lo trov molto bello, ma del resto tu sai scrivere bene e hai sensibilità, Ciao Giulia

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  4. grazie Giulia per l'attenzione che dedichi a quanto scrivo e per il tuo essere una persona buona
    Pinky

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  5. Una parte di me (2)

    - Una parte di me - (1) Un giorno non ce la fece pi. Decise di tornare. La guerra era scoppiata da qualche mese. La citt non pi sicura. Gina aveva risparmiato un po di denaro. Sperava che potesse bastarle per qualche temp

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  6. http://pinky

    Una parte di me una parte di me (1) una parte di me (2) una parte di me (3) Si rinchiuse in casa per settimane, quasi fosse morta anche lei. Alcune persone erano venute a conoscenza del suo rapporto con Giorgio. Tacevano per piet. Il rischio di

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