mercoledì 12 settembre 2007

Una parte di me (3)

Il tempo ricominciò a scorrere. Gina tornò a sentirsi sola. Giorgio era il conforto. Il pensiero di ogni
giorno.  Alcune  lettere spezzavano il silenzio. Era stato spedito
lontano. Almeno per il momento non poteva tornare. Però la pensava. Glielo
ripeteva in ogni messaggio.  Un filo li
legava. Gina ne era convinta. Aveva una ragione in più per sperare nella pace.


Lo rivide dopo quasi un anno. Era
autunno inoltrato, cadeva la prima neve.
Il buoi era sceso presto. Sentì bussare alla
porta. Si spaventò. Scese giù dal letto,
si avvolse nello scialle ed andò ad aprire. Faticò a riconoscere Giorgio nell’uomo disfatto che aveva davanti.
Sembrava invecchiato. La barba era lunga. I vestiti avevano visto tempi
migliori. Gina lo abbracciò. Gli fece
segno di entrare in casa. Non voleva corresse rischi. Si raccontarono i mesi
che avevano trascorso lontano. Seduti davanti al fuoco, mentre la notte si
faceva più scura, venne il momento in cui le parole divennero inutili. Annullarono la lontananza. Le
preoccupazioni non ebbero più spazio. Il tempo fu cosa loro e basta, trascorso
come giovani d’un tempo migliore.


Salutarono insieme l’alba. Lui aveva fatto
diversi chilometri per raggiungerla, dovette ripartire. Le promise di tornare
presto e così fece, appena poteva, nei momenti più inaspettati, faceva la sua
comparsa. Cercavano, nonostante l’amore, di essere prudenti.  Iniziarono a parlare di matrimonio, di
stabilità. Quasi fuori posto quei pensieri, nel mezzo di una guerra che non
sembrava avere fine. Giorgio le diceva «Ci sposeremo quando tutto sarà finito,
vedrai come sarà bello celebrare il nostro matrimonio in pace». Gina annuiva. Quando
si vedevano giocavano a immaginare il loro giorno speciale e abbracciati
trascorrevano il poco tempo che era loro concesso. Ne emergevano felici, quel pensiero li
spingeva a guardare avanti. 


100_3888La primavera aveva preso il posto dell’inverno. Faceva caldo. Era un
banale giorno di marzo. Uguale a tanti altri. Gina stava lavorando nell’orto
quando vide Mario, il migliore amico del suo uomo. Un ragazzone alto e
dinoccolato, sempre allegro.  Le venne incontro dicendole che Giorgio era stato ferito in un’azione,
giù sulla strada provinciale, una
raffica di mitra lo aveva preso di striscio. Lo stavano medicando.


   
Non
era mai stato bravo a mentire. Gina gli prese le mani e gli disse solo
«Dov’è?» fissandolo negli occhi. Mario non riuscì a sostenere il suo
sguardo. Fece un segno con la mano «in cielo» le disse  a mezza
voce. Dalla ragazza non uscì alcun suono. Era come se si fosse spenta.

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