mercoledì 4 luglio 2007

this is my last ...

Il match si trascinava stancamente verso la fine. Max, ormai padrone dell’incontro, sembrava vicino alla conquista del torneo.


Max era più di una promessa. La prima racchetta l’aveva tenuta in mano che non aveva nemmeno tre  Tennis
anni. Il tennis era diventato il suo pane quotidiano. Lo allenava suo
padre, tra i più giovani esordienti in tornei internazionali, a 20 anni
vantava un palmares di tutto rispetto. Aveva riempito casa con i trofei
conquistati in giro per il mondo e poteva contare su una sicurezza che
molti  colleghi gli invidiavano. La racchetta era una naturale
estensione del suo corpo, il campo da gioco il suo regno. A grandi
falcate o con piccoli, passi veloci lo attraversava  alla ricerca della
posizione migliore per colpire. Era sempre lui a gestire il gioco,
scegliere mosse e strategie. Un servizio poderoso rendeva tutto più
facile


Jule era stato un
giocatore promettente, aveva vinto un paio di tornei importanti e
scalato il ranking mondiale fino a raggiungere le prime posizioni poi
il buio.
Chi lo conosceva bene diceva che il black-out era coinciso con una
semi-finale  di Roland Garros persa in maniera rocambolesca. In
vantaggio di due set a zero, si era fatto rimontare dall’idolo di casa.
Vittima della paura di perdere non era riuscito a dare la zampata
decisiva. Di li in poi si era mosso incerto, fragile senza più
esprimere il bel gioco che lo aveva reso famoso. Aveva tecnica, era
potente ma non quanta serviva per diventare un campione. Ironicamente
lo definivano una promessa non mantenuta. Ciò Wimbledon01che
più gli mancava era il mordente. Quella luce che brilla negli occhi
dello sportivo quando la vittoria è il primo pensiero, la prima
necessità posta sopra a tutto.
Non riuscendo a primeggiare aveva imparato a perdere con stile,
spostando altrove la sua attenzione.  Ora che aveva superato la
trentina, molti ritenevano stesse solcando il viale del tramonto.
Sembrava imminente il suo ritiro. Gli era stato proposto di diventare
presidente di un circolo, lui aveva accettato. Non restava che
formalizzare l’impegno e appendere la racchetta al chiodo. Al grido di Questa è la mia ultima partita si
era fatto strada nel torneo sbaragliando ragazzini imberbi e giocatori
più titolati di lui. Era come se una buona stella lo accompagnasse.
Tutto ciò che faceva gli riusciva bene. Così giorno dopo giorno si era
conquistato le prime pagine dei giornali e la curiosità della gente. Le
vittorie l’avevano galvanizzato. Gli sembrava di non aver mai giocato
così. (continua..)


ispirato a Wimbledon


Foto dal sito:


www.comune.ancona.it


www.worth1000.com

2 commenti:

  1. Ciao pinky, un buon inizio...aspetto il finale!:)
    Bello il tennis, sport che adoro. :) Il mio maestro di tennis quando si andava a punto, un bel punto. soleva dire con tono acceso UN GRANDE KOCHIS!!! così io dico UNA GRANDE PINKY!!! :) Ciao!!

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  2. grande Kochis, grazie!! :)
    il difficile per me arriva adesso, sono indecisa su come proseguire. Bello l'aneddoto che mi hai raccontato :) non ho mai giocato a tennis, penso però che sia uno sport bello, tra i più impegnativi a livello fisico e mentale.
    Buona Notte!
    Pinky

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