giovedì 7 febbraio 2008



2 - Zi' Palmira


Prima parte


Il fiore era un amore. Un amore di prima e anche di dopo perché certi
amori non si scordano pure dopo anni, pure dopo un matrimonio consumato
per amicizia. Il fiordaliso era un testimone silenzioso a cui Zi’
Palmira si appoggiava.


Furono un giorno e un
pacco a segnare il suo divenire, riannodando fili e storie relegate da
tempo in soffitta.  Il postino sperava di regalarle un sorriso. Lesse,
incuriosito, l’indirizzo: New York USA.
Zi' Palmira cambiò espressione, si sedette. Quando fu sola, prese fiato
per un attimo poi iniziò a tagliare spago e carta. Saltò fuori per
prima una lettera, dattiloscritta, recava l’indirizzo di uno studio
d’avvocati. Mister Spencer la informava che un paio di mesi prima Rocco
Carli era spirato lasciandola unica erede.


Il suo cuore si fermò. Non era questo che aspettava. Con gli occhi annebbiati proseguì a leggere. L’avvocato
forniva istruzioni dettagliate su come ritirare il denaro che le era
stato lasciato. Proseguiva spiegando il contenuto del pacco. Il suo
cliente aveva tenuto a che i quaderni le fossero consegnati al più
presto.Mister Spencer concludeva affermando la sua disponibilità per
eventuali chiarimenti.


Infine una lettera, riempita di una scrittura fitta e ordinata. La sua scrittura. Quello fu il momento più difficile.


Cara Palmira,


  Se mi leggi, io
non ci sono più. In questi anni, hai continuato a essere il mio punto
di riferimento, per questo ho deciso di provare a riaprire la porta.
Non è stato facile. Avevo tentato molti anni fa, quando la distanza mi
sembrava insostenibile. Ero tornato al paese, tu forse nemmeno lo sai,
ti avevo cercata, volevo chiederti di seguirmi. Ti eri appena sposata.
Fu questo a fermarmi, matrimonio mi sembrava allora una parola
definitiva che non ammetteva repliche. Avrei voluto dirti cose che non
servivano più. Presi la prima nave e tornai in America.
Non mi voltai indietro anche se il pensiero continuava a essere lì, così come
le parole, troppe inutili parole. Fu allora che decisi di riversarle in
un quaderno, pensavo fosse meglio. Provavo a mettere ordine nella
nostra storia, a sentire meno il peso del tradimento, il senso di colpa
per non essere tornato prima. Scrissi molto nei primi giorni e anche
dopo conservai l’abitudine. Vi annotavo la mia
vita, i pensieri che mi attraversavano. Era la mia sfida contro il
tempo che passava. Vorrei che continuassi tu.
tuo
Rocco


Zi’
Palmira finito di leggere la lettera, prese i quaderni. Lesse un giorno
e una notte, senza fermarsi, tra lacrime e riso per un amore che era
rimasto a farle compagnia, per un amore non vissuto, per una vita che
non aveva saputo essere diversa. Poi si addormentò. Un giorno e una
notte dormì. Giunse per Zi’ Palmira il momento di scrivere la sua parte di storia.


Ci fu poi un momento
in cui pensò di non aggiungere nulla, perché nulla le sembrava più
importante. Provò a riscuotersi. Riaprì l’osteria. Decise di non tenere
i quaderni  per sé. Mise l’ultimo sul tavolo con accanto una penna e il
tacito desiderio di vedere - chi entrava nell’osteria - continuare il
racconto.
I primi giorni era visto con diffidenza poi divenne il Quaderno e non
bastò a contenere tutte le storie scritte dalla gente del paese. Ne
seguirono altri; in fila trovarono posto sul ripiano in alto, vicino
alla finestra. Chi entrava poteva consultarli, chi entrava spesso lo
faceva per scrivere qualche riga, un segno del suo passaggio.
Zi’ Palmira quando li vedeva, piegati sul foglio, sorrideva. Già
pregustava il momento in cui avrebbe preso in mano il libro e letto
quelle parole. Sorrideva pensando a Rocco e al dono che le aveva fatto.



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