martedì 13 novembre 2007

Lo Stato è un gioco di squadra

La libertà deriva dalla
consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri. Gli uni e gli altri sono
importanti però, spesso, vengono ignorati.


Lo Stato è un gioco di squadra.
Ognuno ha un ruolo, una funzione da rispettare. Così si vincono le partite.
Quelle che si giocano in campo e le altre. Lo Stato perde. I cittadini perdono. Scontato.


Quando si  dimentica il proprio ruolo   si
subisce goal. La rete fatica a  contenere
tutti i palloni. Non c’ è portiere che può salvare il risultato se manca la
squadra.


Prima si perdono le partite. Poi i campionati. Infine si retrocede. Sempre
più in basso.


L’allenatore non riesce a dare le
giuste indicazioni, l’arbitro fatica a far rispettare le regole.


I cattivi giocatori non vanno in
panchina. Così chi è in campo subisce un’impunità capace di tagliar le gambe. Prevale
la sensazione che basta essere furbi. Il gioco è stravolto. Niente schemi,
niente obiettivi. Sul campo si corre a casaccio senza imbastire azioni.


Ha buon
gioco l’avversario nel giungere davanti alla porta e segnare. Non trova resistenza.


Poi ci si ferma. Moviole e contro
moviole a spiegare azioni, analizzare le intenzioni,  stuprare le emozioni. Per i rimedi manca il
tempo, la voglia.


Si riprende, palla al centro. Un po’ più insicuri,
un po’ più rassegnati. Ognuno perso nel proprio pezzo di campo. A ricordar
moviole e perdere partire. 


I diritti, senza i doveri, si
perdono nel deserto.

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