Il rugby è uno sport strano.
Almeno per me che lo conosco poco. Provo a ipotizzare. Due squadre in
calzoncini che si fronteggiano, una palla ovale da conquistare. Passaggi veloci
con piedi e mani. Placcaggi e interventi per fermare l'avversario.
Mischie più o meno furiose nelle quali la palla scompare sotto corpi,
ostacoli tra te e l'agognata meta. Poi ciò che non ti aspetti, la palla scivola
via. Pez è lì pronto a fare il passaggio. Riceve Bergamasco che corre,
corre schivando gli avversari che gli si parano davanti fino ad arrivare a
schiacciare la palla oltre alla linea. META
Da quando l'Italia, nel 2000, è entrata nel Torneo delle Nazioni si è iniziato a
parlare più frequentemente di questo sport. Gli azzurri per diversi anni si
sono dovuti accontentare dell'amaro cucchiaio di legno, indesiderato trofeo che
spetta a chi non ottiene nemmeno una vittoria. Oggi no, l'aria sembra cambiata
con la conquista del secondo match, contro il Galles, al Flaminio di
Roma. L'Italia emoziona, riunisce i tifosi allo stadio, le
famiglie. I colori delle due tifoserie si mescolano
pacificamente. L'inno è cantato a squarciagola da atleti simili a frigoriferi
con le gambe (definizione di un giornalista Raisport). E' stata una battaglia
appassionata, molto dura. Bergamasco dice che hanno giocato con amore. Per
questi uomini grandi e grossi giunge anche il momento della commozione al
fischio finale.
Foto Ap
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