Adesione all'appello di Diritto alla Rete contro il DDl alfano che imbavaglia la rete Internet italiana
"...è - filosoficamente - lo scoprire una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un'altra..."
martedì 14 luglio 2009
mercoledì 8 luglio 2009
Tu non c'entri
Ecco, vedi, è questo che non
capisco. Viviamo insieme da venti anni, condividiamo lo stesso letto – tu il
lato destro, io il sinistro – ti alzi alle sette meno un quarto in settimana e alle nove di
domenica, a colazione ti piace il caffè amaro con due fette biscottate, la
marmellata quando sei giù. Se ti porto la colazione a letto mi fai un sorriso lungo
un giorno così che io quasi dimentico d’arrabbiarmi
per le briciole che trovo tra le lenzuola. Ridendo
strizzi lievemente gli occhi e muovi le mani come se stessi suonando
una musica che conosci solo tu.
Quando fai la doccia stoni cantando Battisti. Se se
in ritardo - una mattina su due – la cravatta te la annodi in ascensore e corri
verso la macchina come fossi un bambino. Arrivato davanti alla portiera, ti fermi, il
tuo viso si fa punto interrogativo. “Le chiavi, dove ho messo le chiavi?” Il
pensiero ti investe e ti fa lo sgambetto. Mani nelle tasche dei pantaloni. No. Mani nelle tasche della giacca. No. Nel taschino
della camicia. No. Ti risolvi ad aprire la valigetta, frugare alla ricerca
delle chiavi di scorta. Salvato in corner. A quel punto ti ricordi di me. Porti le dita alla bocca e mi spedisci un bacio. Lo sai che
sono dietro il vetro, la tenda sollevata, fino a quando non sparirai dietro al
cancello e la giornata sarà ufficialmente iniziata.
Forse nemmeno adesso te ne rendi conto. Il “tu non c’entri”,
formato coltello, che mi hai lanciato stamattina quando sei uscito sbattendo la
porta è arrivato a destinazione. Il bacio no.
lunedì 6 luglio 2009
Non che la cosa avesse importanza
aveva paura. Non che la cosa avesse importanza. Se una macchina si fosse
occupata di registrare le sue emozioni, avrebbe segnato, alle 16 e 28 minuti
del 15 marzo 1960, paura così come avrebbe indicato gioia alle 13 e 15 minuti
dello stesso giorno, nel momento in cui Jack stava addentando la torta che gli
aveva preparato la nonna, sorpresa alle 16 e 35, stanchezza alle 17 e 15.
Curiosità dalle 16 e 40 del 15 marzo alle 12 del giorno seguente. Se un
impiegato avesse ricevuto l’incarico di esaminare quel carteggio emozionale non
avrebbe trovato nulla di strano, l’avrebbe
vistato con un timbrino azzurro normalità e riposto nell’armadio destinato all’archivio.
Solo che Jack aveva paura. Se gli avessero chiesto di indicare quanto, da 1 a 10,
avrebbe detto 11. Tendeva a esagerare. La maestra nella nota di valutazione riportava, da un anno all’altro, lo stesso
giudizio: “Poco incline a misurare la realtà”.
Jack aveva paura, sentiva che le
gambe diventavano molli e lo stomaco si faceva leggero. Scendeva lungo una
scala di corda guarnita di polvere e
ragnatele, solida nonostante gli anni in cui aveva presidiato la buca che stava
di lato al cortile. Jack non aveva fiammiferi, torce, prudenza, con se portava
la sola incoscienza necessaria a mettere in pratica quanto aveva progettato.