In un giardino inondato dal sole, tra glicini e
scolaresche, incontro un cigno che soffre di solitudine. Appoggiata a
una ringhiera osservo il piccolo porto. La macchina fotografica si
muove in più direzioni, prova a fermare il momento. Il
viola del glicine merscolato al rosso della struttura, le statue, la
fontana e il mare. Mi spingo sino al castello, pietra bianca posata
sull'acqua, resto come in attesa di un segnale. Entrare sembra un
intrusione in una vita troncata bruscamente, in una storia d'amore che
ancora avvolge le stanze e gli oggetti. Il secondo piano è stato solo
progettato. Una sala immersa nella luce e nel silenzio mi attrae,
rimango indietro, sono davanti alla finestra. Ricordo le pareti
ricoperte di stoffa rossa, un trono, un enorme quadro in cui dei nastri
provano a unire le storie di due famiglie. Ricordo la smarrita
impressione di stare viaggiando nel tempo, l'emozione, l'ascolto,
l'inquietudine.
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